Danze popolari a Roma e nel Lazio, il saltarello e quant’altro

danze popolari

Danze popolari. Le espressioni folkloristiche non si limitano soltanto al canto o alla musica ma comprendono anche la danza. Più precisamente i balli di gruppo che con il canto e la musica fanno un tutt’uno. A Roma e nel Lazio tali espressioni hanno precedenti atavici, collegati all’agricoltura e alla pastorizia. Proprio sul Palatino, nel periodo dell’anno coincidente con il 21 aprile, si svolgeva la festa delle Palilie. Dopo aver ripetuto per quattro volte una formula magica, i pastori saltavano su grandi fuochi di paglia. Accompagnati – probabilmente – da battiti di mano ritmati. Si danzava anche per rallegrare banchetti e altre festività per il divertimento del popolo.

Col tempo la musica, naturale accompagnamento del ballo, rivestì sempre un ruolo fondamentale nella vita dei romani e dei popoli limitrofi. Altre feste danzanti venivano periodicamente allestite nel periodo della vendemmia. In particolare in coincidenza con i pleniluni. Erano chiaramente celebrazioni che sfociavano nel corteggiamento. Per poi concludersi nell’accoppiamento, favorito da grandi bevute. Nella valle del Baccano, presso l’odierna Campagnano, tali feste erano probabilmente condotte dai primi urlatori. Ancor oggi, ai primi di maggio, nella cittadina laziale, si organizza la festa del Baccanale. Un’eredità di quelle antiche manifestazioni che, spesso, avevano conclusioni sfrenate e lascive.

Il saltarello

Con l’avvento del cristianesimo, le feste popolari pagane furono soppresse o trasformate. Nel Centro Italia si diffuse particolarmente un tipo di danza detta “saltarello”, naturale evoluzione della “saltatio” latina. La prima forma del saltarello sorse a partire dal XVI e XVII secolo. Sembra che sia nata a Roma e poi diffusa nel Lazio e nell’Abruzzo. Si ballava all’aperto nei cortili delle case, nelle terrazze, ma anche nelle aie di campagna. Di giorno, di notte e in tutte le stagioni, sia in famiglia che in campagna. In grado di far socializzare la comunità sia in periodo di vendemmia, sia in quello di mietitura o del raccolto.

Il saltarello ha molte affinità con la tarantella dell’Italia meridionale. Fino al secolo scorso era accompagnato dalla zampogna e dal tamburello, oggi per lo più dalla fisarmonica. Il carattere ed il ritmo sono rimasti tuttora immutati. C’erano varie versioni del saltarello: il saltarello dell’osteria, quello delle fragole, quella della pizza e della ricotta, il saltarello del lago e il saltarello “decco e dello”.

Il saltarello è caratterizzato da semplici salti con i piedi e movimenti con le braccia accompagnati dal suono degli strumenti tipici. Nell’esecuzione musicale vengono interpretate piccole cellule melodiche in sintonia fra i suonatori. I ballerini eseguono invece in stretta relazione tra loro dei moduli variamente organizzati. La maggior parte dei repertori consiste in balli di coppia ma anche a quattro persone, in cerchio e processionali. Suonatori e ballerini compongono una ritmica corrispondente fra danza e musica.

Danze popolari, la ballarella ciociara

In Ciociaria è invece diffusa la ballarella. È un tipo di danza affine ad alcune forme di saltarello o di tarantella ma con molte varianti locali. Vi è un modello ballato per lo più in coppia, basato sul ballo frontale, giro grande e giri sottobraccio. Della stessa versione vi è un modello danzato a due coppie, più figurato e coreograficamente variato.

La versione a “bassadanza” è eseguita con continui giri a passi camminati, con eventuali avanzamenti e indietreggiamenti radiali. La forma a quattro ballerini di questo secondo modello prevede alcune figure ripetute ciclicamente, a rotazione. Spesso, quando le figurazioni coreografiche sono molte, sono comandate da un corifeo. Un’altra versione era il ballo della Teretecca. In esso si utilizzava una tavola di legno con attaccati dei ferri che, se percossi, producevano un suono particolare e ritmato.

Festival del folklore e delle danze popolari

Forse sembra strano ma anche le danze popolari hanno i loro festival. Principalmente sui Monti Lepini che sono diventati un centro di attrazione per i gruppi folkloristici dei cinque continenti. A Norma nella terza settimana di agosto si tiene il “Norbensis Festival”. A Cori, nella seconda settimana di luglio, abbiamo il “Festival della Collina”. Uno spettacolo di folklore dove spicca l’esibizione degli sbandieratori locali. A Segni, nel “Latium Festival”, vengono interpretate musiche e danze popolari e di strada per una cultura della pace. Come si vede, anche nel folklore romano-laziale, la fusion è di casa.

Non è da meno la Ciociaria con il “Festival del Folklore” di Castro dei Volsci, dove è immancabile la presenza del “Gruppo Folk della Città di Castro”. L’area del Cornicolano, organizza annualmente il “Festival internazionale del folklore sabino-cornicolano” di Sant’Angelo Romano. In tale manifestazione è abituale la presenza del “Gruppo Folk Monte Patulo”. Senza dimenticare l’agro falisco con il “Festival gruppi folk” di Faleria e il gruppo locale “La frustica”.

Trasferendoci alla Tuscia (provincia di Viterbo), sono messe in piedi performance di danza del tutto particolari ad alta specificità storica e culturale. Il principale si tiene a Tarquinia, nell’ambito di “Carnevalando”. Almeno lo si teneva nei carnevali di epoca “pre-Covid”. Negli ultimi anni vi ha partecipato l’Associazione Culturale “Folklandia” di Genzano di Roma. I suoi componenti sono usi a ballare con meravigliosi costumi variopinti genzanesi del secolo scorso. Da citare la partecipazione del gruppo “La Mandragola”, con le sue danze e le sue musiche del XV secolo.

Foto di Dieter_G da Pixabay

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