il tram (del sapore di metallo fra i denti)

il tram (del sapore di metallo fra i denti)prende e scarica: questo è un tram. 

no, questo è “il” tram, quello che prendo tutti i mercoledì pomeriggio alle ore quattordici.

zona casilina, periferia di roma, che equivale allo squallore più assoluto.

abito allo “sprofondo”, come dicono i romani.

linea grotta celoni – laziali

ci sono solo due persone, sempre le stesse: un uomo e una ragazza, forse padre e figlia; si somigliano e penso sia così.

ci prende. abbiamo l’imbarazzo della scelta per dove sedersi, ma solo due fermate dopo diverrà stracolmo e puzzolente.

già, la puzza, quella non manca mai. può essere di sudore, di fritto ed anche di urina, ma quest’ultima è più intensa al ritorno, ché forse voi non lo sapete ma questo tram ha i suoi odori ad orari prestabiliti.

mi guardo intorno e penso e rifletto: ma perché prendo il tram?

ci deve essere un motivo!

potrei usufruire dell’autobus, molto più accogliente, di un bel colore arancio e regno della media borghesia che lo si capisce da come sono vestiti.

invece mi ritrovo ogni volta a scegliere ‘sto “cassonetto” che traccheggia sulle rotaie e dove imperano, per la maggior parte, extracomunitari e gente di tutti i colori e razze: insomma, poveri disgraziati che si arrampicano alla vita facendo una vitaccia di merda non indifferente.

masochismo il mio, o condivisione?

no, è realtà di immedesimazione che ultimamente mi sento un cesso!

fa una sosta a porta maggiore ed io sorrido ché ogni volta penso alla stessa cosa: ecco, sono i suoi primi quarant’anni!

e i miei? i miei dove sono finiti? non lo so.

sono stata giovane, di bella presenza e non mi mancava nulla e poi non puzzavo.

e non puzzo nemmeno ora che ho il mio bel profumo francese che aleggia su ogni indumento e fra i capelli e sui polsi e…

e ancora non mi piscio sotto. ma accadrà. è accaduto, ma voglio dimenticarlo.

qui scarica una marea di marocchini e carica un oceano di operai ché li riconosci dalle mani e dal porta pranzo che portano a tracollo e sono tutti pendolari perché alle laziali, che è il capolinea, si infilano tutti all’ingresso della stazione termini.

che facce! e che tanfo! un litro se lo sono fatto di sicuro!

ma che vita fanno: sogneranno questi?

non so più quello che dico, ma so che è vero che l’abito non fa il monaco e farfuglio idee stringendo il mio benessere materiale fatto di visone e perle che dicono devo pensare al mio aspetto esteriore come terapia. e inforco, con tristezza, l’ultimo sogno che mi ha gettata così in basso.

mi trovo qua sopra per tanti motivi, mi sento sotto terra, e non c’entra nulla il fatto che abiti allo sprofondo.

sto andando da chi mi aiuterà a recuperare la fantasia, ma ho un rospo in gola e non basterà baciarlo per trasformarlo in un principe azzurro.

guardo l’orologio per vedere se non sono in ritardo, ma lo faccio di nascosto, perché ho paura che qualcuno si accorga che è d’oro e me lo strappi da un momento all’altro.

già, i quartieri “bassi” sono così, ma di alto io, come tutti quelli che vedo in questo tram, non abbiamo mai avuto nulla, se non l’anima, quindi robaccia.

e robaccia diviene tutto ciò che appartiene a questo mezzo.

so di aver esagerato, dicendo “appartiene”, ché qui dentro non c’è più niente, nemmeno le macchinette per convalidare il biglietto che se le sono portate via, e le porte, le porte non hanno più l’impianto pneumatico che funzioni e quando si aprono si schiantano addosso alle pareti e ti fanno saltare dalla paura che anche se lo sai salti lo stesso: primo perché quasi tutti dormono, che sono stanchi, loro, invece, io, perché sto sempre ad elaborare congetture mettendo a confronto i due mezzi pubblici con i miei bisogni esistenziali.

forte questa, cerco motivazioni per riuscire a “sopportarmi” durante il tragitto!

all’improvviso mi manca l’aria, ma non sono pneumatica: è solo un attacco di panico.

mi faccio coraggio. ho poche fermate davanti e questo mezzo ha il suo tragitto. nessun intoppo, sempre dritto sino al capolinea. solo pochi semafori e finalmente scaricherà anche me.

è vero, qui  vedo tutto grigio, dalle pareti alle persone, ma c’è qualcosa di positivo che è fondamentale per le mie scelte: non fa nessuna fila e a quarantasei anni  non posso permettermi altro traffico ché anche io ho un percorso da fare se voglio rimettermi in carreggiata.

sarò mica un tram?

di simonetta bumbi

foto: stefano cracco

2 Risposte

  1. mariaserena peterlin

    Una donna sale sul tram, osserva e trattiene nella memoria, osserva ma non giudica e non perde una sola pulsazione di quella realtà della quale si sente, pur dissimile, parte. La rappresenta squarciandone ogni fibra; tra lei e quella realtà c’è solo la membrana trasparente e pulsante del ritmo, che sempre ci accomuna, della vita. Unica traccia: una scia di profumo francese.

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