Consideriamo il seme della bellezza, della gioia, della luce, dell’amore come Dio stesso

Con la celebrazione di questa domenica ci avviamo pian piano alla conclusione dell’anno liturgico che finora ci ha visti impegnati nella lettura e nella meditazione sul Vangelo di Luca. Questi a differenza degli altri evangelisti (Matteo e Marco) narra il viaggio che Gesù compie per andare a Gerusalemme, luogo della sua morte e della sua risurrezione. Infatti, il brano evangelico proposto in questa domenica ci porta proprio nella città santa, a Gerusalemme, precisamente presso il Tempio, cuore della religiosità ebraica e luogo dove si concentra l’attività di Gesù, il suo messaggio finale, il “discorso escatologico” che analizzeremo meglio nelle prossime domeniche. Nel brano evangelico Luca ci descrive il comportamento dei sacerdoti e degli scribi i quali diffidano dell’insegnamento di Gesù e quindi vorrebbero eliminarlo. Ma sono coscienti che non possono farlo direttamente perché il popolo è letteralmente affascinato e conquistato dalla parola di Gesù. Il brano evangelico che ci viene proposto (Lc 20,27-38) si può paragonare ad una disputa scolastica avviata da diverse filosofie del pensiero ebraico presenti nella comunità cristiana a cui Luca indirizza il suo Vangelo; è chiaramente una disputa sulla risurrezione dai morti, nata da una domanda che alcuni sadducei formulano a Gesù. I sadducei, porzione di popolo generalmente in lotta con i farisei, ma entrambi uniti per far fuori Gesù, credono che non ci sia risurrezione dai morti. Essi danno autorità solo alla Scrittura e rifiutano assolutamente la tradizione orale. Inoltre, portano avanti una precisa teoria: la continuità delle generazioni attraverso la procreazione nel matrimonio, sola via questa, che sulla terra assicura per sempre la sopravvivenza del genere umano. Quindi negano la risurrezione e deridono coloro che la professano. Ed è in questi termini che intendono interpretare la legge del levirato, attribuita a Mosè. Secondo la legge del levirato (levir dal latino significa cognato) una vedova, senza figli, doveva sposarsi con il cognato perché il defunto potesse avere una discendenza. I sadducei sono curiosi; al fine di trovare un capo d’accusa per uccidere Gesù vogliono verificare se Egli si schiererà contro Mosè. Il Maestro interviene e spiega: i figli di questo mondo prendono moglie e marito; ma quelli dell’aldilà e quindi coloro che risorgeranno, non prendono né moglie né marito perché sono uguali agli angeli. In questi termini, Gesù non rimane sul piano polemico dei suoi interlocutori e proprio come ha fatto già altre volte, espone il suo insegnamento con determinata chiarezza, liberandosi facilmente dal tranello preparatoGli. Carissimi, il 2 novembre è appena trascorso; in questa domenica interroghiamoci sulla risurrezione. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà, professiamo ogni domenica. La risurrezione, quella inaugurata da Gesù, è una novità, un nuovo orizzonte di cui solo Lui può parlare perché “Figlio di Dio” e “Primizia di tutti i risorti”; la risurrezione non è la continuità di questo mondo; la vita nuova che da essa scaturisce oltrepassa la vita di questo mondo perché questa nuova vita non è generata né da carne, nè da sangue. E chi è colui che non è generato né da carne né da sangue? S. Giovanni nel Prologo al suo Vangelo attesta che è il Cristo, il Risorto. Gesù parla della risurrezione come vita nuova, vita altra, vita dei figli di Dio. In realtà, non c’è un linguaggio umano e adeguato che possa spiegare questa realtà. È vero, l’uomo nasce in questo mondo ma, da ciò che ci è stato rivelato, possiamo chiaramente capire che l’uomo non si esaurisce in questo mondo. Seguendo Gesù, credendo in lui, l’uomo entra in “quel mondo” che è il mondo di Dio e vi entra già adesso dividendo il suo vissuto tra “il già rivelato e il non ancora svelato”, proiettando la sua vita tra la terra e il cielo, in un continuo tendere verso Dio. Cosa ci dice Gesù? Consideriamo seriamente la realtà di questo mondo come quel terreno nel quale è deposto il seme della bellezza, della gioia, della luce, dell’amore; questo seme è Dio stesso. Entrare in relazione con Lui significa intessere il telaio di una vita che diventa sempre più intensa, fiduciosa, eterna. A proposito di risurrezione, anche la prima lettura di questa domenica, tratta dal secondo libro dei Maccabei, contiene elementi importanti per lo sviluppo della dottrina religiosa ebraica e cristiana. È uno dei pochi testi dell’A.T. dove si presenta esplicitamente la fede nella risurrezione. La seconda lettura invece, vuole rispondere al libro dei Maccabei utilizzando una diversa prospettiva. S. Paolo infatti, rivolge un invito a pregare per la diffusione della parola di Dio che purtroppo non tutti accolgono. Quanti invece, accolgono la parola di Dio saranno capaci di conservarsi costanti nell’amore di Dio, anche in mezzo alle prove. E vorrei concludere con una bellissima preghiera a Maria che molti di voi sicuramente conoscono pure molto bene: Santa Maria, Madre di Dio, conservami un cuore di fanciullo puro e limpido come acqua di sorgente. Ottienimi un cuore semplice che non si ripieghi ad assaporare le proprie tristezze. Ottienimi un cuore magnanimo facile alla compassione. Un cuore fedele e generoso che non dimentichi alcun bene e non serbi rancore per alcun male. Donami un cuore dolce ed umile, che ami senza esigere di essere riamato, contento di scomparire in altri cuori, sacrificandosi davanti al tuo divin Figlio. Dammi un cuore grande ed indomabile, così che nessuna ingratitudine lo possa chiudere e nessuna indifferenza lo possa stancare. Dammi un cuore tormentato dalla gloria di Gesù Cristo, ferito dal Suo Amore, con una piaga che non si rimargini se non in cielo. Amen. (Grandmaison)

Fra Frisina

Foto: www.piuchepuoi.it

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