L’uomo che ha “fregato” un’intera nazione

Il “The Economist” torna a bacchettare l’Italia e il suo Governo per la terza volta, lo aveva già fatto nel 2001 e nel 2006. Dopo 5 anni di ‘silenzio’ riecco il settimanale britannico  all’attacco.

“Ha dominato la politica italiana fin dal 1994 ed è oggi il più longevo e duraturo Primo Ministro dopo Mussolini.”

Con queste parole inizia l’articolo dedicato a Berlusconi (un piccolissimo stralcio, a dire il vero, del reportage presente sul settimanale). Sono parole già molto forti dato che in Italia di solito si evita apertamente l’accostamento mirato tra le parole “Berlusconi” e “Mussolini“. Ad alcuni suonano strane, a molti altri paiono assolutamente vere.  Ma spesso sono gli sguardi esterni che riescono a spaccare il velo di nebbia che molti non vedono. E il “The Economist” parla chiaro: a dispetto dei suoi successi Berlusconi è stato un disatro come leader nazionale, per tre ragioni. Il settimanale conferma quello che era già noto ai più, ovvero che i primi di questi due motivi sono, rispettivamente, “il lurido caso del suo Bunga Bunga e delle sue feste sessuali” e i suo imbrogli finanziari. Tutte cose conosciute, di cui si è parlato, ma parlato male e poco. Quello che i britannici riescono a vedere è l’assoluta semplicità delle accuse. Ma soprattutto che tutto ciò è inaccettabile. Il The Economist cita tutti i processi intentati al Premier e riporta le parole dei suoi alleati che hanno commentano, come si sa, affermando che Berlusconi “non è mai stato condannato”. E’ vero, ma solo perché “la maggior parte di quei processi è caduta in proscrizione a causa della legge sul legittimo impedimento che Berlusconi stesso ha cambiato”. Ed ecco perché “questo giornale [The Economist, ndr] nel 2001 disse che egli era inadatto a governare il Paese“. “We have seen no reason to change that verdict” continua duramente il giornale, ovvero “non abbiamo trovato nessuna valida ragione per cambiare questo verdetto“. E come biasimarli? In 17 anni di governo (in strettissima analogia al ventennio fascista degli anni ’20) Berlusconi ha governato indisturbato il Paese, con scarsi successi sicuramente, senza mai porgere veramente l’attenzione ai problemi reali delle masse e degli italiani. Ma né “le storie di sesso” o “la dubbia storia del suo arricchimento” dovrebbero adesso giustificare il guardare a Berlusconi come un disastro, un fallimento. Quello che, secondo l’Economist, dovrebbe far risvegliare gli italiani è il terzo motivo dell’inaffidabilità di Berlusconi, il peggiore: “la sua totale indifferenza per le condizioni economiche del Paese”. Si sorvoli pure sul sesso e le frodi (comunque da condannare), ma non sull’indifferenza che non dovrebbe invece appartenere alla figura che egli rappresenta. Disinteresse molto probabilmente da fare risalire al “suo impegno per smarcarsi dai processi pendenti sul suo capo”, cosa che lo ha fatto “fallire almeno per nove anni in quanto a far riprendere l’economia della Nazione o quantomeno a conoscerne i meccanismi. Come risultato, lascerà un paese in completa difficoltà“.

“Una malattia cronica, non acuta.”                                                                                                                   

La definisce così, l’Economist, la situazione italiana. (Che ci sia anche una lievissima allusione alla presunta “malattia” di Berlusconi?) E si addentra in un approfondimento sul debito pubblico italiano, definendo l’Italia la ” ‘I’ della parola PIGS” insieme a Portogallo, Grecia e Spagna. E anche qui, chi potrebbe biasimarli? Secondo dati nazionali la disoccupazione giovanile è al 20% (in Torino sfiora il 25%), la crescita stenta a riprendere, le industrie annaspano e il debito pubblico galoppa. E se l’Italia non è ancora colata a picco è solo grazie “all’intervento di Giulio Tremonti, ministro dell’Economia”.

Quando, per primo nel 2001, il The Economist denunciò Silvio Berlusconi, “molti imprenditori italiani dissero che proprio la sua ‘faccia tosta’ imprenditoriale era una possibilità di rivincita, di rinascita”. Invece oggi, 10 anni dopo, “nessuno si permette di ribadirlo“, adducendo al più come scusa che “l’Italia è un paese difficile da riformare”. Magari “avesse fatto di più con il suo vasto potere personale e la sua popolarità anziché pensare solo ai suoi interessi”. E ammonisce: “L’imprenditoria Italia pagherà a caro prezzo per i suoi piaceri“.

Ma l’Economist pensa anche al futuro: “e se i suoi successori [di Berlusconi, ndr] fossero incompetenti come lui”? Chi non se l’è chiesto? Cosa riserverà il futuro all’Italia? Un nuovo Berlusconi? O qualcosa di migliore?L’Economist non ha la risposta, sa solo che “Silvio lascia un paese retrogrado e stagnante, con un debito pubblico di oltre il 120% del suo PIL ed esposto alla bancarotta più importante d’Europa”. “Il colpevole? Berlusconi, che comunque non smetterà di sorridere”.

 (qui l’articolo originale)

Filippo Giampapa

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