Dopo la sberla anche il Pdl sposa le primarie

Tutti d’accordo, da Berlusconi ad Alfano, da Cicchitto fino a Formigoni, anche il Pdl, dopo il Pd, apre alle primarie. Se per Alfano, nuovo segretario del partito, le primarie sono giuste perché affermano il principio che vince chi ha consenso e per questo motivo comincerà a lavorarci da subito, il premier si dice favorevole “purché si è certi che votino solo iscritti al partito e non infiltrati di sinistra”. Per Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera, ci vorrebbe invece un registro che le regolamenti almeno da un anno prima; mentre per Formigoni, pronto a candidarsi per il dopo Berlusconi, le primarie sono necessarie da subito, in ogni regione per scegliere i coordinatori del partito e a livello nazionale per scegliere l’erede di Berlusconi.  A quanto pare, dopo la batosta delle amministrative, il Pdl fa quadrato intorno alle primarie per presentarsi compatto alle prossime elezioni politiche del 2013, se non prima come in molti auspicano. D’altronde è vero che la destra ha perso le amministrative ma è altrettanto vero che l’opposizione non le ha vinte. Domenica scorsa il segnale giunto dagli elettori, soprattutto quelli di Milano e Napoli, è stato chiaro: i votanti con la loro preferenza hanno scelto i candidati più “presentabili”, bocciando contestualmente la campagna elettorale di Silvio Berlusconi, focalizzata su se stesso e non sui programmi delle città. Il voto quasi plebiscitario dato a de Magistris e quello evidente a Pisapia è una distinzione verso quel candidato meno peggio della sfida. Entrambi gli eletti sono persone rispettabili, professionisti eccellenti ma avevano come antagonisti degli avversari decisamente scarsi, perdenti in partenza: il primo, la Moratti, alla fine di un ciclo governativo con più bassi che alti, in carica da  5 anni e con un’uscita sconsiderata durante l’ultimo faccia a faccia con Pisapia che ha incoronato il candidato della Sel seduta stante; l’altro, Gianni Lettieri, semi sconosciuto e con uno spessore politico pari a quello del mio salumiere. Tuttavia, quello che si evince analizzando il voto è la necessità di cambiamento e il desiderio di affidarsi a nuovi movimenti e nuovi uomini politici. Hanno avuto la meglio, a Napoli, Luigi de Magistris ex magistrato molto noto e ben visto trasversalmente e a Milano Giuliano  Pisapia ottimo avvocato milanese con visione politica estremistica ma classe londinese.  Entrambi “nomi nuovi” della politica. E’ ovvio che non tutti quelli che li hanno votati sono di sinistra o di estrema sinistra, altrimenti si potrebbe sostenere che la Sel di Vendola o l’Idv di Di Pietro siano giunti da soli, in questa tornata elettorale, a percentuali altissime  che gli permetterebbero un governo autonomo. Non credo sia così, piuttosto credo che tutto questo sia accaduto perché la gran parte degli elettori di centro destra siano stati delusi dalle ultime uscite del premier sulla Giustizia, e non solo su quella, e dalla inconcludenza, ormai persistente, del governo attuale. Questo voto, checché se ne dica, ne è stato il segnale evidente. E’pacifico che il Governo in carica, come è accaduto per gli altri governi passati, perde quando ci sono elezioni intermedie ma è altrettanto evidente la staticità governativa attuale che alla fine ha premiato l’opposizione, anche se inerte.  Pertanto perde la destra ma non vince la sinistra, perde Berlusconi e perde il berlusconismo. Così come perde Fini che, col suo posizionamento sempre più a sinistra, ha fuorviato tutti i suoi ex elettori. Persone trovatesi senza il riferimento che egli rappresentava a destra e “tradite” dall’incoerenza politica del presidente della Camera: oggi malvisto perché alleato di Casini e Rutelli. Passi pure l’alleanza col primo, con il quale è stato a lungo alleato nella Casa della libertà ma gli ex missini ed ex aennini non hanno digerito l’amicizia con l’ex sindaco di Roma, avversario storico, e non solo ai tempi della candidatura a primo cittadino della capitale. Inoltre Pier Ferdinando Casini, ormai senza più lo smalto che lo contraddistingueva in passato, è diventato dialetticamente molto forte ma politicamente scarso e con soltanto un esiguo seguito di nostalgici della vecchia Democrazia Cristiana. Anche il Pd deve lavorare molto se alle prossime politiche vuole sconfiggere il centro destra e diventare l’alternativa governativa che fino ad oggi non si è vista. Non si va lontano se si ha paura di prendere posizione. Così come bisogna lavorare molto per scegliere il nuovo leader della coalizione di centro sinistra perché appare evidente che Bersani non sembra il candidato premier ideale. Ma probabilmente chiunque della classe dirigente attuale governasse oggi non riuscirebbe ad amministrare bene e a riformare il Paese, perché tuttora prevalgono gli interessi personali e di parte. Una soluzione però ci sarebbe: l’Italia ha bisogno di politici onesti, questo è ovvio, ma soprattutto di uomini, o donne, che accettino di candidarsi per cambiare il Paese in un’unica legislatura, liberi di poter affrontare cambiamenti radicali, con le riforme del sistema, senza aver paura di pressioni esterne di ogni genere. Legislatori irricattabili per l’onesta ma soprattutto perché incuranti della non rielezione, in quanto mono mandatari. Generazione di politici nuovi con visione nuova della politica, irreprensibili, competenti e determinati.

Enzo Di Stasio

Foto: leiweb.it

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