Parchi naturali a rischio per i tagli di Tremonti

Per qualcuno di loro il conto alla rovescia è già cominciato. Negli uffici dei 24 parchi nazionali italiani questi sono giorni in cui si cerca disperatamente di far quadrare i conti, ma è chiaro che il drastico taglio decretato dalla manovra economica ai finanziamenti a loro destinati – ridotti dagli attuali 50 milioni di euro ad appena 25 – per almeno la metà di loro rischia di rappresentare una vera condanna a morte. «Chi deciderà quale parchi chiudere? Cominciamo dal Gran Paradiso o da quello delle Cinque terre?», si è domandata perfino il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo chiedendo al premier Berlusconi di intervenire sul ministro dell’Economia Tremonti perché riveda la sua decisione. Anche perché, paradossalmente, dal previsto taglio le casse dell’erario non risparmieranno neanche un euro. Insomma, quello che si sta consumando è un sacrificio non solo inutile, ma dalle conseguenze devastanti visto che mette a rischio anche le economie di interi territori che fino a oggi hanno legato la propria esistenza a doppio filo con quella dei parchi. «Un vero e proprio disastro» commenta Giuseppe Sammuri, il presidente di Federparchi che ha passato i giorni precedenti l’approvazione della manovra da parte del Senato, blindata dal governo con un doppio voto di fiducia, nel tentativo di convincere i capigruppo a intervenire. «Sarebbero bastate poche parole, un emendamento che dicesse che i parchi sono esclusi dai tagli, per salvare un patrimonio naturalistico conosciuto in tutto il mondo». Perché il conto alla rovescia partisse è bastato un articolo della finanziaria 2011 che prevede un taglio del 10 per cento ai bilanci di tutti i ministeri. Per il ministero dell’Ambiente significa passare dagli 800 milioni di euro del 2010 agli attuali 720 milioni. Un taglio di 80 milioni che però non è bastato ai tecnici dell’Economia, che hanno aggiunto qualcosa in più: il divieto per il ministero di trasferire ai parchi nazionali più del 50 per cento della somma versata l’anno precedente. In questo modo si è passati dai 50 milioni di euro del 2010 ai 25 milioni del 2011. E qui sta il paradosso. I 25 milioni di euro risparmiati restano infatti nel bilancio del ministero eliminando così ogni possibilità di risparmio per lo Stato. Ma allora a che serve una misura simile? «Il governo doveva intervenire sui cosiddetti enti inutili – spiega Sammuri – ma siccome fare una scelta è difficile si è preferito agire in maniera indiscriminata finendo col colpire i parchi». Una decisione criticata anche da Legambiente: «In realtà delle diseconomie esistono anche nella gestione di alcuni parchi – dice il responsabile aree protette, Antonio Nicoletti – ma sarebbe stato meglio partire da queste senza tagliare i fondi. In alcuni casi il finanziamento governativo è sufficiente appena a garantire l’esistenza del parco, adesso non sarà più possibile nemmeno questo». Per risparmiare 25 milioni di euro, il governo rischia di provocare danni ben più pesanti. «Per alcuni parchi, molti dei quali impiegano metà del loro budget per pagare stipendi e bollette, gli effetti potrebbero essere addirittura devastanti – prosegue Sammuri – senza contare che i tagli innescheranno un procedimento anomalo nei confronti di quanti vi lavorano. Si tratta di personale con un contratto di pubblico impiego a tempio indeterminato che succederà di loro? L’unica possibilità è che vengano trasferiti in altre amministrazioni ma allora il risparmio dov’è?». Un dossier messo a punto dai Verdi spiega come i parchi italiani fino a oggi abbiano rappresentato la salvaguardia di 57 mila specie animali, tra cui 93 specie di mammiferi, 473 di uccelli, 56 di rettili, 38 di anfibi, 473 di pesci ossei e 73 di pesci cartilaginei, alle quali vanno aggiunte più di 6 mila specie vegetali, pari al 50% della flora europea e delle quali il 13% è composto da specie presenti esclusivamente in Italia. «I parchi tutelano delle vere e proprie emergenze di biodiversità», spiega ancora Sammuri. Come esempio di pensi al parco regionale dei Nebrodi o a quello delle Madonie dove ci sono gli ultimi 28 abeti dei Nebrodi esistenti. Oppure al parco nazionale dell’Abruzzo, che ospita gli ultimi 40 orsi marsicani esistenti. Ma se non ci sono più soldi…». Da anni, però, i parchi non sono solo sinonimo di tutela ambientale. «Spesso – spiega infatti Nicoletti di Legambiente – hanno influenzato positivamente le economie locali, aiutando la nascita di cooperative di lavoro». Un’economia cresciuta a traino dei Parchi fino al punto di rappresentare oggi una vera ricchezza per il paese. Basti pensare che, ogni anno, i 24 parchi nazionali sono visitati da 34 milioni di turisti, con un trend in crescita rispetto agli altri settori del turismo e dando così lavoro complessivamente – tra indotto e lavoro diretto – a 80 mila persone. Un giro d’affari in grado di fruttare un fatturato di oltre 1 miliardo di euro l’anno e che, da solo, garantisce 300 milioni di euro l’anno per l’erario. «Sei volte il loro costo», spiega sconsolata Federparchi che spera ancora in un estremo gesto di buon senso da parte del governo.  

Carlo Lania 

Fonte: www.ilmanifesto.it

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