Musica, geografia e diritto d’autore

Le opere artistiche descrivono o raccontano di luoghi immaginari, luoghi che non esistono nella realtà, se non nella realtà dell’espressione artistica. Gli autori musicali, però, possono scegliere di individuare, raccontare o semplicemente evocare un luogo, e fare in modo che questo si “intrecci” al brano musicale (come accade per i messaggi culturali, politici, fatti storici e di cronaca); il luogo geografico (raccontato o evocato) può avere una particolare importanza per il compositore, oppure -più semplicemente- può diventare il titolo dell’opera, o essere richiamato solo per favorire rime o assonanze. Gli studiosi di impostazione etnografica già da tempo affrontano il tema dei rapporti fra musica e geografia, analizzando la distribuzione territoriale e la diffusione dei generi musicali (di chi fa o ascolta musica) e prestando attenzione agli aspetti sociali, politici, antropologici ed economici.

Può esserci una connessione tra la geografia e il diritto d’autore?

Sono pochi i casi in cui una località “riconoscibile” sia stata scelta per impreziosire la copertina di un disco con lo scopo di conferire una maggiore visibilità al prodotto musicale (magari è successo il contrario: località “anonime” sono divenute note grazie alle cover dei dischi). Sebbene in Italia esista la c.d. “libertà di panorama”, non è legittimo utilizzare immagini di opere tutelate qualora la loro riproduzione fotografica “costituisca concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera” (art. 70 Legge diritto d’autore); occorre, pertanto, chiedere l’autorizzazione all’ente proprietario, e pagare il compenso stabilito dai tariffari (il principio vale per i monumenti e gli edifici tutelati, purché esposti al pubblico).

È possibile che una località – per il tramite dell’ente di riferimento – possa contestare il fatto che un’opera musicale evochi la propria denominazione; per quanto si tratti di ipotesi remote, ci sono stati casi di censura per citazioni delle località geografiche ritenute “inopportune”: alle canzoni Roma spogliata di Luca Barbarossa (aveva un titolo ben più colorito) e Brennero ‘66 dei Pooh (ispirata a un attentato terroristico in Alto Adige contro i militari della Guardia di Finanza) venne imposto di cambiare il titolo. Il codice civile (art. 11) attribuisce ai Comuni la personalità giuridica di diritto pubblico, da cui deriva il diritto al nome, il diritto allo stemma e al gonfalone (in alcuni casi al titolo di città). Il riconoscimento dei diritti immateriali della personalità comporta la «risarcibilità della lesione del diritto all’identità, al nome e del diritto all’immagine della persona giuridica ente collettivo» (come stabilito dalla Cassazione con la sentenza n. 12929/2007). Le opere musicali che si riferiscano alla denominazione di una località (o che ne richiamino i luoghi) potrebbero formare oggetto di tutela da parte dell’ente comunali; non esistono precedenti giurisprudenziali specifici, ma c’è un caso paradossale che consente di sviluppare una plausibile interpretazione in senso positivo.

Il caso di Montemarano – A Montemarano (AV) durante il Carnevale si suona e si balla interrottamente la Tarantella Montemaranese; una tradizione popolare che affonda le radici almeno dal XIII secolo (festa legata ad un episodio di misericordia avvenuto al Santuario di Montevergine): per una settimana intera nelle vie del paese si suonano queste opere tramandate nei secoli per tradizione orale. Alcuni anni fa, però, il Sindaco del paese – poiché la SIAE aveva richiesto diverse migliaia di euro per le musiche eseguite durante il Carnevale – verificò che ben 16 opere (tarantelle) risultano depositate con la denominazione del Comune nel titolo: tarantelle di Montemarano o Montemaranesi (sono rielaborazioni delle opere tradizionali).

Il caso di questo piccolo comune campano, per le sue implicazioni in tema di tutela del patrimonio culturale immateriale, è stato discusso al Seminario internazionale “Diritto d’autore nelle musiche di tradizione orale: una nuova questione etnografica” (Fondazione G. Cini, Venezia, 2018). Ma resta un emblematico ed irrisolto caso di doppio pregiudizio subìto da un luogo “a causa” della musica: la rielaborazione da parte di privati (con conseguente deposito in SIAE) di opere musicali collettive (tramandate oralmente nei secoli alla comunità locale) e l’utilizzo della denominazione del comune (considerato dalle Legge come marchio) per tali opere depositate in modo opinabile presso il repertorio della SIAE.

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