I concerti da casa – il nuovo modo di fare musica

Nuovi scenari per il diritto d’autore e i diritti connessi

La crisi sta investendo tutti, specialmente gli imprenditori, gli artigiani, i professionisti e, in particolare, i musicisti. Nessuno è in grado di sapere se e quando tutto questo finirà; sappiamo, però, che nulla sarà come prima. Ma i musicisti ci sono, si fanno sentire, e si organizzano in ogni modo per alleviare questa quarantena forzata: spettacoli, concerti in sincronia, performancecover, ed ogni genere di contenuto creativo che vengono postati spontaneamente sui social a beneficio del pubblico costretto a restare a casa. Insomma, quasi tutti (famosi e non) stanno mettendo a servizio del prossimo la loro vocazione artistica: è un fenomeno del tutto nuovo, sembra che i musicisti stiano cominciando a “fare le prove” per gli scenari futuri, ancora del tutto incerti.

È impossibile immaginare, infatti, quali saranno le modalità e i contorni delle interpretazioni dal vivo. Si potrebbe obiettare che questi artisti lo stiano facendo solo per ‘auto-promozione’ (per mantenere alto o incrementare il livello della visibilità); ma è indubitabile che rendano un servizio pubblico con la loro espressione artistica.

Ma chi e che cosa ripaga questa espressione artistica?

Che cosa accade, però, se le opere interpretate appartengono ad altri?

Quale beneficio deriva agli originari autori (e ai loro editori) e agli interpreti da queste preziose performance artistiche?

Sono in molti ad invocare maggior tutela per la categoria dei musicisti, frammentata e “non protetta”; infatti, ci si è accorti ora che quella del musicista non è considerata una professione vera e propria. Questa prassi attuale di mettere instreaming le proprie esibizioni disvela l’impellente necessità (e il pieno diritto) che venga recepita la direttiva Ue sul copyright (con riconoscimento del compenso per le opere condivise online dalle piattaforme); e che i governanti prendano responsabilità e coraggio per dare esecuzione alla direttiva comunitaria, in coerenza con i principî già da tempo introdotti nella nostra normativa nazione.

Sì, perché – sebbene possa sembrare strano – l’Italia si è già dotata di un impianto normativo efficace e idoneo a offrire concrete risposte alle esigenze dei musicisti (AIE e autori): già con la legge n. 248 del 2000 (Nuove norme di tutela del diritto d’autore) c’era stato un timido tentativo di adeguare la disciplina del diritto d’autore alle nuove realtà tecnologiche: in realtà, con quella legge si intendeva principalmente colpire la “pirateria”. Però venne introdotta una norma (l’art. 182 bis del legge sul diritto d’autore), destinata a diventare una base solida per l’attuazione dei principi di cui stiamo discutendo: alla SIAE e all’AGCOM (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) veniva attribuito – tra gli altri – il potere di vigilare sull’attività di riproduzione e duplicazione (con qualsiasi procedimento) delle opere tutelate dalla normativa sul diritto d’autore e sui diritti connessi al suo esercizio; per lo svolgimento di tali compiti sono stati assegnati ai due enti specifiche funzioni ispettive. In pochi si sono accorti che, grazie a questa norma, è stato introdotto un fondamentale principio: sarà onere dei fornitori dei servizi internet a verificare la titolarità dei diritti riferiti ai contenuti e, di conseguenza, a dover provvedere alla loro regolare soddisfazione.

Con riguardo al recente diffuso fenomeno delle performance postate in rete si può sollevare un duplice quesito: come vengono regolati (se vengono regolati) i diritti d’autore su queste opere condivise? Che cosa accade se la paternità delle opere appartiene ad altri autori?

Sicuramente occorre sollecitare il recepimento della Direttiva sul Copyright (che ha l’obiettivo di armonizzare normative sul diritto d’autore in relazione alle tecnologie digitali), in particolare quell’art. 17 della Direttiva che si occupa dell’utilizzo dei contenuti protetti dal diritto d’autore da parte di prestatori di servizi online e di siti web, la cui natura permetta la condivisione di contenuti propri o di terzi). Una norma che sta già mettendo in apprensione i nostri qualificati interpreti (come spesso accade per le norme comunitarie, inevitabilmente scritte con un linguaggio “astratto”, destinate alla decodificazione dei -così tanto- differenti linguaggi degli ordinamenti nazionali).

Vedremo – speriamo presto – se l’Italia (già incredibilmente a un buon punto “formale) dimostrerà la necessaria dose di coesione e di consapevole coraggio nella fase di recepimento ed esecuzione delle norme europee.


Fonte foto di copertina: tgcom24.mediaset.itVideo: TG2000

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