Da due mattine il mio cappuccino non è più lo stesso. Ieri nel vederlo lì davanti a me in quel modo ho provato un senso di inadeguatezza. Ho capito che la nostra relazione era a una svolta e che lui non aveva nessuna intenzione di tornare sui suoi passi. Da tempo la moda del “caffè in vetro” ha contagiato tutti i bar italiani, ma ora tocca anche al cappuccio. Molti dicono che il vetro è meglio della classica ceramica principalmente per un fattore tecnico: la ceramica mantiene più a lungo il calore e quindi ci vuole più tempo per bere il caffè. Altri sono convinti che il vetro stimoli la vista oltre che l’olfatto. Ecco perché io dico “no” al caffè in vetro. Io non amo la continua frenesia perché sono convinta che ci siano delle cose che hanno bisogno di tempo, magari anche solo qualche minuto. Il caffè o il cappuccino sono tra quelle cose. L’acqua va bevuta, il caffè deve essere gustato. Nei due verbi è già racchiusa tutta la diversità del gesto. Si beve per necessità, ma si gusta per piacere e io non voglio gustare in fretta il mio cappuccino che è un mio piacere. Oltretutto non penso nemmeno che vedere attraverso un vetro il caffè possa stimolare davvero la vista. È come se una bella donna decidesse di non vestirsi, la prima volta crea stupore e sicuramente la vista sarebbe stimolata, ma le volte successive non ci sarebbe più nulla da scoprire o ricordare. Tutto troppo chiaro, troppo diretto. Il mio cappuccino stava benissimo vestito con la ceramica. Si presentava a me con la sua delicata schiuma che mi sorrideva, creando in me la voglia di scoprire quello che c’era oltre quella sottile barriera. Non sapevo che tonalità di colore avrei trovato una volta superata quella crema bianca e nemmeno potevo intuirne lo spessore. Mi piaceva appoggiarci sopra lo zucchero con dolcezza e poi intaccare piano piano quella nuvola con il mio cucchiaino per iniziare a farmi un’idea su cosa mi aspettava dall’altra parte. Intanto il mio cappuccino perdeva un po’ il suo calore ed era pronto per farsi gustare. Ma ora tutto questo non c’è più…
Sara Citterio
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