Cinema a Roma, sul grande schermo gli eredi della commedia dell’arte

cinema

Cinema a Roma. L’avvento del cinematografo, alla fine del XIX secolo, ha spazzato via tutti canoni dello spettacolo teatrale e ha messo definitivamente una pietra sopra il teatro dei burattini. Lo strumento millenario della maschera, derivata dal teatro greco, diventa ormai inutilizzabile. Con la costruzione di Cinecittà, a partire dagli anni trenta del secolo, Roma è diventata la città del cinema. Ecco che la capitale si è sostituita alla Venezia del settecento come principale palcoscenico delle “nuove maschere” italiane.

Non sono scomparse infatti le maschere intese come soggetti facilmente individuabili per il loro abbigliamento e la caratterizzazione comica. La loro culla è rimasta il teatro. Anche nella sua differenziazione in spettacolo di varietà, avanspettacolo, cabaret, rivista o commedia musicale. Ma i personaggi di maggior successo hanno poi trovato la loro consacrazione al cinema. In alcuni casi, un successo mondiale.

Dal teatro al cinema, Petrolini con Fortunello e Gastone

Il romano Ettore Petrolini, prendendo spunto dall’omonimo personaggio del Corriere dei Piccoli presentò per la prima volta Fortunello, nella rivista “Zero meno zero” del 1915. Il personaggio, truccato come un clown, entrava in scena camminando a penzoloni in base al ritmo della musica. Proseguiva con le sue elucubrazioni, assurdità e rime grottesche con un ritmo martellante, suscitando nel pubblico stupore e illogica allegria. Riscosse un grande successo anche tra gli esponenti del movimento futurista, come Filippo Tommaso Marinetti.

Nel 1924, Petrolini presentò nei teatrini romani Gastone. Era l’esemplare rappresentante di un mondo di presunti artisti di varietà di infima categoria. Istrionico e carismatico, dalla affabulante parlantina romanesca, squattrinato, dedito a mille vizi, corteggiatore di tutte le soubrette e ballerine, dai modi esagerati e teatrali. Petrolini porterà sia Fortunello che Gastone sul set cinematografico nel film “Nerone” del 1930. Gastone fu reinterpretato sia al teatro che al cinema da Alberto Sordi e Gigi Proietti.

Totò, un napoletano che esordisce a Roma sia al varietà che al cinema

Pur essendo nato a Napoli nel rione Sanità, la carriera artistica dell’attore Totò si è svolta principalmente a Roma. Al Teatro Ambra Jovinelli esordì a soli 18 anni, nel 1916, tra una licenza e l’altra della sua vita militare. La maschera Totò nacque invece nel 1924, nella Sala Umberto di Via della Mercede. L’attore si presentò sul palcoscenico in bombetta, con un tight troppo largo, una camicia lisa dal colletto basso, una stringa di scarpe per cravatta e un paio di pantaloni a zompafosso. Aveva trasformato i suoi abiti logori nel costume di scena di una vera maschera surreale.

La corporeità del personaggio era data dall’irresistibile mimica facciale e la capacità di far roteare gli occhi. Era capace di esprimere straordinarie smorfie, allungando il collo e snodando la mandibola in modo da spingere il mento tutto da un lato. Il personaggio creato si sarebbe rivelato furbo, dall’esilarante parlantina e in grado di adattare al proprio tornaconto ogni situazione. In alcuni casi, anche velleitario seduttore.

Fu portato sul set nel 1937 con il film “Fermo con le mani” di Gero Zambuto. I registi avevano intenzione di contrapporlo a Chaplin ma il film non ebbe successo. Il personaggio durò solo per quattro-cinque film, poi l’attore Totò si presenterà sul set con altri abiti di scena e senza bombetta. Dell’antica maschera, mantenne però l’inimitabile mimica facciale e la furbizia.

