Roba da Nobel

La notizia del premio Nobel per la Medicina vinto dallo scienziato Robert Edward,  padre della tecnica di fecondazione artificiale, essenzialmente fa luce su un concetto fondamentale: oggi con l’aiuto delle biotecnologie, qualunque cosa è concepibile. Persino se ciò che viene ad essere programmato in laboratorio è la vita umana.

Con grande maestria linguistica, l’espressione normalmente usata dai sapienti scienziati di tutto il mondo per indicare la vita creata artificialmente è: “prodotto del concepimento”. Ma in realtà di chi stiamo parlando? Un figlio può mai essere considerato nell’opinione comune un oggetto da produrre  al pari delle cose? Il vero cambiamento, introdotto dalle tecniche che creano la vita umana in laboratorio, è il totale rovesciamento di prospettiva del sentire comune della società. Diciamo le cose come stanno e con coraggio, ricominciamo a chiamare le cose con il proprio nome! La verità è che la nuova blastocisti che sembra ammiccare –  come dice lo stesso premio Nobel-  ai suoi creatori, nella realtà è un “concepito” in carne e ossa. Infatti prosegue lo scienziato con aria scanzonata: “Non dimenticherò mai il giorno in cui ho guardato nel microscopio e ho visto una cosa buffa nelle colture…quel che ho visto era una blastocisti umana che mi osservava fissamente. Ho pensato: ce l’abbiamo fatta”. Il punto è: a far che? Perché se l’obiettivo di Edwards era quello di rovesciare il paradigma del concepimento umano, non c’è alcun dubbio che negli ultimi anni la scienza si sia adoperata alacremente nell’avere anche innescato una vera e propria rivoluzione di senso, nell’ambito della medicina tradizionale. Di fatto è sotto gli occhi di tutti che la tecnica del figlio inventato in vitro, abbia reciso del tutto gli antichi legami tra il sapere scientifico e gli insegnamenti ippocratici. E quanto negli ultimi trent’anni si sia resa assolutamente disponibile a divenire un mezzo di controllo della specie umana. C’è chi invece coraggiosamente, è andato controcorrente, prendendo a cuore la causa del figlio così detto “prodotto”. Il quale nella maggioranza dei casi non è il soggetto da tutelare ma la vittima del nuovo sistema procreativo. Semplicemente perché non può gridare allo scandalo del genocidio, quando il suo concepimento anziché essere una benedizione è un passaporto per la sua condanna a morte. Va da sé che nell’epoca tecnologica attuale,  un potenziarle difetto genetico,basta e avanza per essere estromessi dalla categoria ottimale degli umani, ritenuti invece degni di vivere. Non potremmo concludere questo punto di vista, senza citare il nome di un altro illustrissimo scienziato, Erwin Chargaff (1905-2002) il gigante della  genetica che con le sue regole, aiutò la scienza moderna a decifrare per la prima volta la struttura dell’acido desossiribonucleico. Tuttavia la sua ammirevole razionalità, non gli impedì di comprendere in tempo che “la “Vita” è una di quelle parole che chiunque crede di capire, pur non essendo poi in grado di darne una spiegazione ragionevole”. Forse “poiché essa è qualcosa di particolare, molto più accessibile alla fantasia, alla poesia ed alla mediazione che alla ricerca”? O forse poiché essa è “un mistero impenetrabile?”.

Silvia Bosio 

DOTTORE DI RICERCA IN BIOETICA
U.C.S.C. Roma

Foto: www.clarin.com

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