Imparare a non preoccuparsi da Epitteto, Cicerone e Seneca

Epitteto, Cicerone, SenecaQuando diciamo che <<prendiamo con filosofia>> qualcosa che ci accade, usiamo questa formula nel senso usato dagli stoici.

Il nome <<stoici>> deriva da Stoà, il portico ateniese ornato di affreschi dove questi filosofi erano soliti incontrarsi.

I primi stoici greci si occuparono di una vasta gamma di argomenti: dalla fisica, alla logica, all’etica. Ma ciò che li rese famosi fu soprattutto la loro concezione dell’autocontrollo.

Dobbiamo preoccuparci solo di ciò che possiamo cambiare; del resto non dovremmo nemmeno interessarci.

Anche di fronte ad eventi tragici come la morte di una persona cara, lo stoico deve rimanere impassibile.

Spesso gli eventi sono al di fuori del nostro controllo; possiamo però controllare il nostro atteggiamento nei loro confronti.

Siamo responsabili di ciò che proviamo e pensiamo e possiamo scegliere come rispondere alla buona e alla cattiva sorte.

Le emozioni non sono qualcosa che capita e basta e non dobbiamo sentirci tristi quando qualcosa non va come vorremmo: così come non dobbiamo arrabbiarci quando qualcuno ci inganna.

Le emozioni annebbiano l’intelletto e distorcono la capacità di giudicare. Non andrebbero perciò solo controllate, ma, se possibile, eliminate del tutto.

Epitteto (50-125 d.C.) era stato uno schiavo. Sopravvissuto a molte avversità, aveva conosciuto la sofferenza e la fame.

Eppure dichiarava che la mente può restare libera, nonostante il corpo sia schiavo, attingendo alla propria esperienza.

Celebre la sua frase: “Vogliamo smettere di appartenere al numero degli schiavi? Rompi le catene ed allontana da te tutta la paura ed il disgusto”.

Si tratta di una filosofia per certi versi definibile della resistenza, che [seppur nata in Grecia] a Roma conobbe il maggiore sviluppo.

Due autori di prima grandezza contribuirono alla sua diffusione: Marco Tullio Cicerone (106-43 a.C.) e Lucio Anneo Seneca (4 a.C-65 d.C.).

Riconoscevano che invecchiare è naturale e che non si deve cercare di cambiare qualcosa che non può essere cambiato; allo stesso tempo, però, erano convinti che nel breve lasso di tempo che ci è concesso, ognuno di noi debba fare del proprio meglio.

Cicerone riteneva che l’anima fosse eterna e che non ci fosse ragione di temere la morte.

Nei suoi scritti sulla brevità della vita, Seneca, altro grande divulgatore del pensiero stoico, si pone lungo questa stessa scia.

Come dovremmo occupare, dunque, il nostro tempo?

L’ideale stoico era la vita ritirata, lontana dalla gente.

Il modo più proficuo per vivere, sosteneva Seneca, è studiare filosofia. Così si è veramente vivi.

di Riccardo Fiori

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