Santa Maria della Pietà, la trasformazione di un luogo che ha vissuto la sofferenza umana

manicomio santa maria della pietà

La nascita dell’istituzione, quasi 500 anni fa, e la sua migrazione per Roma

Si può dire che l’Istituzione di Santa Maria della Pietà venga da lontano, lontanissimo. Fu fondata nel 1548 da tre ecclesiastici: un sacerdote di Siviglia e due legati legati all’ordine di Sant’Ignazio di Loyola. Lo scopo, inizialmente, ero supportare i pellegrini che sarebbero arrivati a Roma per il Giubileo del 155; in seguito, però, l’Associazione si dedicò ai poveri, ai vagabondi e ai “folli”.

Proprio dai “folli” prese corpo quasi 400 anni dopo il Manicomio di Santa Maria della Pietà.

La sede dell’istituzione fu inizialmente posta in Piazza Colonna, per essere poi spostata in Via della Lungara e, a partire dal 1909, sulla collina di Monte Mario.

Santa Maria della Pietà diventa il Manicomio più grande d’Europa

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Afromachia di Carlo Lommi

Dopo l’Unità d’Italia, il Santa Maria divenne ‘Opera Pia’ e passò sotto la competenza della Provincia. Identificata la nuova mastodontica sede nel nord della Capitale, nel 1909 iniziarono i lavori per la sistemazione dei 130 ettari e l’edificazione di 41 padiglioni.

Nel 1913 il Manicomio iniziò a funzionare e l’inaugurazione avvenne l’anno successivo. I 7 km di strade che univano i diversi edifici furono corredati di un bosco che, di fatto, rendeva il complesso un enorme parco isolato dal resto della città. I malati vennero suddivisi nei diversi padiglioni a seconda della gravità dei loro disturbi mentali, della loro ritenuta “follia”. 

L’Ospedale psichiatrico era stato progettato per ospitare fino a mille pazienti, separati tra uomini e donne. In quegli anni, essere ricoverato in una struttura psichiatrica era relativamente facile: era sufficiente che venisse emesso un certificato riportante lo stato di pericolosità per se stesso e per gli altri e/o per atteggiamenti di pubblico scandalo. Oggi possiamo dire che, se le regole fossero ancora quelle del 1920, in tanti rischieremmo di finire reclusi in una Casa di Cura per problemi mentali.

Ben presto il numero degli internati arrivò a 2000, il 100% in più della capienza prevista, e questo fede di Santa Maria della Pietà il Manicomio più grande d’Europa. Allo straordinario aumento del numero di ricoverati non seguì un pari incrementi dei servizi e le condizioni di vita dei pazienti divennero via via più inaccettabili tanto che si plaudì, nel 1978, alla Legge Basaglia che, di fatto, cancellò le strutture per le cure mentali.

Il 14 Gennaio 2000 Santa Maria della Pietà cessò del tutto la sua funzione ospedaliera e venne chiuso.

Una nuova vita per il complesso ma il “respiro” del Manicomio si avverte ancora

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Le voci degli Amanti di Gomez

Dopo anni in cui le strutture del complesso di Monte Mario sembrarono andare in rovina, si decise di dare una nuova vita ad alcuni dei padiglioni abbandonati.

Oggi gli edifici ospitano gli uffici della XIV Circoscrizioni di Roma, le strutture a supporto della distribuzione di ausili, farmaci ed aiuti agli invalidi e agli anziani non autosufficienti, le sedi di Associazioni di volontariato per malati oncologici e anche una piccola comunità di ragazzi Down.

Toccanti murales per non dimenticare cosa è stato il Santa Maria della Pietà

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Le voci degli amanti di Gomez (2)

Per chi, oggi, entra a Santa Maria della Pietà per richiedere una nuova Carta di Identità o sbrigare una pratica burocratica, è difficile immaginare la terribile sofferenza che ha attraversato ed abitato per quasi 90 anni in questo luogo.

Forse proprio per non farne perdere la memoria, noti interpreti di Street Art sono stati incaricati di decorare le pareti esterne di alcuni padiglioni; tra gli altri, hanno deciso di contribuire a questa iniziativa dei fuoriclasse dei murales come Gomez (‘Le cose che non si vedono’, ‘le voci degli amanti’), Carlos Atoche, Farinacci, Jerico (‘La grande quite’), Monica Pirone e I pittori anonimi del Trullo.

Vedere queste opere dal vivo riporta con la memoria al passato: è come percepire le sofferenze vissute qui ed è stato come rendere a questi luoghi la loro storia e la loro memoria.

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Le cose che non si vedono di Gomez (1 – 2 – 3)

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