Renzi e Padoan: la crescita c’è anche se è pari a zero

renzi padoanL’ISTAT ha diffuso le rilevazioni statistiche relative al secondo trimestre di quest’anno (aprile–giugno), rilevando che il prodotto interno lordo (PIL), in Italia, è rimasto invariato rispetto al trimestre precedente, pur essendo aumentato dello 0,8% nei confronti del secondo trimestre del 2015. Nei tre mesi oggetto della rilevazione, quindi, in Italia si è registrata crescita zero.

Il premier  Matteo Renzi, intervistato a Cernobbio, nel corso di un workshop con il top management sui temi della finanza e dell’economia ha ottimisticamente dichiarato che “l’Italia è in ripresa e prosegue la lunga marcia dell’economia: il 2016 si chiuderà meglio del 2015, che a sua volta si è chiuso meglio del 2014”. Renzi ha proseguito sottolineando che, comunque, il deficit annuale dei nostri conti pubblici sia attualmente al livello più basso degli ultimi dieci anni, pur ammettendo che il lavoro da fare, per uscire dalla crisi è ancora molto. In particolare, va proseguita la riduzione della pressione fiscale, definita come “una grande opera infrastrutturale, a partire dall’IRES.

Sulla stessa linea il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, anch’egli a Cernobbio, il quale ha dichiarato che “La crescita c’è anche se debole” e che “non siamo soddisfatti del ritmo di crescita” ma “ci vuole pazienza. Le riforme richiedono tempo”. La legge di bilancio – secondo Padoan – confermerà “il consolidamento della finanza pubblica e il sostegno alla crescita. Il deficit continuerà a scendere ma pur in questo contesto ci saranno risorse disponibili per la crescita. Faremo un uso selettivo, motivato e mirato delle risorse a sostegno della crescita per produttività e competitività e ci aspettiamo che le imprese possano approfittarne al meglio”.

I dati ISTAT in pillole

Toni ottimistici su dati oggettivamente deludenti, quanto meno per quanto riguarda quello sul quale erano riposte le maggiori attese degli operatori e dell’opinione pubblica (il PIL). Gli altri parametri indicano che le esportazioni sono aumentate dell’1,9%; i consumi finali nazionali sono rimasti invariati, mentre gli investimenti fissi lordi sono diminuiti dello 0,3. Questa riduzione, che incide su un livello (quello degli investimenti privati) decisamente basso rispetto alle altre economie occidentali è, forse, il dato più preoccupante.

Esso è stato determinato da un calo dello 0,8% della spesa per macchinari, attrezzature e altri prodotti, parzialmente compensata da un aumento dell’1,4% della spesa in mezzi di trasporto, mentre gli investimenti in costruzioni sono rimasti invariati. Nell’ambito dei consumi finali, invece, la spesa delle famiglie su base annua è aumentata dell’1,2%.

Scorporando il dato della “crescita zero”, per quanto riguarda i settori produttivi, il valore ha comunque registrato un andamento positivo in agricoltura (+0,5%) e, in misura minore, nel settore commerciale, delle comunicazioni, del credito, dei servizi e delle costruzioni (0,1-0,3%). A inchiodarlo sullo zero, hanno avuto buon gioco le variazioni negative del settore industriale (-0,8%) e ciò è coerente con il dato della riduzione degli investimenti produttivi di cui si è fatto cenno.

Coldiretti trionfante

Chi ha fatto sentire la sua voce, è stata la Coldiretti, la quale ha fatto subito notare che l’agricoltura “con +1,8% del valore aggiunto fa registrare l’aumento annuale più’ elevato con un tasso pari al triplo di quello dell’industria e più del doppio di quello dei servizi”; pur non mancando di far rilevare che “il flusso delle importazioni selvagge fanno concorrenza sleale alla produzione nazionale” venendo spesso abusivamente spacciata come Made in Italy.

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