L’artista della settimana: T come Luigi Tenco

luigi-tenco1Luigi Tenco è un personaggio di cui si è parlato moltissimo. Troppo poco, purtroppo, della sua musica e dei suoi successi.

Nativo di Alessandria, ma Genovese di adozione (vive lì dall’età di 10 anni), comincia a suonare il clarinetto durante il liceo con formazioni jazz e frequenta amici come Bruno Lauzi, Gino Paoli (che diventerà in seguito un suo <<rivale>>), Umberto Bindi e Fabrizio De Andrè.

La sua avventura musicale comincia con uno pseudonimo (quello di Gordon Cliff) con il quale nel ’62, canta ed incide la versione inglese di “Parlami d’amore Mariù”, ma anche “Mai” e “Mi chiedi solo amore”.

La band che lo accompagna si chiama <<I Cavalieri>> e tra i protagonisti spiccano Enzo Jannacci e Franco Reverberi.

Fin da subito Tenco non ha una vita artisticamente facile.

La Rai censura spesso i suoi pezzi, mettendo al bando brani come “Io sì” per una frase in cui si allude (forse) al sesso e al tradimento: << Io sì ti avrei insegnato qualcosa dell’amore che per lui è peccato …>>.

Leggerla oggi ed immaginarla censurata fa quasi rabbrividire.

La stessa sorte tocca a “Cara maestra”, dove Tenco evidenzia come né a scuola, né in chiesa gli uomini siano uguali.

Ma Tenco è anche il padre di uno degli incipit più famosi [ancora oggi] della musica italiana: <<Mi sono innamorato di te perché non avevo niente da fare …>>.

Leggendario!

49756-1La vita musicale di Tenco, dicevo, è tutt’altro che semplice.

Le sue canzoni (e lui con loro) faticano a trovare spazio e spesso case discografiche e produttori decidono di escludere dagli album pezzi a rischio di censura Rai, che escono solo come singoli o non escono proprio.

Qualcuno però lo nota per il suo anticonformismo: il regista Luciano Salce gli offre addirittura una parte nel film <<La cuccagna>>.

Musicalmente vicino a Dylan, dello stesso invidia soprattutto la maggiore apertura dell’America rispetto all’Italia del periodo.

Malinconico e meraviglioso al tempo stesso, basti pensare a “Ragazzo mio” (versione italiana di “The time they are changing”) e soprattutto “Vedrai vedrai”, brano dedicato alla mamma.

Il 1966 è forse l’anno delle maggiori soddisfazioni.

Il suo “Tenco” (3° album pubblicato) è forse il più completo del suo repertorio e quello che, probabilmente, lo descrive al meglio.

Ma, soprattutto, è l’anno delle maggiori attenzioni (finalmente) ricevute dal pubblico.

In altre parole Tenco inizia ad essere notato e l’attenzione si riversa in specialmodo sulle sue canzoni che superano, senza dubbio, gli standard sanremesi.

Il suo stile è nuovo, diverso, non conforme e spazia tra il beat anglosassone (“Io sono uno”) e gli chansonnier francesi (“Un giorno dopo l’altro”).

Quest’ultima canzone diviene inoltre sigla del celebre telefilm <<Il commissario Maigret>>.

Poi succede l’inverosimile; il fattaccio.

Tenco decide di partecipare al Festival di Sanremo del 1967 e già questa, di per sé, è una notizia.

Già perché nessuno se l’aspettava e Tenco, con questa decisione, conferma il suo anticonformismo spiazzando tutti.

tencodalidaMa c’è dell’altro. Presenta la canzone “Ciao amore ciao” in coppia con la cantante francese Dalida. C’è chi maligna di una mera strategia di marketing della RCA, chi pensa all’estremo tentativo del

cantante di raggiungere l’agognato successo finora mai del tutto raggiunto.

Di certo questa canzone non piace, al punto da venire esclusa sia dalla commissione di esperti (!!!), che dal voto popolare (!!!).

L’epilogo è noto.

Tenco non regge la forte delusione e nella notte tra il 26 ed il 27 gennaio del 1967 si toglie la vita con un colpo di pistola in una stanza dell’Hotel Savoy.

La pasticciata inchiesta che ne segue non farà mai pienamente luce sull’accaduto.

E così la breve e controversa parabola di uno dei cantautori più fraintesi ed innovativi degli anni ’60, si chiude mestamente in questo modo.

Luigi Tenco ci lascia un meraviglioso ritratto della società italiana di quel periodo con brani che allo stesso tempo sono prosa, poesia ed intramontabili affreschi.

“Quando”, “Una vita inutile”, “In qualche parte del mondo”, “Ti ricorderai”, “I miei giorni perduti”, “Se qualcuno ti dirà”, “Come mi vedono gli altri”, “Lontano lontano”, “E se ci diranno”,

oltre alle già citate “Vedrai vedrai” e “Mi sono innamorato di te”, sono solo alcune perle di una storia breve, ma evidentemente unica.

di Riccardo Fiori

 

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