L’azione evangelizzatrice del credente non deve arrestarsi, neanche davanti alle derisioni

camino-de-santiago2

Il Padre del Signore nostro Gesù Cristo illumini gli occhi del nostro cuore per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati” (Ef 1, 17-18). Le parole del versetto allelujatico di questa domenica ci introducono bene alla meditazione dei testi liturgici che la Chiesa oggi ci propone. Il Signore illumini sempre il nostro cuore per farci comprendere pienamente, attraverso i testi sacri, l’inesauribile amore verso di noi. Anche in questa Domenica la pagina evangelica apre il suo sipario sull’apostolo Pietro, il quale se domenica scorsa, attraverso la sua bella confessione nel Cristo-Messia ostentava una fede solida e forte, oggi ci mostra una fede piuttosto immatura e molto legata alla “mentalità di questo mondo” (Rm 12,2). Infatti, quando il Maestro accenna al destino crudele che l’attenderà a Gerusalemme, Pietro è il primo a protestare e ad opporsi: “Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai” (Mt 16,22). È chiaro che su questo argomento, Gesù il Maestro, e Pietro il discepolo, la pensano entrambi diversamente. Da una parte, Pietro, secondo una mentalità prettamente umana, è convinto che Dio non permetterà mai che il suo Figlio termini la sua missione morendo su una croce, alla maniera dei malfattori; dall’altra, Gesù ha la coscienza chiara che Dio, volendo liberare l’umanità dal peccato, lo ha inviato sulla terra “come vittima di espiazione per i nostri peccati” (1Gv 2, 2), e che se ciò comporta le sofferenze più inaudite ed una morte infame, è giusto che avvenga così. Tuttavia, Gesù sa bene pure che l’ultima parola sulla sua vita non è la morte ma la risurrezione. La ribellione di Pietro, anche se sollevata in buona fede e per manifestare il suo amore nei confronti di Gesù, è avvertita dal Maestro come una terribile tentazione, un invito a salvare se stesso. Gesù, infatti, ha chiara un’altra convinzione: offrire completamente se stesso significa riottenere per sé e per tutti noi una nuova vita, eterna e immortale. Carissimi, se per restituirci l’amicizia con Dio Gesù ha dovuto molto patire ed essere crocefisso, non è certamente per un disegno crudele del Padre celeste! Una tale prospettiva è davvero impensabile dal momento che Dio è soltanto Amore. La causa della sua morte in croce è la gravità della nostra malattia da cui il Signore, per amore, non poteva non guarirci: un male così incurabile, serio e mortale che per essere debellato definitivamente ha richiesto lo spargimento di tutto il suo preziosissimo sangue. E avvenne proprio così: la sua morte e risurrezione hanno sconfitto il peccato dell’uomo, ristabilendo, come era in principio, la signoria di Dio sulla terra e sulle creature. Ma non finisce qui: la lotta non è finita, essa continua. Il male, “mysterium iniquitatis”, esiste ancora e mostrandosi in tutta la sua crudeltà si rende vivo e presente anche ai nostri giorni. Guardiamo un attimo agli orrori delle guerre, alle violenze sugli innocenti e sui bambini, alle tante miserie dell’uomo e ad ogni  genere di ingiustizia che infierisce sui deboli. Tutto questo, non è l’intervento del male che vuole colpire il regno di Dio? Noi cristiani siamo i primi ad essere convocati, chiamati cioè, a rispondere a così tanta malvagità attraverso la forza disarmata e disarmante dell’amore, con il bene che annienta l’odio, attraverso la cultura della vita che non teme affatto l’impotenza della morte. Saremo come Gesù che, esercitando la potenza misteriosa dell’amore, risultò vincitore. Le chiamate a combattere il Regno della tenebre continuano a risuonare nel cuore dei credenti. Anche oggi il Signore chiama a sé tanti uomini di buona volontà, strumenti eletti, come i Santi, disposti a prendere sulle proprie spalle la croce della sofferenza e a seguirlo. Così come accadde per Gesù, anche i cristiani sono esortati a non fare della croce una “missione facoltativa” e, quali soldati valorosi del Regno della Luce, debbono afferrarla come un’arma potente per riportare a Dio le anime che si sono date al potere delle tenebre. Abbracciamo la croce per amore! In un mondo soggiogato dal male, che divide e distrugge, che relativizza e deride la potenza di Dio, Gesù non smette di parlare ed anche oggi, più di prima, continua a chiamare alla sua sequela: chi vuol essere mio discepolo, rinneghi il male, disprezzi l’egoismo e porti con me la croce. In altri termini, Gesù ci propone uno stile di vita radicale, dalla cui pratica possiamo acquistare gli strumenti utili per non scappare dinanzi alle difficoltà, non rinunciare ai sacrifici e per crocifiggere se stessi per amore a Cristo. è un linguaggio duro questo che soprattutto i nostri giovani fanno fatica ad imparare. Tuttavia, guardiamo all’esempio del profeta Geremia, del cui libro la prima lettura oggi ci presenta la pagina più drammatica. Egli narra della sua vocazione che non ha vita facile (Ger 20, 7-9); da qui, dunque, la forte tentazione a lasciar perdere. Ma alla fine il Signore ha prevalso e, in sintonia con le parole della seconda lettura (Rm 12,1-2) anche noi impariamo a “pensare secondo Dio” e ad andare controcorrente; non è facile, perché ciò comporta derisioni ed incomprensioni; tuttavia, l’azione evangelizzatrice del credente non deve arrestarsi. La nuova evangelizzazione dell’Europa deve trovare nell’autenticità della nostra testimonianza cristiana forte slancio e rinnovato vigore. È stato anche questo l’invito rivolto da Papa Benedetto ai due milioni di giovani riuniti a Madrid per celebrare la GMG. Benedetti dalla Mater dolorosa, invochiamo l’aiuto della Vergine Santa, che per prima e sino alla fine ha seguito Gesù sulla via della croce. Ci aiuti Lei ad andare con decisione dietro al Signore, per sperimentare fin d’ora, anche in mezzo a tante prove, la gloria della risurrezione.

Fra’ Frisina

Foto: direttanews.it

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.