La S. Messa non è un semplice ricordo ma la riattualizzazione viva e presente del mistero di Cristo

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L’Eucaristia è il pane del cielo attraverso il quale la Pasqua del Signore diventa anche la nostra: “Come il Padre ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me” (Gv6,56) dice Gesù. A volte, soprattutto nei momenti difficili della vita, capita che a rianimarci siano solo alcune persone: penso un attimo ai veri amici o ai nostri stessi genitori: basta soltanto una loro parola o un consiglio e subito ci sentiamo più fiduciosi e decisi.

Il Signore, invece, attraverso il Figlio Gesù, vuole instaurare con noi una comunione più intensa, più duratura, una relazione che cancella ogni limite umano e per Dio lo strumento privilegiato per instaurare questa profonda amicizia è sempre la sua Parola. Il Vangelo di questa domenica (Gv 6, 41-51) si apre con una contestazione contro Gesù. I Giudei, infatti, mormoravano perché aveva affermato di essere “il pane disceso dal cielo”. E qui, un elemento da considerare è la mormorazione, atteggiamento tipico di un cuore indurito e che non vuole accettare la logica di Dio.

Se riflettiamo attentamente, la mormorazione è sempre stata una costante degli israeliti: ricordiamo, a proposito, ciò che accadde nel corso della peregrinazione nel deserto o quando Dio diede loro la manna e le quaglie. La mormorazione, allo stesso modo, è presente anche nei Vangeli e nel testo evangelico di oggi. A differenza della manna, il pane che Gesù offre loro dà la vita in eterno. Cristo, quindi, è la nuova manna: chi ne mangia, assimila Gesù e il suo stesso Spirito diventa il nostro spirito. Inoltre, ciascuno di noi entra nel regno di Dio con Cristo per divenire come Lui un dono d’amore,  cioè uno strumento scelto da Dio per colmare la fame e la sete del mondo.

Carissimi, questa è l’Eucaristia: la comunione piena con Gesù risorto, la porta di ingresso che da questa terra ci immette nella vita eterna. L’Eucarestia: quale dono più grande! Nell’ultima cena Gesù si offre come vero cibo: “Questo è il mio corpo; questo è il mio sangue versato per voi” (Lc 22,19s) – dice. A tal proposito, non va dimenticato che il pane spezzato è il simbolo della sua morte violenta e che il vino condiviso è il suo sangue  versato per tutti. Ciò spiega come l’Eucaristia conservi certamente un carattere sacrificale, ma dobbiamo anche considerare che essa è pur sempre “la cena del Signore” (1 Cor 11,20) alla quale tutti noi siamo invitati a partecipare, quale icona vivente e bella dei discepoli nel Cenacolo. L’Eucarestia domenicale, infatti, è il Sacramento della Pasqua, un’apparizione permanente del Risorto che nel nostro tempo e nella nostra storia continua a manifestarsi vivo e vero alla sua Chiesa. E noi, ogni domenica vogliamo incontrare il Crocifisso Risorto per ascoltare la sua parola, per fare comunione con Lui ma soprattutto per essere sempre più consapevoli che l’Eucarestia non è soltanto il Sacramento della risurrezione del Signore ma è anche quello della nostra risurrezione.

La S. Messa, perciò, non è un semplice ricordo ma è il memoriale, la riattualizzazione viva e presente del grande mistero di Cristo. Nella Messa, quindi, e a partire solo da essa, il cristiano vive di Gesù, non estraniandosi dal presente storico ma camminando in questo mondo “come vivi tornati dai morti” (Rm 6,13), cioè, come uomini già risorti, anche se ancora viventi in un corpo mortale. S. Ignazio di Antiochia ed assieme a lui anche i primi cristiani amavano definire l’Eucaristia “antidoto per non morire”. Sappiamo che era viva in loro la certezza di continuare a vivere nella comunione con Gesù nonostante l’esperienza amara della morte. L’Eucaristia, infatti, non ci sottrae alla morte ma opera in noi una trasformazione radicale: la morte corporale diventa una vera e propria nascita, inaugura la vita eterna e ci proietta nella risurrezione di Cristo.

Partecipiamo così anche noi alla sua vita immortale. “Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù”, ci dice Paolo e le “cose di lassù” non sono le stelle o il sole ma i valori alti che Dio ha messo nel cuore di ogni uomo al momento della creazione: la verità, la bontà, la giustizia, la fraternità, la libertà. Considerando tutto questo e soprattutto alla luce del grande mistero dell’Eucarestia come possiamo mormorare ancora contro Dio, affermare che Egli non esiste o che è sordo alle nostre preghiere? Cristo-Dio, invece, è vivo, è il Risorto! Ecco il cuore ed il centro della nostra fede. Al cristiano basta sapere che nell’Eucaristia egli assimila la vita stessa di Cristo e così, come quella di Gesù, la sua umanità si riempie dello Spirito di Dio, diventando con Cristo un unico corpo, il suo corpo mistico. Testimoniamo la nostra fede perché, come abbiamo ascoltato dal Vangelo, solo “colui che crede ha la vita eterna”.

Carissimi, uscendo dalle nostre chiese al termine delle nostre Eucarestie non possiamo continuare ad esser tristi. Ma ciò purtroppo accade spesso perché dimentichiamo troppo facilmente che l’Eucarestia è il luogo più alto nel quale si incontra veramente il Risorto: Egli ogni giorno, in tutte le chiese del mondo, attraverso i sacerdoti, è pronto per dispensare il pane dell’immortalità “perché chi ne mangia non muoia”. Sia Maria, colei che veneriamo Assunta in cielo, la dolce Maestra che ci comunica l’inestimabile dono della nuova manna: Cristo, il pane vivo disceso dal cielo. 

Fra’ Frisina

Foto: alpiniperletto.net 

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