Il fuoco dell’amore vuole scuoterci dalla neutralità, dall’indifferenza e vincere ogni nostra freddezza e distanza

madre-anziana-figlia-adultaLa prima lettura (Ger 38,4-10) narra l’evento più drammatico della vita del profeta Geremia e di Gerusalemme. La città è occupata dai babilonesi e il profeta accusato di essere alleato con i nemici è condannato a morte. Come Geremia, anche Gesù fu accusato di essere un sobillatore del popolo e un alleato di Roma.

Il nostro profeta ci dice chiaramente quanto debba soffrire chi vuol essere fedele a Dio; egli è consapevole di tale sofferenza ma vuole rimanere fedele fino alla fine. In seguito, grazie all’intervento di uno straniero, Geremia è tirato fuori da una cisterna nella quale sarebbe morto ed è tratto in salvo, immagine questa, della risurrezione di Gesù.

Nel Vangelo di questa domenica (Lc 12, 49-53), il Maestro, come un altro Geremia, descrive la sua difficile missione attraverso una serie di detti, non tutti di facile comprensione. Egli afferma: “Sono venuto a portare fuoco sulla terra”. Questa espressione misteriosa attira ogni volta la nostra attenzione e richiede di essere ben compresa. Noi sappiamo che il Vangelo è latore di un singolare messaggio di pace; Gesù stesso, come scrive Paolo, “è la nostra pace” (Ef 2,14), morto e risorto per distruggere l’inimicizia ed inaugurare così il Regno di Dio che è amore, gioia e pace.

Allora, a che cosa si riferisce Gesù quando afferma di essere venuto nel mondo a portare la “divisione” – secondo il Vangelo di Luca – o la “spada” – secondo quello di Matteo (Mt 10,34)? Ciò significa che la pace di Gesù non è assenza di conflitti ma è una lotta perenne contro il male. La guerra di Gesù non è dichiarata contro gli uomini o il potere umano, ma è contro Satana. Perciò, chi vuole combattere con Gesù deve affrontare necessariamente incomprensioni e persecuzioni, diventando a volte segno di divisione anche all’interno delle famiglie.

L’amore per i genitori, infatti, è un comandamento sacro, ma per essere vissuto in pienezza non può mai essere anteposto all’amore di Dio. In tal modo, sulle orme di Gesù, i cristiani diventano veri facitori della sua pace, non di una pace apparente ma reale, perseguita con coraggio e tenacia nel quotidiano impegno di vincere il male con il bene (cfr Rm 12,21) e pagando di persona il prezzo che questa battaglia comporta.

La presenza di Gesù sulla terra, inoltre, è come un grande fuoco acceso lungo un campo secco che si propaga sempre di più. Ma cos’è questo fuoco menzionato nel Vangelo? Nell’AT e nella parola dei profeti esso richiama il giudizio di Dio che come un fuoco ardente “purifica, distrugge e divide i buoni dai cattivi”. Tale immagine, evoca per Luca il fuoco dello Spirito Santo che Gesù risorto comunicherà ai discepoli nel Cenacolo di Gerusalemme a Pentecoste.

Tuttavia, la missione di Gesù potrà compiersi soltanto attraverso l’evento della croce. Egli afferma: “C’è un battesimo che devo ricevere. Il verbo greco utilizzato significa “immersione nell’acqua”. Gesù è consapevole che il disegno stabilito dal Padre gli intima di passare attraverso le onde della sofferenza e della morte. Ma la morte di Gesù non sarà vana, essa sarà accompagnata dalla risurrezione, attraverso la quale lo Spirito Santo diffonderà in ogni cuore il fuoco dell’amore. Questo fuoco vuole scuoterci dalla neutralità, dall’indifferenza e vincere ogni nostra freddezza e distanza. Il Signore desidera incontrarci e purtroppo, proprio a causa di questo incontro nascono divisioni e discordie: c’è chi lo accoglie e c’è chi lo rifiuta!

Certamente Gesù è venuto a portare la pace e l’unità tra gli uomini e, quindi, è solo il nostro peccato la causa di ogni divisione, non Gesù. Egli ci invita alla conversione e chiama ogni uomo a decidersi per Lui. A tal proposito, approfitta di quest’occasione per rivolgere ai suoi interlocutori una denuncia pesante: “Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?” Infatti, come molti di noi, anche gli abitanti della Palestina sapevano interpretare i fenomeni metereologici e, quindi, prevedere il tempo.

Costoro, invece, non vogliono riconoscere la singolare opportunità che Dio offre loro: accogliere Gesù e in Lui Dio stesso che si dona come Padre e Amico. Essi, in sintesi, non vogliono convertirsi, come tanti di noi. Costatiamo come a causa dei diffusissimi mezzi di comunicazione sociale anche noi spesso perdiamo la capacità di discernere: non distinguiamo più ciò che è giusto e lecito da ciò che non lo è, il necessario dal superfluo, l’apparenza dalla realtà, il vero dal falso, il bene dal male. E questo accade perché scegliere per il bene proprio ed altrui costa fatica. Soprattutto, costa affidarci a Gesù, perché solo Lui diventi il cardine e il metro del nostro agire.

Allora come convertirci? Dobbiamo imparare ad accogliere il fuoco dell’amore perché divampi continuamente nella nostra vita.

Ma ci viene in aiuto anche la seconda lettura (Eb 12, 1-4): l’autore della lettera agli Ebrei incoraggia la comunità cristiana a restare fedele a Cristo. Ci viene consegnata un’immagine insolita ma tipica dell’epoca: uno stadio dove si svolge una gara. Sulla gradinata sono presenti i grandi campioni della fede che assistono alla sfida come spettatori; essi sono Abele, Abramo, Sara, Mosè e i profeti, ma anche i nostri Santi; gli atleti in gara, invece, sono tutti i cristiani, siamo noi. La nostra – ci dice questo brano – è una lotta contro il peccato. Chi corre deve tenere lo sguardo fisso solo verso la meta, che è Gesù, colui che ci ha preceduti nella corsa. Guardando a Lui, troviamo la forza di non ritirarci dalla corsa e di ritrovare nuova forza e rinnovato slancio. La Vergine Maria ha condiviso fino alla fine questa gara della fede. Invochiamo la sua intercessione perché ci aiuti ad essere sempre atleti autentici di Cristo, mai scendendo a compromessi con il male.

di Fra’ Frisina  

foto: vanityfair.it

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