The Flash strizza l’occhio agli anni ‘80 e ‘90

È uscito al cinema l’ultimo capitolo della saga della Detective Comics, dedicata al personaggio dei fumetti di Flash, il Velocista Scarlatto pubblicato per la prima volta nel 1940. 

Il primo Flash, Jay Garrick, protagonista dei comics fino al 1955, è considerato il Flash della cosiddetta Golden Age, mentre Barry Allen, il protagonista del film, è probabilmente il Velocista più conosciuto e amato dal pubblico, rappresentante della Silver Age del fumetto americano, con storie scritte dal ’56 all’ ’86 ma che negli ultimi anni ha ritrovato una seconda giovinezza anche nei comics grazie alla serie-tv a lui dedicata, agli spin-off con quella di The Arrowe ai recenti film sulla Justice League.

Nel suo primo film “monografico”, The Flash (interpretato da Ezra Miller, giovane attore divenuto famoso grazie a Noi siamo infinito e alla saga di Animali fantastici) in due ore e mezza di azione intervallata da momenti comici e (poche) scene più cupe, vuole rendere omaggio al personaggio più solare e divertente dell’Universo DC quasi equiparandolo al Peter Parker/Spider Man della Marvel e, allo stesso tempo, contrapporlo all’eroe più oscuro e dark per antonomasia, Batman, spalla del protagonista per quasi tutto il film.

Il regista Andy Muschietti – reduce dal successo dei due film-remake di It, abbandona l’horror per cimentarsi in un blockbuster che ha il pregio maggiore nel dare un ordine al frammentato multiverso della DC, così come Sam Raimi lo aveva precedentemente fatto per la Marvel nel Dottor Strange e il Multiverso della follia: il classico escamotage del viaggio nel tempo che modifica gli eventi futuri, viene qui utilizzato per giustificare, indicizzare e inglobare sotto lo stesso Universo Warner-DC decenni di serie tv e film dedicati a Superman, Batman, Wonder Woman, Aquaman e Flash con personaggi, storie e mondi molto diversi uno dall’altro. Azzeccata l’idea di utilizzare come comprimario il Batman di Michael Keaton, protagonista dei due iconici film di Tim Burton del ‘90 e del ’92, e di ricostruire minuziosamente l’atmosfera gotica burtoniana della villa Wayne e della bat-caverna, con tanto di Bat-mobile, Batwing e costume dell’epoca ma inseriti in un contesto contemporaneo.

Questo strizzare l’occhio agli anni ‘80 e ‘90 (simpatiche le continue citazioni a Ritorno al futuro) fino al cameo digitale di Christopher Reeve, il più famoso Superman di sempre, mostra la volontà di coinvolgere un pubblico non solo di giovanissimi ma più eterogeneo, composto anche di adulti 40enni e 50enni che in all’epoca si erano appassionati alle storie di Superman e compagni e che ancora adesso considerano quelle serie e quei film come dei classici.

Bisogna ammettere che la sceneggiatura non brilla per grande originalità e la computer grafica e gli effetti speciali digitali non sempre sono all’altezza del livello contemporaneo (soprattutto se messi a confronto con quelli utilizzati dalla Marvel), ma quello che si deve apprezzare è lo spirito “inclusivo” di un lungometraggio godibile, in questa sorta di operazione nostalgia che sicuramente potrebbe piacere di più ai “vecchi” amanti dei personaggi DC o agli appassionati di riferimenti ed easter egg di un’epoca che è stata la base per lo sviluppo e il successo di queste nuove saghe supereroistiche contemporanee. 

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