Gli elettori europei scommettono sull’Europa unita. Per quanto ancora?

Unione EuropeaL’avanzata dell’euroscetticismo e dei partiti xenofobi, a leggere i sondaggi e le esternazioni contenute nei social network, nell’ultimo anno, sembrava inarrestabile. Il top del consenso, nelle elezioni politiche degli Stati europei, era stato ottenuto con la “conquista della Grecia” da parte di Alexis Tsipras, leader del partito euroscettico greco Syriza. Poi, però, il neo capo del governo greco ha costretto alle dimissoni il “falco” Varoufakīs ed è dovuto scendere a patti con l’eurogruppo, che gli ha tolto tutt’insieme il suo scetticismo.

 Nell’ultimo anno, gli euroxenofobi sono stati a un passo dalla clamorosa affermazione in altri e più importanti Stati dell’UE ma, al momento decisivo, è mancato loro quel quid necessario per avviare in qualche modo un eventuale processo di dissolvimento dell’Unione.

Francia

Al primo turno delle regionali francesi, nel dicembre scorso, il Fronte Nationale di Marine Le Pen, antieuropeista, anti-euro e anti NATO si è aggiudicato la palma di primo partito di Francia, con una netta affermazione in Provenza e nelle regioni industriali del nord del paese. Poi, però, al turno di ballottaggio, i partiti tradizionali hanno fatto quadrato, con il risultato che FN non è riuscito ad aggiudicarsi la Presidenza di nessuna regione.

Spagna

Quasi contemporaneamente, in Spagna, nelle elezioni politiche generali, il partito euroscettico Podemos, di Pablo Iglesias, è passato dall’8% dell’anno precedente al 21% dei voti popolari, risultando l’ago della bilancia per la formazione di una maggioranza di governo. Nonostante ciò, Iglesias non è stato in grado di stringere nessun accordo costruttivo con i due partiti tradizionali (Popolari e socialisti), con il risultato che la formazione del prossimo governo spagnolo è attualmente rimandata a nuove elezioni dove, probabilmente, molti elettori che hanno votato Podemos finiranno per astenersi.

Germania

In marzo, in Germania, si è votato per i parlamenti regionali di tre länder, di diverso peso economico e tradizione politica. Qui si è registrata una forte avanzata della destra xenofoba e neo-nazista ma, ai fini dell’attribuzione di seggi e presidenze regionali, la cancelliera Merkel è riuscita a limitare i danni e i neo-nazisti sono rimasti isolati. Altro campanello di allarme, per l’Unione, in aprile, con il referendum olandese sull’accettazione o meno dell’accordo di associazione tra UE e Ucraina. L’accordo è stato clamorosamente bocciato dagli elettori olandesi ma, passata la buriana alzata dai mass media, si è visto che il voto è stato assolutamente ininfluente sui destini dell’Europa.

Austria

Infine, due settimane dopo, il primo turno delle elezioni presidenziali austriache ha visto il trionfo di Norbert Hofer, candidato del partito dell’estrema destra Fpoe, con il 35% dei voti e la sonora sconfitta, anche qui, di popolari e socialdemocratici. Domenica scorsa, pero, nel turno di ballottaggio con il candidato dei verdi Alexander Van der Bellen, gli elettori hanno decretato la vittoria di quest’ultimo, sia pure per soli 31.000 voti. Gli osservatori hanno considerato questa consultazione come l’ultima chance dell’Europa per evitare di perdere un pezzo dopo l’altro, sino al suo dissolvimento.

Podemos

A questo punto, oltre alle politiche bis di Spagna, dove l’euroscetticismo di Podemos sembra già avviato verso la sua parabola discendente, ci sono all’orizzonte le amministrative italiane, dove si voterà per i sindaci di Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna e di altre grandi città. Non sono elezioni in grado di condizionare la permanenza o meno dell’Italia in Europa ma, anche qui, possono prefigurare scenari critici per i rapporti con le istituzioni continentali.

Italia

Il premier Matteo Renzi, fautore di una linea di protagonismo dell’Italia nell’ambito delle istituzioni, ha già dichiarato che il risultato di queste elezioni sarà ininfluente per le sorti del proprio governo e, di conseguenza, ancor meno in tema di rapporti con l’UE. Le Cassandre, al contrario, immaginano chissà quali situazioni di disgrazia per le sorti dell’ex sindaco di Firenze e di tutta la sua politica pro-UE. In realtà, il Partito Democratico non sembra aver problemi a confermare i propri candidati a Torino e a Bologna; a Napoli, i sondaggi vedono in forte vantaggio l’indipendente De Magistris che, però, essendo il sindaco uscente, la sua eventuale vittoria non darà luogo ad alcun mutamento nei rapporti di forza della terza città d’Italia.

Milano

A Milano, dove il SEL Pisapia ha guidato per cinque anni una giunta di sinistra, si dovrebbe affermare il democratico Sala, con grossa soddisfazione per Matteo Renzi. Gli unici problemi, per il premier, verrebbero, quindi, da Roma, dove, prima del commissariamento, il comune era guidato dal PD Ignazio Marino. Qui il candidato PD Roberto Giachetti sembra indietro, nei sondaggi, alla candidata del M5S Virginia Raggi ma la partita è ancora incerta.

Roma

Mal che vada, per il partito di governo, ciò significherebbe scambiare la poltrona del sindaco di Roma con quella del sindaco di Milano. Renzi, inoltre, potrà sempre sostenere – in caso di sconfitta a Roma – che, in realtà, il sindaco Marino rappresentava una scheggia impazzita nell’ambito del suo partito e di non aver mai controllato veramente l’amministrazione capitolina, tanto da averlo “sfiduciato” per rimettersi al verdetto del voto popolare. Di conseguenza, anche in Italia: nessuna grossa rivoluzione anti-Europa all’orizzonte.

Gran Bretagna

Il vero test, per la tenuta delle istituzioni comunitarie, al contrario, si terrà il prossimo 23 giugno, con il referendum sulla permanenza della Gran Bretagna nell’Unione Europea. In caso di vittoria dei “No”, sarà la prima volta, in sessant’anni, che il numero dei membri dell’Unione avrà un decremento, anche se il Regno Unito non fa parte degli Stati che hanno adottato la moneta unica. L’effetto psicologico è tanto più forte, se si pensa che l’inglese è la lingua ufficiale maggiormente adottata nei rapporti diplomatici tra i membri dell’Unione. Anche qui, però, l’esito è incerto e il leader britannico David Cameron giura che, alla fine, riuscirà ad evitare la “Brexit”. Ai nemici dell’Europa Unita, mancherà anche a Londra quel quid indispensabile per la clamorosa affermazione? E per quante altre volte ancora?

di Federico Bardanzellu

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