Da oggi è legale anche in Gran Bretagna il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Londra diventa così la decima capitale europea in cui due uomini -o due donne- si possono sposare.
E in Italia come funziona?
Dalla mezzanotte di ieri, momento in cui è entrata in vigore la legge, già diversi “sì” sono stati pronunciati; i primi sono stati due uomini di Brighton, i quali si sono detti consapevoli della loro fortuna di vivere in un Paese tendenzialmente tollerante. Il premier David Cameron, in effetti, non utilizza mezzi termini: «non sarà più importante in Gran Bretagna sapere se sei eterosessuale o omosessuale: lo Stato riconoscerà il rapporto nello stesso modo».
Inoltre in terra inglese le coppie omosessuali erano già per moltissimi aspetti equiparate a quelle eterosessuali: era già concessa loro, per esempio, la possibilità di effettuare adozioni e anche di ricorrere alla fecondazione assistita.
Forse è anche per questo che gli inglesi -già abituati alla parità tra i due tipi di famiglia- hanno accolto il provvedimento senza le proteste che forse ci si sarebbe potuti aspettare, almeno viste le veementi reazioni suscitate da analogo provvedimento adottato in Francia nel 2013 per volontà del presidente Hollande.
L’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, commenta con un laconico «la legge è cambiata, accettiamo la situazione» la novità, dicendola lunga sulla posizione, per niente ostile, della Chiesa anglicana.
Dati alla mano: in Europa il matrimonio è ora permesso -come già anticipato- in dieci Stati: Paesi Bassi, Belgio, Spagna, Norvegia, Svezia, Portogallo, Islanda, Danimarca, Francia e Regno Unito.
La prima osservazione che viene da fare è che nella lista sono compresi anche nazioni dove la stragrande maggioranza della popolazione è cattolica (in Portogallo lo è più dell’ 80% del totale, solo per fare un esempio): l’ostacolo religioso perciò non sembra esistere, o perlomeno, appare superabile.
Anche pensare alla tradizione non ci soccorre, viene difficile pensare ad un Paese europeo più radicato alla propria identità e ai propri costumi della stessa Gran Bretagna, ma la cosa -evidentemente- non ha ostato all’introduzione delle nozze gay.
L’Italia risulta essere tra quei Paesi in cui la legislazione -pur non vietandole espressamente- non consente né l’unione civile (ammessa invece, per esempio, in Germania, Austria e Finlandia) né il matrimonio tra persone dello stesso sesso. La nostra situazione è, per sommi capi, analoga a quella di Slovacchia, Bosnia e Romania: sembriamo essere su posizioni opposte a quelle di Stati cui siamo di solito simili per molti altri aspetti; è innegabile che la nostra storia sia più spesso assimilabile a quella francese, per esempio, o spagnola, che a quella bosniaca.
Lo spiegare il perché di questa specifica differenza esula dalle nostre possibilità e ci accontentiamo di segnalarla, ponendoci l’interrogativo. Ciò che sembra certo è che lentamente l’Europa si sta avviando verso l’adozione di politiche sempre più aperte su questo tema, e il rischio per noi è quello di essere colti impreparati.
di Lorenzo Masucci
foto: corriere.it
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