
L’avvento del cristianesimo nel I secolo ha segnato un punto di svolta nella storia religiosa e sociale dell’antica Roma. Ma con la sua diffusione, sono giunte anche le ombre delle persecuzioni, che hanno costretto i primi seguaci di Cristo a cercare rifugi segreti, come le case romane del Celio e le cripte oscure delle catacombe di Santa Domitilla. Scopriamo qualche luogo segreto
Persecuzioni e fughe sotterranee
Le ragioni delle persecuzioni contro i primi cristiani erano molteplici e complesse. In parte, i “seguaci di Cristo” erano visti come una minaccia per l’ordine sociale esistente, in quanto la loro fede esigeva l’adesione a un’unica divinità, che negava il pantheon degli dei romani e minava l’autorità dell’imperatore come divinità stessa. Inoltre, il rifiuto dei cristiani di partecipare ai riti pagani portava a un’ostilità crescente, alimentata dall’accusa di comportamenti immorali e pratiche sacrileghe.
Le persecuzioni non tardarono ad arrivare e furono particolarmente intense sotto l’imperatore Nerone, che attribuì loro la colpa dell’incendio di Roma del 64 d.C. Ma le violenze continuarono anche sotto altri imperatori, come Domiziano, Traiano, Decio e Diocleziano, con periodi di relativa tolleranza alternati a brutali ondate di persecuzione.
Per sopravvivere a questa violenta marea di odio, i primi cristiani trovarono rifugio nelle profondità della terra. Le catacombe di Santa Domitilla, insieme ad altre cripte sotterranee sparse per Roma, divennero quindi dei luoghi di culto clandestini, luoghi di sepoltura e rifugi sicuri per la comunità cristiana perseguitata. Iniziamo il viaggio…
Tesori sotterranei dell’Antica Roma
Camminando lungo le antiche strade di Roma, tra i fantasmi del passato che ancora permeano l’aria, il nostro viaggio inizia nel cuore dell’antica città: il maestoso Foro Romano.
Una volta epicentro della potenza politica e sociale dell’Impero, il Foro potrebbe sembrare un luogo improbabile per il nascondiglio di una fede proibita. Tra le sue colonne frantumate, le stature degli dei pagani e le colonne delle basiliche imperiali, il Vangelo, con la sua promessa di speranza e redenzione, si diffuse ben presto.
Le lettere di San Paolo testimoniano questo fenomeno, descrivendo come il Vangelo si diffondesse tra persone di ogni classe sociale, inclusi i nobili del palazzo imperiale e gli umili schiavi.
Ma perché il Foro Romano, con la sua aura di potere e grandezza, sarebbe diventato un luogo di adozione così significativo per la fede cristiana? Forse è perché proprio qui, tra le magnifiche colonne e gli archi gloriosi, i primi cristiani hanno trovato un simbolismo potente: la trasformazione del vecchio ordine in qualcosa di nuovo, la caduta delle vecchie divinità pagane e l’ascesa di un’unica fede universale. Ma continuiamo il nostro viaggio…
Case del Celio
È qui che i primi cristiani trovavano rifugio, riuniti nelle domus ecclesiae (chiese domestiche) per celebrare la loro fede in clandestinità, lontano dagli occhi vigili delle autorità romane.C
Ebbene, quando le persecuzioni minacciavano coloro che osavano professare la nuova fede, le chiese, per come le conosciamo noi, non esistevano. I primi cristiani si riunivano in luoghi apparentemente ordinari: le case, spesso nascoste tra le pieghe delle strade romane. Uno di questi luoghi, ricco di storia e mistero, si trova sul colle del Celio, sotto la basilica dei Santi Giovanni e Paolo.
Tra le antiche mura di questa casa romana, i segni del passato risplendono ancora vividi. Le pareti conservano storie millenarie, mentre i soffitti adornati con foglie di vite rivelano simboli cristiani profondi.
La vite, era infatti intesa come simbolo di Cristo, che aveva detto “io sono la vite, voi siete i tralci” (Vangelo Giovanni 15-4.5). È come se ogni mosaico, ogni decorazione, portasse con sé un frammento della fede di coloro che un tempo si riunivano qui in preghiera e comunione, ovviamente in totale clandestinità.
Una delle immagini più potenti trovate in queste dimore è quella dell’orante, un individuo con le braccia alzate in preghiera, accogliente e inclusivo. Questa figura, tipica dell’iconografia cristiana, trasmette un senso di comunione e accoglienza, rappresentando la Chiesa che si rivolge a Dio con fiducia e devozione.
Domus ecclesiae
C’è poi un’ipotesi affascinante che suggerisce che questa casa romana del Celio potrebbe essere stata una delle poche domus ecclesiae, o chiese domestiche, dell’epoca.
Nelle domeniche, chiamate “giorno del sole” (da cui il termine inglese sunday), uomini e donne provenienti dalle città e dalle campagne si riunivano. Leggevano le “memorie degli Apostoli” (i Vangeli), gli “scritti dei Profeti” (l’Antico Testamento), ascoltavano le omelie del preposto e si univano in preghiera e adorazione.
