La morte di Serena Mollicone. Il mistero di Arce

serenamolliconeEra il primo giugno del 2001, quando Serena Mollicone, 18 anni, esce presto di casa deve andare all’ospedale dell’Isola del Liri per sottoporsi ad una ortopanoramica. Poi doveva rientrare ad Arce, il suo paese, andare a scuola, per concludere la sua tesina della maturità.

Da questo momento della ragazza non vi è più traccia. Qualche testimone dirà in seguito di averla vista in giro per il paese, qualcuno addirittura che rientrava a casa verso le 13.30.

Iniziano le ricerche in tutta la zona, partecipano anche i Volontari della Protezione civile. Saranno proprio loro, due giorni dopo il 3 giugno, a trovare il corpo di Serena. Era in una radura di Fontecupa, frazione di Anitrella, pochi chilometri da Arce.

Il corpo è tra la sterpaglia, la testa è infilata in una busta, braccia e le gambe sono legate con nastro adesivo (da carrozziere si dirà poi) e filo metallico. Nei pressi del verranno ritrovati i suoi quaderni.

E qui un primo mistero, i carabinieri dicono di aver perlustrato la zona e di non aver visto il corpo, i volontari dicono di averlo trovato immediatamente. Qualcuno lo ha deposto tra i due interventi?

Ancora non siamo nell’epoca del DNA, anche se verranno eseguite analisi di entomologia forense per stabilire se le larve presenti sul cadavere, che potevano dare una idea più precisa non tanto della morte quanto il momento in cui il corpo di Serena era stato deposto nell’area.

Si stabilirà che la ragazza è morta il giorno della scomparsa, forse la stessa mattina, ma il corpo potrebbe essere stato gettato nella radura solo il giorno dopo. Quindi? Chi è stato ma soprattutto dove ha tenuto il corpo in quelle ore e perchè?

Secondo gli investigatori, Serena sarebbe stata tramortita con un colpo alla testa e quindi trasportata nel bosco così legata ma ancora viva. Sul corpo non vengono trovati segni di violenza sessuale, né di colluttazione. Il medico legale stabilirà che la causa della morte è dovuta ad asfissia: ad ucciderla, seppur ferita sarebbe stato il sacchetto di plastica che le ricopriva la testa.

Il movente?. Una attenzione di qualcuno verso Serena non corrisposta? Oppure qualcuno che ha dato un passaggio in macchina a Serena e poi ha tentato della avances che lei avrebbe rifiutato, scatenando l’ira dell’aggressore?.

Ma c’è un altro aspetto della vicenda da non trascurare . Serena era contraria all’uso degli stupefacenti e ne aveva fatto una battaglia personale. Forse qualcuno infastidito l’ha voluta punire?. Quest’ultima ipotesi sembra essere più realistica, visto che nei paesi della zona anche sembra esserci un fiorente traffico di stupefacenti, gestito da alcuni ragazzi del luogo, ma anche da qualche affiliato alla camorra.

C’è poi il mistero del cellulare di Serena: la ragazza avrebbe dovuto averlo con sé, ma dopo il funerale Guglielmo Mollicone lo trova in un cassetto che era stato già controllato dai Carabinieri. Il telefonino è privo di impronte digitali, tranne quelle di Mollicone Nello stesso cassetto, dieci giorni dopo ancora, viene trovata una piccola quantità hashish sicuramente non appartenente a Serena. Chi ce l’ha messa?

Il 6 febbraio del 2003 viene arrestato un carrozziere della zona tale Carmine Belli. Il suo alibi è contraddittorio, è in possesso di un nastro adesivo simile a quello con cui era stata avvolta Serena, ma soprattutto a decidere gli inquirenti, viene trovato nella sua officina una parte di un biglietto che potrebbe esser quello dell’appuntamento di Serena con il dentista.

Ma al processo Carmine Belli viene assolto, così in Appello ed in Cassazione. Le prove dell’accusa non reggono e il Belli dopo 17 mesi di carcere esce assolto definitivamente.

Tutto sembra fermarsi si lavora sulle vecchie ipotesi, si cercano nuovi testimoni, si convocano per comparare il DNA, trovato sulla scena del crimine, persone “sospette” vicine a Serena, ma anche questo tentativo va a vuoto. Il DNA non è dei sospettati.

C’è un fatto però che riapre le indagini. Nel 2008 il brigadiere dei carabinieri che indagava sul caso si toglie la vita. Santino Tuzi, viene trovato morto nella sua macchina colpito da un colpo di pistola al cuore.  

Gli inquirenti sono convinti che sia un suicidio per motivi sentimentali, e quindi il caso viene archiviato. Però gli amici e la famiglia del brigadiere non accettano questa versione anzi negano che il Tuzi avesse problemi tali da portarlo al suicidio. Chiedono addirittura la riesumazione della salma.

E allora? Si fa strada l’ipotesi che la morte del brigadiere potrebbe essere collegata al caso di Serena Mollicone.

Due giorni prima della sua morte, Tuzi era stato ascoltato in Procura, e in quell’occasione aveva dichiarato ai magistrati che, il giorno della scomparsa, Serena Mollicone si era recata alla caserma dei carabinieri.

Tuzi era di guardia, racconta, e che alle 11,30 risponde al citofono della caserma. Secondo lui era Serena Mollicone. Dopo aver ricevuto l’autorizzazione la fa entrare. A dare l’autorizzazione secondo Tuzi è qualcuno che si trova nell’appartamento privato del comandante della stazione dei Carabinieri di Arce, il maresciallo Franco Mottola.

Se è vera la deposizione di Tuzi, allora Serena, prima di sparire, è entrata in quella caserma. Perché vuole parlare con il maresciallo? ma soprattutto cosa succede dopo?

di Gianfranco Marullo

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