Colpirne uno per educarne 100. Il terrorismo finanziario e la Grecia

tsipras_jpg_1064807657La crisi economica greca tiene banco ormai da qualche anno. Negli ultimi giorni si è arrivati ad un “redde rationem” ovvero lo scontro finale, che secondo alcuni, sarà talmente forte da distruggere il sistema Euro, trascinando, altri paesi tra cui non può mancare per ovvi motivi l’Italia, ma anche la Francia la Spagna e altri piccoli stati dell’Unione.

E quindi? Siamo di fronte ad una crisi economica di proporzioni colossali? Se il sistema della Grecia va come dicono gli economisti andrà in default, sarà la fine dell’Unione Europea? Sparirà l’Euro? L’avranno vinta quelli contrari alla moneta unica?.

Tutte domande a cui poi nessuno è in grado di dare una risposta chiara e sicura, anche se non esiste almeno nei paesi industrializzati un simile precedente, forse solo in Argentina ma anche in quel caso ci fu una crisi monetaria tra dollaro e peso argentino.

Sinceramente non capiamo la rigidità della politica economica della BCE, verso la Grecia, a meno che dietro la politica cosi dura, si nasconda un piano preciso che, banalizzato con una terminologia di altri tempi usata dai terroristi “colpirne uno per educarne altri cento”.

Il richiamo ci viene spontaneo, perchè, anche se non si è economisti è facile comprendere come lo scontro con la Grecia sia forse soltanto un terrorismo finanziario.

Alcune cifre ci possono dare un idea. La Grecia ha 11 milioni di abitanti, a fronte del quasi 500 milioni dell’Unione Europea, il cui Pil complessivo dell’UE nel 2014 è calcolato 13 920 541 milioni di euro.

Il 72% del totale del debito greco è in mano a Unione Europea (attraverso il fondo Salva Stati a cui ha partecipato anche l’Italia) e Fondo Monetario Internazionale: è chiaro che chi ci perderebbe di più sono le istituzioni europee. Il totale del debito di Atene ammonta ormai alla cifra di 315 miliardi, di cui poco meno di 60 in carico a Fmi e Bce (18,6%), 187,4 in carico ai Paesi dell’Eurozona (59,4%) e 69,2 (il 22%) agli investitori. Il debito greco è pari al 175% del Pil.

Certo sono dati allarmanti, ma in un complesso sistema finanziario come quello dell’Unione la cifra non sembra tale, da dover per forza distruggere un paese e forse tutto il sistema dell’Unione. Viste le cifre ci sembra un accanimento, un debito si può sempre rinegoziare, concedere più tempo, anche perché se salta il sistema è il momento in cui i soldi si perdono veramente.

E allora? Crediamo che lo scontro sia sostanzialmente politico finanziario, ovvero si vuole dare l’esempio, sacrificando il paese più debole, come monito agli altri paesi di allinearsi non più alle esigenze interne della politica economica, e del benessere delle popolazioni, ma invece accettare una politica esclusivamente finanziaria gestita dalle banche, che a quel punto saranno le uniche responsabili dei destini dei Paesi.

La vittoria del referendum, lanciato da Tsipras non è certa, iniziano le critiche al suo operato, ma sia che vinca il no, od il si al piano europeo, le conseguenze saranno comunque dure per la Grecia.

Una cosa comunque è chiara. Anche se il tentativo di Tsipras fallirà, si è registrato dopo anni di silenzio accondiscendente, un tentativo della Politica, quella vera ,di fare sentire la sua voce sull’economia.

Il momento storico è cruciale, non tanto per un problema finanziario, ma per la stabilità politica dell’Unione, che si trova ad affrontare complesse sfide, con giganti come la Cina, gli USA e la Russia, senza dimenticare il tema della totale destabilizzazione politica del medio oriente.

Alla fine a ben vedere è cosi pericolosa la crisi greca? Sinceramente pensiamo di no.

di Gianfranco Marullo

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