L’accidia, il piacere di oziare o il il vizio peggiore?

ozioQuale giorno migliore della domenica per esaminare il vizio del dolce far nulla?? Oziate e siate felici, ma non sempre è una scelta vincente.

Una citazione dello scrittore e drammaturgo francese M. Achard recita: “La cosa più deliziosa non è non aver nulla da fare: è aver qualcosa da fare, e non farla”.

Nel mondo in cui viviamo, sempre più veloce e che ci impone ritmi frenetici, il non far nulla ci appare come un irraggiungibile lusso e coloro che possono permetterselo dei simpatici personaggi. Di fatto l’accidia è il vizio peggiore da combattere e, mi permetto di dire, il più deleterio per chi ne è affetto.

Non c’è nulla che possa smuovere un accidioso dalla sua letargica depressione. Nel suo torpore non c’è spazio per i sentimenti, per il miglioramento, per l’azione. Laddove la proposta di rallentare il ritmo (da cui lo slow-food, il viaggiare slow, lo slow think) hanno lo scopo di farci godere la lentezza, l’accidioso perisce in questa immobilità interiore che diviene paralisi.

Cosa fare?

Innanzi tutto se state leggendo questo articolo, non ne siete affetti: aprire il pc e fare diversi clik per leggere un giornale on line, in cui si parla di vizi non è un’attività per accidiosi! Se invece volete un suggerimento per capire se la vostra magnifica nuova fidanzata, conosciuta in vacanza e che ha passato la settimana a rosolarsi al sole rigettando le vostre brillanti proposte, non ne sia affetta ecco la ricetta.

Proponetele un viaggio a sorpresa: organizzate un magnifico week end di trekking in qualche località esotica, ma non troppo divertente (tipo la Transilvania o il nuorese o l’interno dell’Istria). Se vi dice di si e poi all’ultimo momento rinuncia con una scusa e vi manda il cugino, lasciate stare: è accidiosa; se invece vi dà del folle e vi chiude in stanza per farvi dimenticare il progetto con un we di sesso acrobatico, significa che, dei due, lei è quella normale!

di Patrizia Calamia

foto: metaforum.it

1 risposta

  1. A' nvidiosi

    Dici accidia e subito evochi l’Oblomov di Ivan Goncarov: altro che vizio capitale, semmai punto cardinale di ogni forma di saggezza esistenziale, antidoto vitale ad ogni virus di retorica protrettica dell’agire fine a se stesso.
    Oblomov, alias la (sedicente) accidia, come scrisse l’inarrivabile Giorgio Manganelli “non odia la vita, non ha in sè nulla di violento, di incattivito, di tristo. Anzi, solo la sua estrema infantile mitezza gli consente una così sottile, sommessa, affettuosa astensione dalla vita. Non ha orgoglio, e pertanto non medita il suicidio, non pone domande cui sa che, per natura, non verrebbe data risposta. Egli è timido, ma è timido davanti all’universo, è riservato e come distratto nei confronti della vita”

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