“Speravo de morì prima”. Quali diritti per la frase diventata il titolo di una serie televisiva?

Speravo de morì prima

Anche chi non segue il calcio ricorderà l’addio di Francesco Totti, e le immagini dello stadio Olimpico in quella sera del 28 maggio 2017. Una commozione che andava oltre la fede sportiva, che ha parlato dell’ amore tra la città di Roma e l’uomo diventato il suo simbolo indiscusso. Attestati da tutto il mondo, lacrime, incredulità, baci, saluti e … genialità.

Tra i tanti striscioni apparsi allo stadio il più significativo – emblematico ed estremamente profondo – è stato quello realizzato dal tifoso Giovanni Lazzarini: “Speravo de morì prima”. Una frase semplice, ma carica di tutto; tanto da diventare il titolo di una serie televisiva dedicata a Francesco Totti.

Di chi è quel titolo? È stata chiesta l’autorizzazione al tifoso? Lazzarini può rivendicare i diritti d’autore sul titolo?

Gli interrogativi richiamano la affascinante questione della tutela del titolo di un’opera d’arte: l’art. 100 della legge sul diritto d’autore disciplina e protegge il titolo dell’opera dell’ingegno soltanto “quando individui l’opera stessa”.

La tutela dei titoli delle opere creative

Neanche il titolo del film è tutelabile, figuriamoci quello striscione dedicato a Totti: chi ha pensato quella frase così geniale ed efficace non ha creato un’opera d’arte. Né tanto meno riteneva di farlo, di poterla rivendicare o tutelare dal punto di vista del diritto d’autore.

Il tifoso Lazzarini, insomma, ha soltanto esternato e reso pubblico il proprio strazio per l’addio al calcio di Francesco Totti. E ne ha condiviso lo straordinario contenuto con milioni di persone. Quella frase, insomma, è stata spontaneamente liberalizzata, e volutamente resa di dominio pubblico. Ciò ha consentito agli autori della miniserie televisiva di utilizzarla in modo legittimo come titolo dell’opera cinematografica.

Speravo de morì prima” secondo la legge italiana non è un’opera creativa  tutelabile: è stata una spontanea ed estemporanea espressione affidata “al mondo”, un estremo grido di dolore stampato su uno striscione nella inconsapevolezza che potesse rivestire un qualche potenziale “artistico”.

La frase è diventata soltanto il titolo di un’opera e, non identificando l’opera stessa, potrebbe addirittura essere utilizzata come “titolo” di altre opere di diversa natura (canzoni, quadri, romanzi etc.).

Al tifoso – creativo ed appassionato – resterà certamente la “paternità morale” di una frase impareggiabile, e l’intima soddisfazione di aver dato il titolo al film del suo (nostro) amato Totti. Però gli resterà la gioia di aver coniato un nuovo ed efficace modo di dire, ormai riconosciuto a livello universale.

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