Codacons accusa le compagnie di benzina di “pompare” i prezzi

Loghi-partnersUna delle domande più frequenti che ci viene in mente quando andiamo a fare benzina è come mai, in Italia, i prezzi di benzina e gasolio non scendono neppure quando cala la quotazione del petrolio.

Qualcuno avrà esposto il quesito alla Codacons, da cui è partita la denuncia che ha portato all’inchiesta della Guardia di finanza che ne ha spiegato esaustivamente i meccanismi. Le compagnie, tramite transazioni commerciale intercompany chiamate Transfer pricing cedevano e riacquistavano petrolio da imprese consociate allo scopo di ottenere risparmi fiscali e aumentare i prezzi a dismisura. Inoltre speculavano per rialzare il prezzo greggio di loro proprietà.

Secondo le Fiamme Gialle il rialzo dei prezzi “è attribuibile infatti, oltre che ad una crescente domanda di energia dei paesi emergenti, al ruolo rilevante dei fondi di investimento in commodity (materia prime come petrolio, rame, argento, oro) e gli Etf sul petrolio (fondi indicizzati quotati in borsa, in tempo reale, come semplici azioni) che, risultando fortemente influenzati da azioni speculative, da un lato hanno attratto investitori in grado di determinare un aumento del prezzo del petrolio pur restando estranei al suo mercato reale, e dall’altro hanno determinato un intervento speculativo da parte delle compagnie petrolifere attraverso operazioni finanziarie con strumenti di finanza derivata finalizzati al mantenimento di prezzi elevati sui mercati del greggio di loro proprietà ai fini di una definizione conveniente dei prezzi dei carburanti praticati alla pompa.”

Procura e Guardia di Finanza di Varese hanno così chiuso un’indagine che ha preso in esame tutta la filiera del prodotto, dai pozzi di petrolio alle pompe di benzina, in un periodo compreso tra il gennaio 2011 e il marzo 2012. Sono stati analizzati in maniera capillare anche i documenti relativi a iniziative e istruttorie compiute dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato e dal ministero dello Sviluppo Economico

Le compagnie sotto accusa sono: Shell, Tamoil , Eni, Esso, Totalerg, Q8 e Api, che, secondo il gip, avrebbero aumentato e ribassato il prezzo del carburante in maniera fraudolenta, con manovre speculative sulle merci. Adesso l’iniziativa di Codacons, lancia una class action alla quale possono aderire i 34 milioni di automobilisti che negli ultimi cinque anni hanno fatto rifornimento presso i distributori delle compagnie indagate.

Il Codacons spiega che, chi può dimostrare i pagamenti attraverso fatture e ricevute delle carte di credito, e l’utilizzo delle carte fedeltà, “può ora costituirsi parte offesa nel procedimento e avviare l’iter per ottenere un risarcimento in quanto soggetti danneggiati da reato questo perché, una volta dimostrata l’alterazione anomala dei listini e l’esistenza di speculazioni atte a mantenere elevati i prezzi di benzina e gasolio, si potrà chiedere un risarcimento per il danno economico subito”.

Ricordiamo che i prezzi medi del carburante in Italia sono tra i più alti d’Europa, seguiti da quelli di Cipro e Malta, differenza dovuta in parte alla mancata concorrenza a causa della scarsa rete distributiva e al mancato sviluppo dei distributori no logo e del servizio self-service, ma anche e soprattutto perché , secondo le indagini delle Fiamme Gialle, sono state effettuate operazioni di compravendita mirate a mantenere alti i prezzi indipendentemente dalle quotazioni del greggio.

Il gip del tribunale di Varese ha intanto disposto il trasferimento degli atti a Roma e Milano, dove sono le sedi legali delle società.

Le compagnie petrolifere hanno risposto immediatamente alle accuse. L’Up (Unione petrolifera) ha dichiarato “Dal provvedimento del gip di Varese emergerebbero semplici ipotesi investigative. Ne consegue che, allo stato, ogni affermazione in merito alla presunta esistenza di reati accertati è del tutto infondata”.

di Redazione

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