Tracy Chapman, l’esordio nel 1988

tracy chapman

Siamo alla fine degli anni ‘80, decennio che era stato caratterizzato da disimpegno e da edonismo, in cui a contare era soprattutto l’immagine. Nel 1988 fa il suo ingresso nelle scene musicali una bravissima cantautrice proveniente dall’Ohio che risponde al nome di Tracy Chapman, con un esordio che stupisce critica e pubblico.

Il disco in questione si contraddistingueva da molte produzioni frivole di quei periodi, a favore di una musica carica di impegno e coscienza sociale e attraverso brillanti sonorità folk-rock e country-blues che hanno permesso alla Chapman di fregiarsi del titolo di degna erede di Joni Mitchell, Bob Dylan e Joan Armatrading.

Con una vocalità pacata, ma ricca di anima e voglia di esprimere tutto il suo dolore, la sua rabbia, i suoi sentimenti, Tracy ci offre in un piatto d’argento 11 deliziose tracce che trattano argomenti come disoccupazione, voglia di rivoluzione, violenza domestica, razzismo, fame e povertà, in cui si avvale anche di ottimi musicisti come Paulinho Da Costa, Bob Marlette, Larry Klein, tra gli altri. Il tutto viene condito da una sublime interpretazione e da una scrittura profonda che evita melassa e retorica fine a sé stessa.

Un altro particolare molto interessante di questo disco è la traduzione dei testi in lingue come francese, tedesco, spagnolo e anche italiano, per rendere chiaro a tutti il messaggio che si vuole lanciare. La voglia di cambiamento e lo sdegno verso le storture della società contemporanea vengono espresse in tracce come il singolo “Talking ‘Bout A Revolution” e “Across The Line”, mentre più delicata risulta “Baby Can I Hold You”, pezzo denso di romanticismo ma senza leziosità. Ottime anche “Mountains O’ Things”, ricca di atmosfere caraibiche, l’intensa e disillusa “Fast Car”, altro singolo portante del disco, e la ballata finale acustica per chitarra e voce “For You”.

L’omonimo di Tracy Chapman riceverà grande consenso da parte della critica, che ne elogerà le doti vocali della cantautrice dell’Ohio e anche la profondità e la consapevolezza dei testi, oltre che raggiungere la prima posizione della classifica statunitense Billboard, ricevere per ben sei volte la certificazione platino e vendere 20 milioni di copie nel mondo (di cui sei solo negli States).

Il brano “Fast Car” verrà eseguito dalla Chapman al concerto tributo per i 70 anni di Nelson Mandela, tenutosi al Wembley Stadium di Londra, e entrerà nella top ten di vari stati del mondo tra cui Australia, USA, Irlanda, Regno Unito, Nuova Zelanda e varie nazioni europee. Nel 1989 l’album verrà inserito tra i migliori dischi degli anni ‘80 secondo la rivista Rolling Stone, per poi essere inserito dallo stesso magazine anche alla posizione 261 tra i 500 migliori album di ogni tempo negli anni ‘2000.

Importante è l’eredità che ha lasciato questo lavoro nel tempo, contribuendo a rinverdire i fasti della tradizione cantautorale folk statunitense. Pur non ripetendo gli stessi successi della sua prima opera prima, Tracy Chapman continuerà a incidere altri lavori di spessore (l’ultimo risale al 2008), tra questi il successivo “Crossroads”(1989), “New Beginning”(1995) e “Telling Stories”(2000). Il suo esordio del 1989 è ricco di vera musica genuina, profonda e capace di farci riflettere con tematiche che, al giorno d’oggi, risultano tuttora attuali. E la musica è sempre il miglior modo per poter, tanto per citare il titolo di uno dei pezzi, parlare di rivoluzione, una rivoluzione pacifica e che ci possa portare a giusti e sani valori, tutto con il cuore in mano e attraverso canzoni che sappiano parlare al cuore della gente.

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