Riaprire le case chiuse, la disputa continua

Prostitution_laws_of_the_worldI bordelli italiani furono fatti chiudere nel 1958 dalla Legge Merlin, ma oggi, a distanza di più di mezzo secolo, il dibattito infuria ancora e le proposte per aprire le case chiuse sono più realistiche che mai.

Tutto cominciò nel 1948, con la bozza della legge che avrebbe poi preso il nome dalla sua prima firmataria: la senatrice socialista Lina Merlin, appunto; il lungo iter parlamentare permise la sua promulgazione, però, soltanto dieci anni dopo. Dunque, dal 1958 si ottenne la chiusura delle case di tolleranza e l’introduzione di una serie di reati intesi a contrastare lo sfruttamento della prostituzione altrui.

Nell’estate del 2013, però, si è riacceso un dibattito mai del tutto sopito proprio su quella legge già tanto contestata a suo tempo. Esso è sfociato nella raccolta delle 500 mila firme necessarie all’indizione di un referendum che abrogasse parte della Merlin: l’obiettivo dei suoi principali promotori -il sindaco di Mogliano Veneto, Azzolini, e l’ex vicesindaco di Roma, Belviso- era quello di cancellare attraverso lo strumento referendario il divieto dell’esercizio di case di prostituzione, senza toccare ciò che concerne i reati di sfruttamento della prostituzione o il reato di prostituzione minorile.

La raccolta delle firme durante la prima parte dell’autunno fino alla scadenza dei novanta giorni disponibili, però, si è fermata a 400 mila; secondo gli organizzatori, ciò è dovuto alla scarsa informazione e all’ostruzionismo dei vari sindaci italiani nei rispettivi comuni.

Adesso, perciò, si riparte dall’articolo 75 della Costituzione che prevede l’indizione di un referendum non solo per raccolta di firme, ma anche con l’approvazione di cinque Consigli Regionali: la proposta è stata presentata al Pirellone nel mese di dicembre da parte della Lega Nord e Forza Italia, mentre si sono detti contrari il Nuovo Centrodestra e tutta la sinistra.

L’obiettivo è quello di abrogare parzialmente una legge che, di fatto, non proibì la prostituzione, ma la spostò dai postriboli alle strade; la regolamentazione di una tale attività permetterebbe -secondo gli estimatori del progetto- non solo di rimpinguare le casse statali attraverso la tassazione di un giro d’affari che si attesta su diversi miliardi di euro in tutta la Penisola, ma anche di permettere la spontanea vendita del proprio corpo in posti controllati, salubri e sicuri. Nel novero degli aspetti positivi ci sarebbe anche l’indubbia “pulizia” delle strade che ne deriverebbe.

Mentre il centrosinistra parla di una “mossa mediatica” e di guadagno sullo sfruttamento della dignità umana, dal canto suo la Lega Nord denuncia l’ipocrisia di chi fa finta di non vedere una realtà che esiste, e la detenzione del monopolio da parte dello Stato sul gioco d’azzardo e sui tabacchi.

In Europa, gli Stati che hanno regolamentato la prostituzione in appositi bordelli sono Germania, Austria, Svizzera.

Per una panoramica mondiale sull’argomento, nell’immagine: in rosso i Paesi nei quali la prostituzione è illegale; in verde quelli nei quali la prostituzione è legale e regolamentata; in blu quelli nei quali a prostituzione è legale, ma le attività organizzate come le case di tolleranza o lo sfruttamento non lo sono.

Un dibattito, quello sulle case chiuse, che pensavamo di aver lasciato sul finire degli Anni Sessanta, ma che oggi sembra invece più attuale che mai.

di Giovanni Succhielli

foto: wikipedia.org

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