Uno dei massimi pensatori politici d’Inghilterra è stato Thomas Hobbes (1588-1679). Come la maggior parte dei filosofi ha avuto in dono una mente particolarmente vivace e (davvero un’eccezione per quel periodo) visse fino a 91 anni. La sua visione del genere umano era decisamente pessimistica. Secondo lui, siamo tutti egoisti, preda della paura della morte e della ricerca del guadagno e tutti cerchiamo di avere la meglio sugli altri.
La sua visione era talmente integralista in questo senso, che il suo pensiero non accettava eccezioni: siamo tutti egoisti. E sono solo le regole fissate dalle leggi e le conseguenti paure delle punizioni a porci dei limiti. Se la società si fosse disgregata e fossimo tornati a quello che chiamava lo stato di natura, senza leggi e senza alcuna persona in grado di farle rispettare, tutti avremmo rubato e ucciso, se necessario.
Nella descrizione che Hobbes fa di tale prospettiva, la vita al di fuori delle regole della società è “solitaria, misera, cattiva, rozza e breve”. Immaginare una situazione peggiore è davvero difficile: in un mondo così, senza leggi, anche il più forte non sopravvivrebbe a lungo. Per contro, anche il più debole, se più astuto, potrebbe avere la meglio.
Qual è la soluzione dunque?
Secondo il nostro filosofo è necessario investire di potere un certo numero di persone, oppure un organismo come un parlamento. C’è bisogno di un “sovrano” altrimenti la vita sarebbe un inferno. Un sovrano che deve necessariamente avere la possibilità di infliggere pene severe a chiunque contravvenga alle regole. Secondo Hobbes dovremmo trattare gli altri come vorremmo essere trattati noi: le leggi non hanno alcun valore se non c’è nessuno dotato del potere di farle rispettare.
“Leviatano”, l’opera più importante di Hobbes ci fornisce i passaggi necessari per giungere ad una società sicura, ad una vita sostenibile, partendo dall’iniziale stato di natura.
Ma chi era Leviatano? Un gigantesco mostro marino descritto nella Bibbia. Per Hobbes era un riferimento al potere dello stato.
Sul frontespizio del libro è raffigurato un gigante su una collina, con una spada in mano ed uno scettro nell’altra. Il gigante rappresenta lo stato, capeggiato dal sovrano in tutto il suo potere. Nello stato di natura a cui accennavo prima, gli individui hanno molte ragioni per collaborare in pace tra loro. E questo è l’unico sistema per proteggersi l’un l’altro cercando di vivere il più possibile in sicurezza.
Ecco che la sicurezza acquisisce un’importanza vitale; più della libertà. Thomas Hobbes non era solo un filosofo, ma da filosofo era un materialista: credeva, cioè, che gli uomini fossero fatti di materia e nulla più. Secondo il suo pensiero non c’è un anima in noi, ma siamo solo dei corpi che lui definisce macchine complesse. Hobbes era convinto che qualsiasi aspetto dell’esistenza umana, pensiero compreso, fosse un’attività fisica. Nessuno spazio per l’anima, nella sua filosofia.
Pensava che perfino Dio era una sorta di grande oggetto fisico e anche se qualcuno ha asserito che Hobbes fosse ateo, egli non lo era. Lo stato che descrive è quello che oggi definiremmo stato autoritario. Hobbes non credeva alla democrazia né alla capacità delle persone di prendere decisioni per conto proprio.
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