No-fly zone

no-fly zone

La reazione europea a sostegno dell’Ucraina è stata straordinariamente forte, tanto che da più parti è sorta la domanda se siamo in guerra. Tecnicamente no, non lo siamo, visto che la guerra è limitata al territorio ucraino. Tuttavia è chiaro che è una guerra che coinvolge in pieno l’Europa e i suoi valori. Altrettanto chiaro è il rischio che diventi una guerra di più vasto raggio. Un fattore cruciale è rappresentato dagli aiuti alle operazioni militari già decisi in ambito europeo o quelli, ulteriori, che potranno essere decisi nei prossimi giorni (o, forse, nelle prossime ore). La decisione di Berlino di fornire all’Ucraina armi anticarro e missili terra-aria rappresenta un cambio di paradigma unico nella storia tedesca. Stessa cosa ha deciso l’Italia, ma per motivi di sicurezza non sono stati forniti dettagli sul tipo di armamenti che verranno inviati. Anche l’Ue, per la prima volta in assoluto, finanzierà l’acquisto e la consegna di armi all’Ucraina.

Quali rischi comporterebbe la no-fly zone

La reiterata richiesta del governo ucraino, agli Stati membri dell’Ue e della Nato, di contribuire alla realizzazione di una no-fly zone nello spazio aereo ucraino sta animando, nella politica come nella società, una discussione accesa su un tema complesso e controverso. L’aspetto più delicato è quello rappresentato dai rischi che la no-fly zone comporterebbe. Realizzarla significa interdire lo spazio aereo su una determinata area geografica. Nel caso dell’Ucraina si tratta di un territorio di circa 600.000 km quadrati, equivalente a due volte la superficie dell’Italia. Interdire anche soltanto porzioni limitate dello spazio aereo ucraino comporterebbe disporre sia di mezzi di sorveglianza a terra (radar), sia di aerei in grado di intercettare le minacce che dovessero non rispettare il divieto. L’ipotesi di invio in Ucraina di caccia dell’aviazione militare polacca, inizialmente presa in considerazione dal governo americano, è stata poi smentita dal governo polacco. 

Il precedente della Bosnia-Erzegovina

Potrebbe la Nato farsi carico del compito di garantire il rispetto della no-fly zone? Esistono precedenti che riguardano l’Europa? Sì, esistono. Negli anni ’90 del secolo scorso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite affidò alla Nato il controllo dello spazio aereo sulla Bosnia-Erzegovina durante il conflitto nei Balcani. Oggi è semplicemente impensabile – anzi, impossibile, considerato il veto che arriverebbe dalla Russia, membro permanente del Consiglio di Sicurezza – che l’ONU possa giungere ad una risoluzione simile. Una decisione autonoma della Nato di farsi carico della no-fly zone senza il mandato dell’ONU aprirebbe scenari nuovi e il rischio di un allargamento del conflitto inclusa l’opzione nucleare, più volte minacciata dal governo russo. Essendo un’alleanza difensiva la Nato può intervenire solo se uno dei paesi membri è attaccato. L’Ucraina non è membro dell’alleanza, ma ambisce a diventarlo. Pur facendo parte dell’Ue anche Svezia e Finlandia non sono membri della Nato. La Finlandia è, peraltro, confinante con la Russia. E’ bastato che i due paesi partecipassero, il 25 febbraio, alla riunione straordinaria indetta dalla Nato, per innescare la minaccia di Wladimir Putin di “gravi conseguenze politico-militari” se dovessero decidere di aderire all’alleanza. 

L’invasione dell’Ucraina: crimine contro l’umanità

L’invasione dell’Ucraina rappresenta una chiara violazione del diritto internazionale. E’ un crimine contro l’umanità che non ha, e non può avere, alcuna giustificazione. Alla forza, schiacciante, dei carri armati russi si contrappone la forza dell’orgoglio, del patriottismo e della dignità del popolo ucraino stretto intorno al presidente Volodymyr Zelensky, vero artefice della resistenza. Le due forze non sono comparabili. Finora i tentativi di giungere ad un negoziato sono falliti sia per le condizioni estreme imposte dall’invasore, sia per il basso livello dei negoziatori di entrambe le parti. Per evitare che la carneficina continui bisognerebbe portare Putin e Zelensky al tavolo del negoziato e, auspicabilmente, alla cessazione definitiva del conflitto. Ma ciò sarebbe possibile, semmai ci si riuscisse, soltanto se la trattativa avvenisse sotto l’egida dell’ONU affidando l’incarico di mediatore ad una personalità di alto livello. Forse, Angela Merkel? In assenza dell’ombrello di legalità rappresentato dall’ONU, soltanto la Cina di Xi Jinping potrebbe convincere Putin a rivedere i suoi piani offrendogli in cambio il supporto economico che potrebbe diventare vitale per la Russia dopo l’isolamento determinato dalle sanzioni imposte dall’Occidente. 

Nella speranza che le operazioni belliche cessino presto, ci stringiamo intorno al popolo ucraino e al suo valoroso presidente Zelensky. Oggi l’Ucraina è il baluardo degli stessi valori di libertà che hanno permesso all’Europa di rinascere dalle macerie del secondo conflitto mondiale, di affermare le democrazie degli Stati, e di vivere tre quarti di secolo nella pace. 

Nella foto di copertina, la bandiera ucraina sull’Opera di Monaco di Baviera 

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