Beni culturali, giusto equilibrio tra valorizzazione e manutenzione

Sono passati 10 giorni dal 6 novembre, quando verso le ore 6 del mattino crolla la Schola Armaturarum Juventus Pompeiana, meglio nota come Casa dei Gladiatori. La Domus, che ai tempi dell’Impero Romano custodiva armi, trofei e ricordi dei guerrieri, è già sopravvissuta alla II guerra mondiale, durante la quale una bomba dei tedeschi distrusse “solo” il tetto. Inizialmente la causa del crollo è stata attribuita alle piogge che, infiltrandosi, avrebbero indebolito la consistenza del terreno cedendo al peso eccessivo del tetto e delle strutture in cemento armato. In realtà la causa è più da attribuire ad una “Incuria terribile” ( per usare le parole del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ) che interessa non solo Pompei, ma buona parte delle opere d’arte italiane. La maggioranza, tra cui i ministri Maria Stella Gelmini ( Istruzione) e Sandro Bondi (Beni Culturali ), ritiene che la colpa dell’accaduto sia da attribuirsi alla incapacità delle sovraintendenze locali di investire bene i fondi che sono stati loro assegnati. Dello stesso parere è il prof Fabrizio Pesando, docente di Antichità Pompeiane ed Ercolanesi all’Università degli studi di Napoli “L’Orientale”: egli ritiene che il vero “peccato” è l’incapacità di individuare le priorità nell’investimento. Pesando spiega che attualmente si tende a privilegiare il marketing dei beni culturali, investendo denaro in manifestazioni e spettacolarizzazioni degli eventi culturali, al solo scopo di ottenere un ritorno economico. Alla manutenzione ordinaria spettano pochi fondi e utilizzati, solitamente, in casi di emergenza. L’opposizione attribuisce il “merito” dell’accaduto al governo che in questi anni non ha dato la dovuta importanza al patrimonio artistico italiano e chiede, a gran voce, le dimissioni del ministro Bondi. Quest’ultimo il 10 novembre, nel discorso tenuto alla Camera dei Deputati, ha ribadito che egli è incolpevole di quanto accaduto, perché i problemi che affliggevano Pompei sono presenti da almeno 10 anni e non sono stati mai risolti; pertanto il ministro invita a non strumentalizzare politicamente l’accaduto.  L’ex sovrintendente di Pompei,  Pietro Giovanni Guzzo,  conferma che effettivamente sono stati dati degli allarmi sulla condizione di alcuni edifici pompeiani fin dal 1997, anno in cui fu realizzato il primo studio sullo stato dei monumenti. Guzzo realizzò una relazione:” Un piano per Pompei”, individuando tre zone a rischio divise in tre tipologie ed indicate con altrettanti colori diversi, secondo le necessità. Guzzo confessa che , nel 1997, la Domus Armaturarum non era stata segnalata come edificio a rischio, ma nel 2006 fu censita tra i casi meno urgenti. Nel corso del tempo la situazione della domus è stata sottovalutata e trascurata, fino agli ultimi eventi. Ad onor del vero bisogna dire che tutelare e preservare le rovine è estremamente costoso, troppo costoso per una sola nazione, ecco perché in questi ultimi giorni è stato proposto di cercare dei sovvenzionamenti ai paesi stranieri, piuttosto che privatizzare gli scavi; la Commissione Europea si è mostrata ben disposta a partecipare alle operazioni di restauro. Tra i favorevoli a questo provvedimento emerge il nome di Vittorio Sgarbi, grande critico d’arte oltre che personaggio pubblico; egli, partendo dall’episodio pompeiano, ha fatto luce su una situazione che interessa tutta l’Italia: il problema principale è che non si realizza più manutenzione, “sono rari i casi di interventi di fissaggio sugli affreschi oppure di  rimozione del guano di piccione su una scultura o ancora di controllo su una tela allentata di una pala d’altare”, oggi si pensa solo a valorizzare e non a tutelare. E affinché le cose funzionino occorre un giusto equilibrio tra valorizzazione e manutenzione, dove la seconda deve prevalere sulla prima.

Rosa Di Matteo

Foto: www.newnotizie.it

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