Oggi molti cristiani faticano a credere nella presenza reale, vera e sacramentale di Cristo nell’ostia e nel calice

consacrazione1Oggi la Chiesa celebra una delle solennità principali dell’anno liturgico: l’Eucarestia, quale dono più grande, un’eredità che i cristiani dovrebbero rivalorizzare, ripensare e soprattutto incarnare e vivere affinché questo mistero possa esprimere tutta la sua efficacia nella nostra quotidianità. Com’è possibile che poche gocce di vino possano diventare sangue umano e che un pezzetto di pane possa trasformarsi in vero corpo? È il “Mistero della fede” per eccellenza e l’Eucarestia, proprio perché è una realtà misteriosa, va oltre la nostra umana comprensione, riempiendo di luce e di fulgore l’intero orizzonte umano.

Oggi non desta più meraviglia il fatto che molti, pur definendosi ferventi cristiani, fanno fatica a credere nella presenza reale, vera e sacramentale di Cristo in quell’ostia e in quel calice. Tale incredulità convive con i cristiani sin dalle origini, da quando Gesù diede inizio alla sua predicazione. Infatti, presso la sinagoga di Cafarnao, Gesù rivelò pubblicamente che di lì a poco si sarebbe fatto cibo e bevanda (cfr Gv 6, 26-58). “Il tuo linguaggio è duro, chi può intenderlo?” fu la risposta dei presenti e molti che stavano al suo seguito, da quel momento in poi lo abbandonarono. L’incredulità dell’uomo – realtà antica e sempre nuova – è come quell’ostacolo insormontabile che va ad arrestare il defluire delle acque di un fiume, il cui corso, invece, vorrebbe giungere subito alla foce del mare.

Oggi, come all’epoca di Gesù, l’Eucarestia che è farmaco dell’immortalità è considerato ancora un forte segno di contraddizione perché un Dio che si sacrifica per l’uomo e che sparge il suo sangue per la nostra salvezza, mette a dura prova la speculazione filosofica e la sapienza umana. La Chiesa, allora, si erge a paladina dell’Eucarestia, il grande mistero che nel corso del tempo l’ha sempre accompagnata, e con Pietro proclama con fiducia: “Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna” (Gv 6,68). E tutti noi, bisognosi del suo sguardo d’amore, pellegrini di fede, gridiamo con forza: “vogliamo vedere il Signore”, contemplare con gli occhi del corpo e del cuore Colui che per il popolo schiavo si è fatto cibo e salvezza. Proprio quel cibo, prefigurato nella manna data ai Padri”, è il nutrimento necessario per tutti noi che attraversiamo con fatica il deserto di quest’epoca, inaridito ancor più da sistemi di pensiero che non promuovono affatto la vita, anzi, la mortificano; l’Eucarestia si fa cibo per gli affamati di giustizia: proprio costoro, in un mondo votato all’inclinazione malvagia del potere e dell’avere, diventano spesso le vittime più innocenti di una cultura che facilmente si prostituisce a logiche perverse di violenza e di morte.

Ma Gesù stesso viene in aiuto alla nostra debolezza e ci conforta: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo; chi mangia di questo pane vivrà in eterno” (cfr Gv 6,51). Il Vangelo di questa domenica “particolarmente eucaristica” ci fa considerare un elemento posto alla fine del passo evangelico proclamato: “Tutti ne mangiarono e si saziarono” (cfr Lc 9,11b–17). Poniamo la nostra attenzione sul termine “tutti”. È volontà di Gesù che ogni Battezzato si accosti al banchetto eucaristico perché l’Eucarestia, come tutti gli altri Sacramenti, è stata istituita per tutti e proprio attraverso il rito della tradizionale processione eucaristica vogliamo proclamare con forza che Cristo si è immolato per l’intera umanità. Il passaggio del Signore in mezzo alle case e sulle strade dei nostri quartieri sarà per noi un momento di indicibile gioia, di pace e di amore.

Ma vorrei considerare ancora un altro elemento del Vangelo, utile per questa nostra riflessione: il miracolo della moltiplicazione dei pani avviene perché ciascuno dei discepoli presti il suo contributo e si metta a servizio degli altri; e Gesù trasforma questo servizio in dono d’amore per tutti. Ancora oggi, Gesù continua ad esortare tutti noi – immagine bella di quei discepoli – ad impegnarci in prima persona per la costruzione del suo Regno di amore. L’Eucaristia, dunque, diventa per noi vocazione alla santità, un anelito ad offrirsi ai fratelli, diventando con Gesù pane spezzato per la vita del mondo. Solo se consideriamo una vita vissuta in questi termini, la processione eucaristica per le vie della nostra città avrà un senso e un significato: Gesù entra nella mia quotidianità, cammina sulla mia stessa strada, vive in mezzo a noi e benedice i luoghi ove dimoriamo. Annunziamo la morte del Signore, finchè Egli venga, così ci ha esortato l’Apostolo Paolo nella sua lettera ai Corinzi. (cfr 1Cor 11,26).

Noi, infatti, pellegrini in questo tempo e in questa storia, camminiamo per le strade del mondo, sapendo di avere Gesù al nostro fianco, certi che ci sostiene e che un giorno contemplaremo a viso svelato. E già da questo momento vogliamo ascoltare la sua voce che ci chiama e ci dice: “Ecco, io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20). L’odierna festività vuole rendere percepibile e concreto questo “bussare” del Signore. Gesù bussa al cuore di tutti e ci chiede di entrare nella nostra vita non solo per un momento ma per sempre. Assieme a Maria, nostra Madre, Lo vogliamo accogliere con gioia elevando l’invocazione dell’odierna liturgia: “O buon Pastore, vero pane, o Gesù, pietà di noi, Tu che tutto sai e puoi, che ci nutri sulla terra, conduci i tuoi fratelli alla tavola del cielo nella gioia dei tuoi Santi”.

di Fra’ Frisina

foto: parrocchiasanpietro.it

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