Ma il culmine di queste riunioni era l’Eucaristia, il sacramento centrale della fede cristiana. Il pane, l’acqua e il vino, simboli del corpo e del sangue di Cristo, erano offerti e consacrati dal preposto mentre il popolo acclamava con un vibrante “Amen”. Questo sacro banchetto era considerato il nutrimento spirituale della comunità, che alimentava la fede e la comunione con Cristo.
Il pensiero di celebrare la messa in queste case romane risale addirittura al II secolo d.C., come attestato dalla Prima Apologia di San Giustino, un’opera che difendeva il cristianesimo contro l’opposizione pagana.
L’altare commemorativo
Nella seconda metà del IV secolo d.C., quando le spire di persecuzione si placarono e la luce della tolleranza iniziò a filtrare attraverso le ombre della Roma antica, un nuovo capitolo si aggiunse alla storia della Domus Ecclesiae del Celio. In questo periodo fu costruita una cappella commemorativo sul pianerottolo della scala, dedicata a un gruppo di martiri cristiani che furono uccisi in questa casa.
Nel 1889, in seguito alla scoperta delle antiche case romane sotto la basilica dei Santi Giovanni e Paolo, fu eretto un altare.
Oggi, la cappella dedicata a questi martiri è un luogo di pellegrinaggio e devozione.
Così, mentre l’altare commemora i martiri del passato, esso testimonia anche il continuo impegno della Chiesa nel mantenere viva la memoria di coloro che hanno sacrificato tutto per la loro fede.
Le catacombe di S. Domitilla
Continuando il nostro percorso, ci immergiamo nelle profondità della terra, seguendo la Via Ardeatina verso sud-est. Lungo questa strada antica e polverosa, ci addentriamo nel regno oscuro delle catacombe di Santa Domitilla, uno dei tesori più preziosi e affascinanti dell’antica Roma cristiana. Questi labirinti sotterranei, sono stati testimoni di secoli di storia, fede e devozione.
Il termine “catacombe” κατά κύμβας «presso le grotte» evoca immediatamente immagini di mistero e spiritualità, ma va oltre il semplice concetto di un cimitero sotterraneo. Per i primi cristiani, le catacombe non erano solo luoghi di sepoltura, ma veri e propri santuari dove i defunti “dormivano nel Signore“, in attesa della resurrezione. Il nome stesso, “cimitero“, deriva dalla parola greca koimētḕrion, che significa “luogo di riposo” o “dormitorio“.
Uno dei aspetti più interessanti delle Catacombe di Santa Domitilla è la loro connessione con la famiglia dell’Imperatore Domiziano. Flavia Domitilla, appartenente a questa famiglia, e suo marito, il console Flavio Clemente, furono probabilmente condannati a causa della loro fede cristiana. La famiglia Domitilla permise la sepoltura di persone di modeste condizioni sociali in un terreno di loro proprietà, dando origine a queste catacombe. Con il tempo, le gallerie si estesero fino a raggiungere quasi 17 chilometri di lunghezza.
Le Catacombe di Santa Domitilla furono ampliate nel II e IV secolo, soprattutto dopo che vi furono sepolti i corpi di alcuni martiri. I cristiani desideravano essere sepolti vicino ai martiri, e questo contribuì all’espansione delle catacombe. Anche qui, nel buio delle gallerie sotterranee, i fedeli celebravano l’Eucaristia e pregavano per i loro defunti, mantenendo viva la memoria dei martiri e la loro fede in tempi di persecuzione.
Un dettaglio straordinario delle Catacombe di Santa Domitilla è la presenza di una delle poche chiese sotterranee di Roma, dedicata ai martiri Nereo e Achilleo e a Santa Petronilla. Questo luogo di culto sotterraneo è un testimone tangibile della devozione dei primi cristiani e della loro determinazione nel custodire e trasmettere la fede attraverso le generazioni.
Questi labirinti sotterranei, scavati nella roccia tufacea sotto la Via Ardeatina, contengono tombe decorate, affreschi cristiani e cappelle dedicate al culto.
Ma queste cripte non sono solo reliquie statiche del passato. Rappresentano il coraggioso spirito dei primi cristiani che, di fronte all’oppressione e alla violenza, hanno trovato la forza di perseverare nella loro fede.
Ritornando in superficie
La storia dei primi cristiani a Roma è un racconto di coraggio, sacrificio e resilienza. Attraverso le persecuzioni implacabili e le ombre oscure della storia, hanno trovato rifugio nei luoghi più impensabili: nelle case romane del Celio, nel cuore del Foro Romano, e nelle profondità labirintiche delle catacombe di Santa Domitilla.
Ma il nostro viaggio non finisce qui. Mentre torniamo alla superficie e riprendiamo il nostro cammino attraverso le strade trafficate di Roma, notiamo le case delle chiese sparse tra i quartieri residenziali. Queste modeste dimore, apparentemente comuni, nascondono segreti preziosi: sono stati luoghi di culto clandestini e fari di speranza per i primi cristiani, testimoni silenziosi della loro resistenza e della loro fede in tempi di persecuzione.
Così, seguendo questo percorso immaginario tra i luoghi chiave dei primi cristiani a Roma, possiamo gettare uno sguardo nel passato e immergerci nelle storie di coraggio, sacrificio e speranza di coloro che hanno difeso la loro fede in un’epoca di oscurità.
Foto di pascal OHLMANN da Pixabay
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