Alberto Sordi, l’attore che rappresentò al cinema i nostri difetti

Nel 1953 Alberto Sordi s’inventò letteralmente la “maschera” cinematografica di Nando Mericoni. Il personaggio debuttò sullo schermo in un episodio del film “Un giorno in pretura”. Sembra che lo stesso Sordi abbia recitato a soggetto. Mericoni è un giovanottone romano, arrestato per oltraggio al pudore. Da tutti è conosciuto come “l’americano”, per la sua spiccata esterofilia nei confronti del made in USA. È vestito in maglietta bianca e jeans. Nel secondo film, “Un americano a Roma” (1954), dove è protagonista assoluto, aggiungerà il giubbotto di pelle nera da poliziotto statunitense.

Mericoni ostenta una personale conoscenza della lingua inglese, che invece ignora completamente. Esprime frasi in anglo-romanesco come “Polizia der Kansas City” e “orrait orrait”, deformazione di all right, all right, oppure completamente inventate come “auanagana”. Proprio tali espressioni nel suo gergo manderanno in visibilio il pubblico cinematografico. La “maschera” Mericoni, tuttavia, caratterizza un breve periodo della storia d’Italia, compreso non oltre i limiti del decennio 1944-1954. Nel prosieguo della sua carriera, Sordi capì e impose al pubblico una maschera molto più penetrante: sé stesso.

La “maschera” Sordi risultò valida sia nel periodo dell’italietta degli anni cinquanta che in quella del boom economico del decennio successivo. Superando l’orizzonte ristretto della sua città Natale, Sordi seppe rappresentare l’italiano medio. Con tutti i suoi difetti: cinico, mammone, sessista, carrierista e spesso vigliacco. Sempre, però, con un sorriso sornione e vagamente beffardo. Alla fine ci ha fatto credere che fossimo veramente tutti come ci ha rappresentato lui. Facendoci dimenticare che, per forza di cose, ogni caratterizzazione – anche quella di Sordi – fa ridere perché superficiale e restrittiva.

Carlo Verdone, la sfortuna di essere designato “erede” di Sordi

Verdone è stato impropriamente affiancato a Sordi e ciò lo ha condizionato nella sua maturità artistica. Ha portato nel cinema i personaggi ideati, ad inizio carriera, nell’ambito del cabaret. Debuttò infatti nel 1977 al teatro Alberichino con “Tali e quali”. L’anno dopo ripropose i suoi personaggi in TV, nella trasmissione “No Stop”. In precedenza si era anche formato al Teatro dei burattini di Maria Signorelli, avvicinandosi così al mondo delle maschere. Delle vere e proprie maschere, infatti, sono stati i suoi personaggi, almeno agli inizi della sua attività cinematografica. In particolare, nel suo film di esordio, “Un sacco bello”, Verdone propone contemporaneamente le tre caratterizzazioni che lo hanno reso famoso.

Si tratta di Enzo, il coatto di periferia. Di Leo, bambinone immaturo e ingenuo, ispirato all’amico Stefano Natale, poi anch’egli attore. Infine Furio, logorroico e ipocondriaco borghese romano trapiantato a Torino. Enzo diventerà Ivano in “Viaggi di nozze” e Armando Feroci in “Gallo Cedrone”. Leo diventerà Mimmo in “Bianco, rosso e Verdone” e, forse, anche il Cristiano di “In viaggio con papà”. Furio diventerà Raniero in “Viaggi di nozze” e Callisto in “Grande grosso e Verdone”.

Avremmo potuto citare altre potenziali maschere nel cinema di ambientazione romana. Come quel Peppe er Pantera interpretato da Gassman nella saga de “I soliti ignoti”. O lo stesso “Capannelle”, un personaggio reale trasportato sul set senza alcuna modifica. La nostra storia, però, sarebbe andata troppo per le lunghe. Di certo le maschere, al cinema come al teatro, mettono alla berlina un particolare soggetto o personaggio con tutti i suoi difetti. E ciò ai romani fa tanto ridere.

Foto di Sammy-Williams da Pixabay

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.