Cosa possiamo imparare da Alice…

Il libro di Alice nel paese delle meravigli descrive un processo di formazione e di crescita. Alice attraversa esperienze, nel mondo delle meraviglie, che mettono in crisi e in discussione tutte le sue precedenti esperienze, le fanno incontrare la possibilità che ci sia anche un altro modo di vedere e vivere le cose. Il suo concetto di “normalità” (ma cosa sarà mai la normalità?) viene messo certamente in crisi. Al di là dei significati legati all’epoca in cui il libro di Carroll è stato scritto, anche oggi la storia di Alice ha per noi spunti di grande interesse. Il viaggio di Alice è fortemente caratterizzato da uno spirito di ricerca della propria identità. Ogni personaggio che si oppone ad Alice è anche la proiezione di una parte di se stessa, che lei vuole conoscere e che interroga nel tentativo di recuperare l’identità perduta. Il processo di consapevolezza e di ricerca passa attraverso una caduta. Da una situazione iniziale di noia, Alice scatta alla rincorsa del Bianconiglio mossa unicamente dalla curiosità. E la curiosità, la ricerca, saranno la stessa molla che la porterà ad aprire tutte le porte, a mangiare o a bere tutto ciò che trova, ad avventurarsi in dialoghi rischiosi. E’ la curiosità dello scienziato, della mente libera e indipendente che affronta l’oggetto nella più totale assenza di pregiudizi. La caduta verso il centro della terra ha connotazioni irreali, ci porta nell’immaginario, nel mondo del “come se” , ma non è un precipitare. Alice si guarda attorno, ragiona, si sbaglia nel parlare. Porta nel mondo delle meraviglie, inconsciamente i giochi di parole, la legge del motto di spirito, la capacità di manipolare le parole in modo da far emergere un qualcosa di represso. Alice atterra e si ritrova in un salone dove tutte le porte sono chiuse, Da una porticina intravede un giardino meraviglioso. L’eden dei sogni verso il quale immediatamente si puntano tutti i suoi desideri. Per raggiungere le giuste dimensioni e per adeguarsi alla realtà che la circonda subisce una serie di mutamenti, di ingrandimenti e rimpicciolimenti della propria persona. La spazialità, il pericolo, sono sempre presenti nella storia di Alice ma raccontati da Carroll con un sorriso benevolo che sdrammatizza. La spazialità concepita in maniera nuova nel racconto delle avventure di Alice ci porta a riflettere e a smontare il concetto di spazio immutabile e quel concetto di sicurezza che si portava dietro. E’ lo spazio dello scienziato che si apre soltanto sull’oggetto che la sua curiosità e la sua passione di indagare accendono di vita. Tutte le avventure di Alice hanno la caratteristica di essere punti che si illuminano improvvisamente, senza una ragione, e se non ci fosse Alice non ci sarebbe nulla. Gli incontri con gli animali parlanti rappresentano l’occhio indagatore che porta scompiglio nella logica lineare dell’uomo. Nel corso della storia Alice impara a controllare le proprie dimensioni e la lezione del bruco è una lezione su come accettare le proprie metamorfosi. Alice rimane sempre sicura delle proprie buone intenzioni. C’è la lezione sull’aggressività, c’è nel the dei matti la contrapposizione fra lo scatenarsi delle emozioni e il controllo delle emozioni . C’è nel discorso del cappellaio matto, il tempo come appagamento dei desideri, la capacità di controllo e la perdita di controllo, il disagio senza via d’uscita, l’immobilità e la paralisi, e quel concetto di rovesciamento del tempo che Carroll svilupperà in maniera straordinaria in “Attraverso lo specchio”. Il tempo del rilassamento e della completezza, l’Aion degli stoici e gli estremi che si accostano e che sono da una parte la massima serenità e padronanza della propria identità e del proprio tempo e dall’altra quella del massimo sfacelo della propria identità. Carroll ci racconta questo nel divertente episodio delle due gemelle che vivono sul fondo del pozzo e si nutrono solo di melassa. E su questo sfondo l’importante problema dell’uso della lingua, la differenza fra il significato (ciò che si vuol dire) e il significante (ciò che viene detto). La consapevolezza del proprio parlato nasce dall’oscillazione di un senso che è costantemente ambiguo e oscillante tra due prospettive opposte.

Leonardo Comple

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