Angel Olsen. Da qualche parte in America

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Angel Olsen è una cantautrice americana piuttosto apprezzata oltreoceano già da diversi anni. Crebbe nel vivace contesto artistico di St. Louis in Missouri, dove iniziò a esibirsi con cover band ed entrò in contatto con disparati generi fra cui folk, punk e christian rock. Tuttavia è a Chicago dove inizia a farsi conoscere, prima con collaborazioni e poi come solista. Sempre qui, nel 2010 a ventitré anni, pubblicherà i primi brani in una raccolta dal titolo Strange Cacti, distribuito in cassetta. Due anni dopo segue il primo album, Half Way Home, che ottiene un buon successo di pubblico e di critica. Seguiranno concerti dove Olsen sarà accompagnare da una band completa che registrerà con lei nel 2014 l’album successivo: Burn your Fire for No Witness. Quindi My Woman nel 2016, All Mirrors nel 2019 e infine Whole New Mess nel 2020, tutti con l’etichetta Jagjaguwar. Tutti i lavori pubblicati vengono acclamati nel mondo musicale spiccando per originalità, sincerità e sentimento. 

Influenze stilistiche 

Può essere stranamente difficile categorizzare la musica di Olsen. Perché “stranamente difficile”? Le sue tracce sembrano in parte prendere influenza da qualche genere di un tempo passato (il country, forse, oppure le folk-song anni ‘60) ma stupiscono per alcune scelte armoniche e stilistiche assolutamente innovative. Se da una parte si apprezzano per qualcosa di familiare, di “già sentito”, dall’altra stupiscono per elementi originali, minimi ma assolutamente ben integrati. Qualche esempio: Acrobat, da Half Way Home, la canzone si apre con solo chitarra e voce, quasi a ricordare una giovane Joni Mitchell (album Clouds), dopo pochi secondi però entra una fisarmonica dando un sapore estraneo e contemporaneamente la voce esegue vocalizzi jodel tipici di una tradizione country passata (vedi Indian Love Call di Slim Whitman, o Indian War Whoop nella versione di John Hartford). Un esempio diverso e che sottolinea nuovamente l’estrosità del progetto di Olsen si può sentire con Those were the Days (My Woman, 2016), qui sonorità vintage che ammiccano al jazz, nonché un grande spazio lasciato alla compagine strumentale, rivelano un mondo musicale totalmente diverso rispetto ai lavori precedenti. 

La voce 

E al centro vi è sempre la voce di Angel: una voce chiara, limpida, a tratti nasale, capace di passare facilmente da sonorità più gravi a quelle più acute, come si può sentire bene già in Lonely Universe (Half Way Home, 2012). La voce è così tanto in evidenza che in alcuni brani la parte strumentale rimane per lo più scarna, seppure non mancano piccoli momenti solistici affidati agli strumenti (del resto la stessa cantante suona e si accompagna con la chitarra ai concerti). La voce, in particolar modo nell’ultimo album, viene arricchita da vari effetti digitali che ne rincarano la forza emotiva: riverberi, chorus, delay, tutto ciò aumenta la spazializzazione creando un ambiente sonoro imponente. Tuttavia l’impianto minimale riservato contribuisce a sostenere una comunicazione intima, seppur poderosa. 

Testi 

Come gran parte della musica indie e cantautoriale anche Angela Olsen pone nei suoi testi una certa introspezione, un’emotività autobiografica e una visione del mondo malinconica. Come in Waving, Smiling (Whole New Mess, 2020): <Found me down and, honey, you left me down. Turned right around, now baby I’m rising. How could you know wherever a heart should go? You’re on your own when you are arriving>. Più romantica invece Amanda (Half Way Home, 2012): <Don’t stand too close to me, darling. Keep your hands where I can see. Don’t you know you’re wanted in fifty states? I love you, dear, but it’s not up to me and it’s never quite been, you see>. Più pessimista Woman (My Woman, 2016): <With no promise of the future, am I not allowed to think kindly of a stranger who reflects the sound of my heartache as it’s beating my life to the ground… to the ground>. 

Verso il futuro 

Nonostante il blocco generale delle attività musicali Angela Olsen ha continuato la sua produzione. Oltre il già segnalato album dell’anno scorso, Whole New Mess, è stata importante la sua partecipazione sei mesi fa ai “concerti da casa” di NPR Music (famosa radio americana). Inoltre di prossima pubblicazione un cofanetto fra lavori giù pubblicati e inediti: Songs of the lark and other far memories. Sicuramente non mancheranno tour internazionali e concerti nella rinnovata scena indie appena i tempi in America lo permetteranno. Chissà se la vedremo mai in Europa.

 Fonte foto copertina: facebook.com/angelolsenmusic

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