L’abuso infantile, tema delicato e poco trattato

L’abuso infantile è un tema delicato e complesso, di cui si parla con maggior libertà e scientificità negli ultimi anni rispetto al passato, quando si pensava addirittura che fratture o lesioni riportate dai bambini potessero essere un segno della loro fragilità.

Se ne parla, ma mai a sufficienza. Basti pensare all’atteggiamento della società nei confronti del tema, anche e soprattutto da parte della Chiesa, la quale ha cercato per lungo tempo di nascondere molti fenomeni di abuso. Nelle stesse famiglie c’è spesso una congiura del silenzio, onde evitare di parlare o affrontare una simile realtà, tanto scomoda e dolorosa.

É a partire dalla seconda metà del diciannovesimo secolo che nella letteratura scientifica compaiono le prime descrizioni di abusi e maltrattamenti ai danni di minori (Polo, 2017).

Un grave problema di salute globale

Per abuso all’infanzia e maltrattamento debbono intendersi  tutte  le  forme  di maltrattamento fisico  e/o emozionale, abuso sessuale, trascuratezza o negligenza o sfruttamento commerciale o altro che comportino un pregiudizio reale o potenziale per la salute del bambino, per la sua sopravvivenza, per il suo sviluppo o per la sua dignità nell’ambito di una relazione caratterizzata da responsabilità, fiducia o potere (WHO, 2002).

Le forme di abuso e maltrattamento possibili sono molteplici, per cui l’espressione “abuso all’infanzia” comprende tutte le forme di violenza che un bambino può subire. Queste sono riassumibili in: maltrattamento (fisico e psicologico); patologia delle cure (incuria, discuria e ipercuria); abuso sessuale (extrafamiliare e intrafamiliare); violenza assistita (bambini testimoni di violenza fisica, psicologica, sessuale).

In questo senso, l’espressione inglese “child abuse” è quella che meglio propone una descrizione completa dei vari tipi di abuso e che più propriamente aderisce alla definizione data dal Consiglio d’Europa; gli abusi sono tutti “gli atti e le carenze che turbano gravemente il bambino, attentano alla sua integrità corporea, al suo sviluppo fisico, intellettivo e morale, le cui manifestazioni sono la trascuratezza e/o le lesioni di ordine fisico e/o psichico e/o sessuale da parte di un familiare o di altri che hanno cura di lui” (Strasburgo, 1981).

Oltre ad implicare una gamma di costi indiretti, correlati alla perdita di produttività, disabilità, riduzione della qualità della vita, da parte della vittima, l’abuso comporta una serie di costi finanziari. Questi ultimi sono associati all’assistenza sanitaria delle vittime, nel breve e nel lungo periodo, e costituiscono una parte significativa dell’onere complessivo creato dall’abuso o dall’abbandono di minore.

Vulnus di sistema

Quello delle violenze su bambini e adolescenti è un ‘fenomeno iceberg’, sottostimato, diffuso in tutto il mondo e spesso misconosciuto. L’Italia è purtroppo ancora sprovvista di un sistema nazionale informativo, istituzionalizzato e omogeneo volto alla raccolta dei dati sugli abusi sui minori, restando pertanto priva di un adeguato impianto di monitoraggio e sorveglianza.

Alcune informazioni, tuttavia, possono essere tratte dalle statistiche giudiziarie e dal più recente sondaggio svolto a livello nazionale in merito alla portata del maltrattamento minorile, promosso dall’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza (AGIA) in collaborazione con l’ISTAT-CISMAI e Terre des Hommes (2015). Una nuova indagine di Terres des Hommes è in corso e si concluderà nell’anno corrente dopo una rilevazione campionaria effettuata in 231 comuni italiani. L’obiettivo è aggiornare il quadro emerso dal precedente studio del 2015 e dotare il nostro Paese di dati validi e puntuali sul fenomeno.

Nel 70% dei casi l’abuso si consuma fra le mura domestiche, due volte su tre per mano di uno dei genitori; le bambine sono più spesso vittime di abuso sessuale (sei casi su 10). Secondo le statistiche del Ministero dell’Interno, nel 2017 – ultimo aggiornamento nazionale disponibile – sono in aumento le denunce per violenza sessuale su minore di 14 anni, che sono cresciute del 18,73 per cento tra il 2016 e il 2017, aumento confermato anche da indagini Istat.

Questi atti di violenza possono essere commessi da adulti, assistenti, parenti o estranei, o dai coetanei; è infatti importante tenere presente che l’abuso può avvenire sia all’interno che all’esterno della famiglia e che tende spesso ad essere tenuto nascosto e negato; è inoltre difficilmente rilevabile con sufficiente certezza, richiedendo un’ampia e approfondita diagnosi per poter essere dichiarato.

Tra menomazione individuale e perdita sociale

Le evidenze dimostrano le gravi conseguenze per la salute e il benessere e la società che l’esposizione infantile alla violenza e agli abusi può comportare. Le condizioni di abuso incidono sullo sviluppo della personalità, sulle relazioni interpersonali, sia con la famiglia che al di fuori di essa e  con i coetanei. L’abuso tende ad aggravarsi nel tempo e non ha una risoluzione spontanea.

È stato dimostrato che il maltrattamento sui minori, la vittimizzazione tra pari e l’esposizione alla violenza familiare e comunitaria sono indiscutibilmente collegati a difficoltà di sviluppo, comportamento problematico e ad effetti sulla salute fisica e mentale che si estendono per tutta la durata della vita. Tuttavia, l’epidemiologia della vittimizzazione infantile rimane frammentata, solo occasionalmente gli studi hanno una portata nazionale.

Fonte foto: stateofmind.it

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