L’estetica avant-garde di Melitta Baumeister

Melitta Baumeister

Contemplare le creazioni di Melitta Baumeister è una pratica che avvicina i sensi al mondo dell’arte. Che si tratta di moda arriva subito dopo, quando mantenendo il carattere di una retrospettiva, ogni collezione racconta la passione per i volumi esasperati e quelle forme irrealistiche che la designer tedesca rielabora con convinzione, partendo da tecniche sperimentali e materiali che sono perlopiù rigidi, e non proprio considerati indossabili.

Cresciuta in una famiglia di sarti, realizza bozzetti e abiti fin da bambina. L’eponimo brand, fondato nel 2013, con l’aiuto del visual artist Paul Jung, ha sede a New York, dove Melitta, dopo uno stage da Viktor & Rolf e un prestigioso master in Fashion Design alla Parsons, presenta la prima linea, guadagnandosi subito l’attenzione del multi-brand retailer ideato da Rei Kawakubo, Dover Street Market. Tre anni più tardi, nel 2016, è già tra i semifinalisti del Premio LVMH

“Sono interessata alla magia e ai nuovi modi di creare forme comuni” dice in un’intervista, seguendo la consapevolezza di una visione concettuale per la materia e le sue forme, che spesso però, si rivela troppo radicale da perseguire sulla strada della fattibilità commerciale. Ma ne vale della sua identità stilistica, dettata da un forte senso di esplorazione.

Il surrealismo e l’approccio sperimentale di Melitta Baumeister 

Con solo due linee l’anno, Melitta Baumeister evita la passerella tradizionale, prediligendo l’atmosfera statica del look book, dove la fruizione è più calma e i rapporti sono più diretti. Spesso la scenografia mantiene i toni asettici del bianco, salvo qualche eccezione in grigio e in nero; quest’ultimo, in particolare, per esigenza materica, ossia quella di lasciare in primo piano i contrasti del Tyvek – tela bianca sintetica brevettata dalla DuPont, dalla texture simile alla carta increspata -, con cui la designer realizza cropped pants e abiti dalla linea a ruota (Fall 2015), esibendo una certa padronanza con il materiale che, alternato al velluto nero, a sua volta ne evidenza i volumi, dietro un cromatismo monocorde e il classico gioco di luci e ombre.

Melitta Baumeister

Facendo dell’esplorazione delle forme rigide e quasi sospese, il suo vocabolario stilistico, Melitta Baumeister si lascia pervadere da una corrente sotterranea misteriosa, e la visione minimalista che caratterizza le sue creazioni si colora spesso di folclore e incertezza. Ma ci sono punti fermi: il vinile lucido, protagonista fin dagli esordi, diventa tratto distintivo del suo fare, e nella costruzione di pezzi dal design pulito, la creativa sembra conoscerne tutti segreti per arrivare a manipolarlo come fosse un semplice tessile. Il capospalla bianco e lattiginoso, infatti, non è il massimo in termini di praticità (Fall 2016) ma incalza quell’idea di surrealismo che ritorna anche nelle bretelle, adagiate come imbrago sulla tunica a manica extra lunga. Oppure nella combinazione di rete e nylon per gilet e gonne prorompenti. Un’idea che sottende il linguaggio visivo del brand, dove un approccio più vicino alla costruzione di capi più confortevoli non è decisamente tra le corde della Baumeisteir, pronta a sperimentare anche nuovi sistemi di incollaggio a caldo, considerando che, il più delle volte, si stratta di una cucitura che non predilige il tradizionale utilizzo di ago e filo.

Nonostante il design scultoreo, l’approccio sperimentale e i materiali non proprio di matrice tessile, qualche volta lo stile si allontana dalla drammaticità scenica che pervade le silhouette, e le collezioni mostrano una sorta di evoluzione, con la presenza di capi più morbidi e meno rigorosi. L’ultizzo del polar fleece, ad esempio, (materiale sintetico che garantisce massima protezione termica) dietro la maestria di Melitta appare cool e contemporaneo (Fall 2017). La classica – e anti-fashion – felpa da gita in montagna con cerniera, diventa più urbana, tramutandosi in abito, in trench, in gilet, e infine anche in un comodo blazer con spalline imbottite, mentre l’idea di corpo rigido e sospeso, è mantenuta dall’effetto trapunta e dai maxi sciarponi infiocchettati intorno al collo.

Il lockdown e l’ironia di Melitta Baumeister 

Con un corner al Dover Street Market, nella sede di New York, di Los Angeles e più recente anche a Ginza, Tokyo, la sua estetica è associata al fenomeno avant-garde, e gravita intorno una femminilità austera, dove i non colori per eccellenza – bianco e nero – sono quelli predominati. Qualche pezzo in camouflage multicolor, in ricordo di una vegetazione astratta, e poi il blu elettrico di alcuni capi trapuntati, si alternano nella Fall 2020. La linea divide la scena con strumenti per il bricolage, riviste, martelli e mascherine antigas, quasi anticipando l’amaro realismo di Domestic Surreal, la Spring 21 concepita in pieno lockdown. La designer, prendendosi gioco di una vita improvvisamente relegata tra le mura domestiche, realizza la borsa banana, in versione clutch e marsupio, insieme ad altri elementi ironici che “in sostanza aiutano le clienti a rimanere sane di mente”.

Melitta Baumeister

Dopo l’avvicinamento quasi forzato a modelli vestimentari più confortevoli, il tempo di prendere confidenza con il confinamento offre lo spunto alla Baumeister di calcare sull’ironia. Sognando di evadere dalla quotidianità e dal cemento, Melitta tramuta le venature del legno in stampa, dietro l’afflato poetico di immaginare il corpo che diventa parte dell’arredamento (Fall 21). Così il surrealismo del momento tinge di humour l’incertezza, alimentato dalla sua simpatica e martellante domanda: “Chi non è diventato tutt’uno con una sedia o un divano durante questi giorni di lavoro da casa?”.

Melitta Baumeister

L’utilizzo del vero compensato ha qualcosa di mirabolante per la Fall 23, che invece prende ispirazione dalla natura più estrema: il Tour Divide, una gara estenuante in mountain bike a cui partecipa il compagno della designer. Un focolare, una preda a penzoloni, un sacco a pelo, un fornello elettrico sono solo prolungamenti di uno stucchevole istinto di sopravvivenza che Baumeister ripulisce da ogni tipo di sventura, grazie al surrealismo di abiti e completi dai bordi ad anello, e all’impronta urbana e funzionale dei capi più tecnici realizzati in nylon. Il senso di una condizione estrema è solo rappresentato, visto dall’esterno. A rievocare la natura, la trama a corteccia e i look teddy bear mantengono la solita ironia insieme all’equilibrio di una linea che dissolve il confine tra il grigiore cittadino e la magica imprevedibilità della montagna. 

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