Pin-up e calendari erotici, un fenomeno di costume che ha più di cento anni

Pin-up & Calendar girls

pin-up

I calendari con nudi femminili sono diventati una caratteristica comune nei luoghi di lavoro prevalentemente maschili. Proliferano infatti nelle officine meccaniche, in quelle dei gommisti e nelle cabine dei camionisti. Ma anche nei garage e nelle sale dei concessionari di automobili. Ma come nacque tale costume?

La pubblicità commerciale sui calendari iniziò alla fine del XIX secolo soprattutto negli Stati Uniti. Inizialmente molte aziende utilizzarono questo tipo di calendari come gadget pubblicitari alla clientela. Erano illustrati con foto o immagini di ragazze più o meno svestite. I prodotti pubblicizzati erano incorporati nelle immagini o separati tramite loghi aziendali.

In principio furono le pin-up

In seguito immagini e fotografie di modelle iniziarono a diffondersi su molte riviste settimanali per iniziativa del presidente Woodrow Wilson. Questi aveva istituito la Division of Pictorial Publicity. Il suo scopo era di ideare stimoli visivi per convincere gli uomini ad arruolarsi per la Prima Guerra Mondiale. Le riviste presentavano modelle insolitamente procaci, ammiccanti e sorridenti.

Il fenomeno registrò un incredibile successo fra i soldati impegnati al fronte. I coscritti usavano appendere le fotografie di queste ragazze nei loro armadietti o nei loro accampamenti. Nacque allora il termine inglese pin-up, traducibile con “da appendere”. Dagli armadietti delle caserme i calendari giunsero alle officine dei meccanici o dei gommisti e agli automezzi dei camionisti.

Il primo nudo cinematografico lo esibì una grande scienziata

Le ragazze così fotografate risultavano prive di quell’alone di mistero che caratterizzava le “dive” del cinema muto. Ben presto, però, il nudo apparve anche nelle sale cinematografiche. Protagonista l’ex studentessa di ingegneria austriaca Hedy Lamarr. Anche se solo in topless sul davanti ma integrale di dietro. Il film, girato in Cecoslovacchia nel 1932 era “Estasi” del regista Gustav Machaty.

La protagonista dell’evento non aveva nulla della “coniglietta”. Oppositrice del nazismo, negli anni trenta si rifugiò negli Stati Uniti. Qui rispolverò i suoi studi di ingegneria. Ideò prima un sistema di guida a distanza per siluri. Poi mise a disposizione dei servizi segreti un sistema di codifica di informazioni su frequenze radio. Tale sistema fu poi addirittura preso a base della telefonia cellulare e delle reti wireless.

Per il primo seno nudo cinematografico In Italia bisognerà attendere il 1942. Protagonista: Clara Calamai in “La cena delle beffe”, di Alessandro Blasetti. Il film dove Amedeo Nazzari pronuncia la famosa frase: «E chi non beve con me, peste lo colga!».

In Italia le pin-up si chiamavano ‘Signorine Grandi firme’

Un fenomeno simile a quello delle pin-up americane si verificò anche da noi, tra il 1937 e il 1938. Stiamo parlando delle copertine del periodico “Le Grandi firme”, disegnate da Gino Boccasile. Le procaci ragazze in abiti succinti e attillati che animavano le copertine del periodico furono subito denominate: “Signorine Grandi Firme”. Ben presto però il regime fascista bollò di disfattismo la rivista e ne impose la chiusura.

Negli Stati Uniti, invece, esplose in quegli anni la popolarità di Betty Grable. Il suo poster era onnipresente negli armadietti dei soldati USA durante la seconda guerra mondiale. Per ragioni pratiche le ragazze iniziarono ad indossare pantaloncini sportivi, attirando l’attenzione sulle gambe come mai prima. L’immagine della donna divenne più popolare e mascolina ma al tempo stesso ancora più stimolante.

Tra gli illustratori crebbe la fama di Alberto Vargas, di origine peruviana. Nove milioni di copie della rivista disegnata da lui furono inviate alle truppe americane di stanza all’estero e nelle basi nazionali. Gli aviatori dipinsero le ragazze di Vargas sul davanti di molti bombardieri e aerei da combattimento. In generale, erano considerate come portatrici di buona fortuna.

Pin-up e Playboy

L’esplosione del fenomeno dell’affissione di poster o calendari femminili nei luoghi di lavoro si ebbe con la nascita di Playboy nel dicembre 1953. Nel paginone centrale del primo numero appariva una giovane Marilyn Monroe in bikini. Andò esaurito in poche settimane. Poi nacquero anche i calendari di Playboy.

Non mancarono, però, polemiche e controversie. Nel 1963 la scrittrice femminista Gloria Steinem denunciò lo sfruttamento del corpo femminile da parte di Playboy. Dopo aver lavorato sotto copertura al “Playboy Club” pubblicò un diario intitolato il “racconto di una coniglietta”. Steinem affermò che il club maltrattava le sue cameriere. Inoltre le costringeva ad operare in «modi piacevoli … per stimolare la vendita di liquori del club». Di parere diverso è invece Maria Elena Buszek, professoressa di Storia dell’Arte.

Secondo Buszek: «Le Pin Up hanno fornito uno dei modelli attraverso i quali le donne sono potute diventare icone della femminilità contemporanea. Attraverso questo genere di immagini le donne si rappresentavano … in maniera trasgressiva attraverso la consapevolezza del proprio potenziale sensuale. Sia a livello personale che a livello politico».

Le Pin-up del calendario Pirelli e non solo

La diffusione dei calendari erotici nelle officine meccaniche e tra i camionisti stimolò l’azienda produttrice di pneumatici Pirelli a pubblicare un proprio calendario. Nel 1963 nacque così il calendario Pirelli, senza fini commerciali e a tiratura limitata. Solo un numero limitato di importanti clienti e di VIP ricevono gratuitamente il calendario. Ma si tratta di un prodotto particolare, caratterizzato da immagini di fascino e di nudi artistici.

Essere richiesti per il calendario Pirelli è diventato un segno di distinzione per i fotografi incaricati. Stessa aspirazione è condivisa dalle varie top model, attrici, cantanti e personalità internazionali. Incluse personalità maschili. Negli anni, le modelle maggiormente presenti sono state Isabeli Fontana (8 volte), Natalja Vodjanova (5) e Naomi Campbell (4).

Negli anni settanta apparve anche in Italia il calendario di Playboy. Ad esso si affiancò subito quello di Playmen o altri calendari-gadget. Divennero un importante mezzo pubblicitario, soprattutto per personaggi dello spettacolo emergenti. Ma anche tra i già affermati, che tentavano il rilancio in fasi statiche della loro carriera. Uno dei casi più significativi fu quello di Valeria Marini realizzato per l’azienda petrolifera IP nel 1995. Andò esaurito in oltre un milione di copie. L’anno dopo ne fu commissionato un altro a Helmuth Newton con la stessa modella. Raggiunse la tiratura record di tre milioni di copie.

Foto di Sharna Lee da Pixabay

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