Monaco buddista, mummificato dentro una statua di cartapesta

image Oriente ed Occidente, si distinguono pressapoco come “ fuoco ed acqua”. Si è diametralmente opposti, soprattutto nelle profondi radici culturali che si son create più di 1000 anni fa. Difatti alla base delle nostre diversità sono soprattutto nei dettami riguardante la filosofia e la religione.
L’occidente, basato sulle saggezze greche e romane e sulla religione cristiana.L’oriente, influenzato dal principio di illuminazione e meditazione, ora sfrutta questa pratica come una vera e propria religione.Parliamo di Buddhismo, la scuola di pensiero, definita al giorno d’oggi il culto più diffusa nell’estremo Oriente, nell’Asia Meridionale e in tutta l’India. Cercando di riassumere l’immensità del concetto in poche righe, il Buddhismo adopra gl’insegnamenti di Siddhartha Gautama, il primo vero Buddha che raggiunse l’illuminazione, la conoscenza di tutte le verità, mediante la meditazione.Questa filosofia viene seguita con molta attenzione da qualsiasi praticante gli si sia avvicinato. E in passato l’attaccamento alla pratica era ancora più sentita. Tant’è che erano in molti i monaci che pur d’avvicinarsi all’idea del Buddha e della sua illuminazione, hanno adottato pratiche “non convenzionali” che ancora tutt’oggi ci stupiscono. L’ultima è stata scoperta qualche settimana fa nel Drents Museum di Assen (Paesi Bassi).

Una settimana fa, gli studiosi del museo, pongono l’attenzione su questa statua d’epoca buddista, ma di datazione più recente, 1050- 1150, ipotizzando che dentro il suo involucro di cartapesta dorata, la statua racchiudesse in sé straordinari segreti. Ebbene, facendo una tac sulla statua, i ricercatori hanno scoperto con molto stupore che questa fungeva solo da “ guscio” a quello che vi era dentro. A fare da struttura portante alla statua, altro non era che uno scheletro umano perfettamente conservato, nella tipica posizione della meditazione “ padmasana ”, conosciuta come “ la posizione del loto”. Il fatto ha destato l’interesse di molti curiosi, tra cui il sito Bored Panda, che ha reso pubbliche le foto, e la CBS che ha avanzato le prime ipotesi.

Dunque torniamo un pochino indietro…

Anno 1050 – 1150. Il maestro Liu Quan, appartenente alla scuola Buddhista Cinese di Meditazione, decide di sottoporsi alla pratica chiamata Sokushinbutsu. Questa è una tecnica lunga ed estenuante, tradotta come auto-mummificazione.  In realtà, il procedimento viene visto come un modo per raggiungere il Buddha, attraverso un alto livello di meditazione, molto vicina alla morte, o la morte stessa. Per fortuna dal 1935 la pratica è stata vietata in Cina e in Giappone. Il processo aveva una durata di circa 9 anni, diviso in tre cicli da mille giorni. Per i primi mille soli, il monaco si nutriva solo di sementa e noci, e praticava stancanti attività fisiche per ridurre totalmente il grasso corporeo. Il secondo ciclo di mille giorni, consisteva in un regime dietetico in cui erano ammesse solo cortecce e radici. Alla fine di questo lungo periodo, il monaco in questione beveva solo un infuso velenoso ottenuto dalla linfa della pianta giapponese Urushi. La pianta era comunemente utilizzata per laccare tazze e piatti. Quest’ultima parte del processo causava al maestro una veloce perdita di fluidi corporei e oltre a procurargli vomito, rendeva il corpo troppo velenoso per essere divorato dai batteri. Ecco spiegato perchè è giunto ai nostri giorni totalmente integro. Il passo successivo era la “ sigillazione”: il monaco, o quello che sarebbe stato ben presto un cadavere, veniva collocato in una cassa grande quanto il suo corpo. Con questa cassa, veniva seppellito a tre metri di profondità dal terreno. La cassa permetteva tuttavia al monaco di rimanere nella posizione del loto per tutto il tempo. Ed era fornita di una camera d’aria e una canna di bambù che gli permetteva di respirare. Ogni giorno, senza spostarsi dalla posizione del loto, l’anelante Buddha vivente, doveva suonare un campanello posto all’interno della cassa, per far capire che era ancora vivo. Quando il campanello non suonava più da tempo, si poteva dunque concludere che il monaco era passato a miglior vita. E, dopo che i suoi discepoli rimuovevano la canna di bambù e la camera d’aria, il corpo del loro maestro doveva rimanere sotterrato per altri 3 anni e 3 mesi, l’ultimo periodo di mille giorni. Alla fine di questo lasso di tempo, il corpo veniva riesumato e i monaci, dopo essersi assicurati che la mummificazione aveva avuto buon fine, sostituivano gli organi del “ nuovo Buddha” con pergamene e sanscriti orientali. Infine lo ponevano dentro una statua di cartapesta, nuovo involucro per omaggiare il maestro e quindi nuovo Buddha.

IMG_3101.JPGL’auto mummificazione era una pratica molto diffusa in quei templi orientali con i buddisti radicali che aspiravano a raggiungere la luce e l’illuminazione del Buddha. Fino ad ora ci sono pervenuti circa 24 cadaveri di buddisti mummificati. L’ultimo più “ recente” è del 1824, il corpo intatto è di Tetsumon-kai.

La statua, dopo ulteriori accertamenti sull’antichità del reperto storico, e dopo altre analisi di tipo chimico, verrà esposta al Museo nazionale di Storia Naturale di Budapest. Lì vi rimarrà fino a Maggio, per poi essere riportata nei Paesi Bassi.

imageChe venga esposta per ricordare, quanto certi culti e certi pensieri filosofici più estremisti possano essere… troppo estreme? E’ inutile ricordare che il dilemma di quanto siano pericolose le religioni e le filosofie è stato ribadito più e più volte. E non solo da filosofi, ma anche da artisti e teologi prima dei nostri tempi.
Ma dopo quest’amara scoperta, utilissima per la storia, speriamo sia utile anche per noi. Per poter maggiormente riflettere su quanto forse, l’unico vero pericolo è l’uomo e il suo modo d’intepretare concetti religiosi e filosofici in maniera sbagliata.

di Anna Porcari

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