Gli scavi sommersi

73303_586311831396630_145829540_nGli scavi di Sibari, in Calabria, sono una delle testimonianze più importanti della Magna Grecia, sullo stesso sito, con scavi succedutisi per molti anni, sono stati portati alla luce resti risalenti a tre epoche differenti e quindi a tre diverse città: la colonia arcaica risalente circa al 720 a.C., la colonia panellenica di Thurii (443 a.C.), e il successivo impianto romano di Copia (193 a. C.).

Oggi gli scavi si trovano sommersi sotto duecentomila metri cubi di acqua che vengono inghiottiti dalle idrovore al ritmo di 18 mila metri cubi al minuto.

Sotto l’acqua e il fango sono finiti un secolo di scavi e ricerche e almeno 25 secoli di storia. Il Parco del Cavallo, il teatro, l’impianto termale, tutto quello che con duro lavoro era stato portato alla luce dagli archeologi è stato spazzato via.

 Avvenne già nel 510 a.C. che Sibari venisse sepolta dalle acque, ma stavolta non sono stati gli abitanti di Kroton a deviare il corso del fiume Crati, bensì la Provincia che per lunghissimo tempo ha rimandato la progettazione degli interventi, e l’incuria delle autorità che hanno permesso che sulle sue sponde, in terreni demaniali, sorgessero agrumeti che ne hanno favorito l’esondazione.

Sibari da sempre è zona acquitrinosa e soggetta al fenomeno della subsidenza, ovvero un abbassamento del terreno di circa tre millimetri all’anno. E l’allarme era stato lanciato dalla Soprintendente Silvana Luppino già nel 2010, quando si iniziava a parlare di un aereoporto a Sibari ed aveva affermato: «Si rischia sempre l’inondazione dell’area dove ci sono gli scavi. La prima cosa che chiediamo è la manutenzione dei canali di bonifica perché questa situazione provoca rischi imminenti».

Ora potrebbe essere troppo tardi.

di Claudia Durantini

foto: facebook.com

1 risposta

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.