Folklore e festival di musica, un connubio indissolubile a Roma

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Folklore a San Giovanni. In coincidenza con il solstizio d’estate la cristianità festeggia la ricorrenza di San Giovanni Battista. L’evento considerato magico e sacro nelle tradizioni precristiane fu ripreso e celebrato dalla religiosità popolare con una festa. Quella, appunto, del Santo che annunciò la predicazione di Gesù. Per poi essere decapitato da Erode, su richiesta dell’amante Erodiade e della figliastra Salomè.

A Roma si credeva che nella notte tra il 23 e il 24 giugno i fantasmi delle due depravate donne chiamassero a raccolta le streghe per un grande sabba nei pressi della basilica. Appunto per questo, quella notte era chiamata anche “la notte delle streghe”. La partecipazione popolare era massiccia.

Gigi Zanazzo racconta che la gente partiva da tutti i rioni di Roma al lume di torce e di candele. Giunti sulla piazza, i fedeli accendevano falò per scacciare le forze occulte. Si pregava ma si mangiavano anche le lumache nelle osterie e nelle baracche allestite in piazza. Si ballava e poi si beveva in abbondanza. Soprattutto si faceva rumore con trombe, trombette, campanacci, tamburelli e petardi di ogni tipo per impaurire le streghe.

Folklore e festival di musica romana

Nel 1891, tutto questo bailamme produsse il primo festival della canzone romana. Come accadde lo narrò molti anni dopo il romanista Giovanni Gigliozzi. Pietro Cristiano, un libraio olandese, aveva bandito il concorso per la più bella canzone romana all’osteria “Facciafresca” fuor di porta San Giovanni. I cantanti si sarebbero esibiti mentre pubblico e giuria avrebbero attribuito i premi.

I musicanti si esibivano su un improvvisato palchettone posto sotto la pergola dell’osteria. Quelli che erano riusciti a entrare stavano seduti ai tavoli o in piedi. Altri spiaccicati fuori dalla staccionata che delimitava lo spazio all’aperto del locale. L’inizio della manifestazione fu annunciato da un presentatore lustro e impomatato con tanto di ghette, al suono di “Lassatece passà semo romani…”.

Vinse l’esordiente Leopoldo Fregoli, il “padre” di tutti i trasformisti ed imitatori del secolo scorso. La canzone vincente, scritta da Nino Ilari e musicata da Alipio Calzelli era intitolata – guarda caso – “Le Streghe”. Poi il festival, dato il sempre più grande successo, fu trasferito al Gran Varietà Orfeo. Divenne quindi un appuntamento annuale con grande partecipazione di pubblico. Nell’edizione del 1926 vinse un giovane quasi sconosciuto: Romolo Balzani. Interpretò una canzone che divenne un inno alla città di Roma e al suo fiume: “Barcarolo romano”.

Folklore e musica oggi, il nuovo Festival della Canzone Romana

Quando Roma si percorreva ancora a piedi, la canzone popolare era concepita sotto l’inevitabile influenza dialettale. Aveva una missione evasiva, ma era soprattutto un formidabile strumento di coesione sociale. Col tempo, purtroppo, la tradizionale festa di San Giovanni perse quasi del tutto la sua antica importanza. La comunicazione sonora stravolse letteralmente la storica tradizione sconfinando nel caratteristico gorgheggio.

Nel 1991 però, Lino Fabrizi, con il supporto del “Centro culturale Giuseppe Gioacchino Belli” ha ideato il nuovo “Festival della Canzone Romana”. Esattamente cent’anni dopo il primo festival di San Giovanni. La manifestazione, allestita nei vari suggestivi scenari della Vecchia Roma, si è tenuta per 27 anni consecutivi. Nel 2020, purtroppo, ha dovuto cedere il passo all’emergenza Covid. Ora però sono state aperte le iscrizioni per la 28ma edizione sull’apposito sito internet.

Ogni anno si suole premiare quel nutrito parterre di artisti che hanno lasciato nelle proprie canzoni indimenticabili ed inequivocabili segni del loro talento ed orgoglio romano. Ma il concorso è aperto anche a giovani compositori, autori ed interpreti. Fabrizi ha infatti preso atto che la canzone romana ha subito l’evoluzione sociale della città, divenendo crocevia di diverse forme di comunicazione artistica.

Cosa differenzia il Festival della Canzone Romana dalle precedenti sagre musicali

Il “nuovo” Festival della Canzone Romana si differenzia dal riduttivo evento popolare di una volta. Il termine “canzone romana” contenuto nella sua declaratoria non è necessariamente riferito al dialetto. Non è più legato all’eccessiva enfasi dello slang locale ma piuttosto al suo inimitabile contesto poetico. Traendo ispirazione dai continui fermenti melodici che caratterizzano la scena musicale nazionale. Il “Festival della Canzone Romana” diviene quindi qualcosa di decodificabile anche oltre il raccordo anulare.

La continuità di questa manifestazione rimane un significativo esempio di come sia necessario diffondere e proseguire un percorso storico. Semplicemente attraverso un’antologia di brani, dedicati o ambientati a Roma indipendentemente dal linguaggio musicale tradizionale. Per l’occasione, come consuetudine ormai, nel corso della serata viene conferito il Premio alla Romanità a un esponente per ciascuna di diverse categorie. Arte, Cultura, Sport e Spettacolo.

Foto di Edward Lich da Pixabay

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