La vita di Sir Alex Ferguson un grande del calcio

ferguson e giggsEsce anche in Italia “La mia vita”, l’autobiografia dell’allenatore manager scozzese indissolubilmente legato al Manchester United, che ha guidato per 27 anni fino al maggio scorso. La sua ultima partita da manager del Manchester United, il 19 maggio del 2013, è stato un pirotecnico 5-5 con il West Bromwich.  

La decisione di lasciare Sir Alex Ferguson l’aveva presa sei mesi prima per due ragioni fondamentali: perché la sorella della moglie Cathy, Bridget, si era ammalata gravemente e perché aveva appena perso la Premier all’ultima giornata e “non ce la farei a sopportarlo di nuovo”.  Al suo posto sarebbe arrivato David Moyes dall’Everton. E’ la storia di una figura granitica del mondo del calcio, una di quelle figure di cui si continuerà a parlare negli anni a venire.

Sir Alex Ferguson ha avuto una carriera lunga il cui ruolo non è stato semplicemente quello di mettere una squadra in campo, di allenare, ma dal suo racconto ci si rende conto come lui sia stato qualcosa in più, padre, factotum, simbolo, psicologo, amico, tattico, talent scout e manager. Tra queste pagine il calcio, è un viaggio nel mondo del calcio inglese, con il  Manchester United, l’Old Trafford, la Stretford End, i 38 trofei in 27 anni, i Cantona, i Beckham, i Giggs, l’intera classe del ’92, i Ronaldo, i Rooney.

Ferguson era un ragazzo qualunque, proveniente dalla periferia di Glasgow, con la dignitosa povertà di un ambiente unito, pieno però di entusiasmo e di illusioni. Siamo all’inizio degli anni Cinquanta, quando il giovane Alex, cresciuto in un mondo in cui i valori erano “il duro lavoro, la frugalità e una timorata lealtà alla famiglia”, comincia a verificare che forse la sua vita ha un futuro nel calcio. La giovinezza, è passata ad aiutare la famiglia nella gestione di un pub, le risse di strada, i contratti  per sei sterline a settimana, poi l’Aberdeen che lo strappa al commercio della birra, fino l’arrivo all’Old Trafford.

Una scommessa continua, per arrivare a poter costruire qualcosa che avesse come lui stesso dice  “la sua impronta”. Un sogno che si avvera soltanto con la conquista dell’Fa Cup nel ’90, mentre era a un passo dal licenziamento per mancanza di risultati. Poi la Champions League e tante altre vittorie.  Della “gestione dello spogliatoio”, termine tanto in voga nelle cronache sportive italiane  Sir Alex dice “Nel mio lavoro la cosa più importante è il controllo: se  minacciano il tuo controllo e devi liberarti di loro. I giocatori amano i tecnici duri”.

Ancora “una squadra di calcio è come una famiglia. Talvolta le persone vanno via. Nel calcio alcuni devono andarsene, a volte vuoi che se ne vadano, a volte non decide nessuno dei due, ci si mettono in mezzo gli infortuni o l’età”.  La descrizione di tanti grandi campioni, delle loro crescite sportive, dei limiti tecnici, ma anche delle loro paure, ci mostra come una squadra di livello, debba  avere una organizzazione perfetta, che parta dai vivai, passando per gli osservatori, per arrivare ad avere capacità decisionali, immediate con la consapevolezza però che nelle scelte l’imprevedibile è sempre dietro l’angolo, e un giudizio negativo può rivelarsi sbagliato come anche quello positivo.

L’importante è saper decidere di conseguenza assumendosi le proprie responsabilità.   Traspare dietro il ruolo di Sir Alex, una perfetta organizzazione, un team di collaboratori, esperti e preparati, ma anche amici. Sir Alex li cita continuamente dimostrando che senza di loro certi risultati non si sarebbero ottenuti. Forse la lettura del libro non è fluente, dando l’impressione che le cinquecento pagine potevano esser molte di più.  alex-ferguson

Per ringraziarlo, salutarlo e forse, come dice Giggs, “anche per cercare di fermare il tempo”, i “ragazzi ” gli hanno regalato un Rolex del ’41 con le lancette posizionate sulle 15.03. L’ora in cui nacque, il 31 dicembre di quell’anno, Alexander Chapman Ferguson, il barista laburista diventato baronetto.

Gianfranco Marullo 

foto: it.eurosport.yahoo.com

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