Grande guerra: cento anni fa il disastro del dirigibile U5

Esattamente un secolo fa, il 2 maggio 1918, nell’ultimo anno della Grande guerra, in una giornata di massima limpidezza, il dirigibile U5 (Usuelli 5) uscì dall’hangar dell’aeroscalo della Marina militare di Pontedera per compiere una missione consistente nel servizio di osservazione dei sottomarini nemici nel Tirreno e di scorta ai piroscafi sulla linea Civitavecchia-La Spezia. La missione era motivata dal recente bombardamento della città di Portoferrario (Isola d’Elba), effettuato da un sommergibile austro-ungarico il 23 maggio 1916, causando sei morti e numerosi feriti

L’equipaggio era composto dal tenente comandante Federico Fenu, dal tenente Luigi Giovanni Carta Satta, dal tenente Enrico Magistris, dal sottocapo radiotelegrafista Michele Rosato e dal caporale di marina Tommaso Perrone.

La missione si era svolta in maniera del tutto regolare ma, sulla rotta di ritorno, verso le ore 13:15, la navicella precipitò a terra nel territorio del comune di Castellina Marittima (PI). Accorsero immediatamente due militari del distaccamento locale, poi i contadini vicini, il pretore di Rosignano Solvay e infine arrivò il comandante dell’aeroscalo di Pontedera, seguito da un camion con soldati e attrezzi.

In una grande buca, tra le macerie del relitto, furono trovati i corpi dei cinque membri dell’equipaggio, deceduti sul colpo – alcuni ancora con il cibo in bocca – data la rapidità in cui si era svolta la tragedia. Due giorni dopo ci fu un grande funerale alla presenza delle autorità civili, militari e religiose; un anno più tardi, i feretri dei cinque giovani, coperti dalla bandiera italiana e da una grande quantità di fiori, furono traslati al Cimitero della Misericordia di Pontedera. In ricordo dei caduti, sul luogo della catastrofe, fu eretto un monumento a spese del Comune.

Inchiesta “all’italiana” sulle magagne di un dirigibile “sperimentale”

Vi fu un’inchiesta del Ministero della Guerra che si concluse con il verdetto d’inaffidabilità di quel tipo di aeronave e la risoluzione del contratto di fornitura di altre dieci unità della stessa serie. Anche i precedenti dirigibili Usuelli, infatti, non avevano oggettivamente dato prova di funzionalità. L’U1 e l’U2 erano stati trascinati dalla furia dei temporali mentre erano ormeggiati a terra ; l’U3 era stato ritirato dall’attività prima dello scoppio della guerra mondiale, dopo aver subito il medesimo destino dei due precedenti, pur essendo stato recuperato intatto; l’U4 fu utilizzato solo a titolo sperimentale, ma mai impiegato in operazioni belliche.

Il dirigibile U5, con molte difficoltà e dopo due infruttuosi tentativi di trasferimento dal cantiere milanese di costruzione, era giunto all’aeroporto di Pontedera e aveva ottenuto il parere favorevole da una commissione di collaudo presieduta dal comandante del Corpo dell’Aeronautica Militare e composta dal comandante del battaglione dirigibilisti e dagli ingegneri Umberto Nobile e Delfino Pesce. Quel 2 maggio di cento anni fa, l’U5 doveva aver raggiunto l’estremo limite di resistenza poiché improvvisamente, al ritorno dalla missione, nel momento in cui virava per puntare verso Volterra, cedeva in ogni sua parte.

Una prima commissione d’inchiesta indicò quale causa immediata del disastro “la lacerazione quasi istantanea dell’involucro” e quali cause più probabili della lacerazione le “anomali sollecitazioni provocate da un violento moto di beccheggio, con tutta probabilità dovuto al distacco del serbatoio di acqua di poppa o a particolari condizioni atmosferiche. I violenti moti, conseguenti al distacco del serbatoio di poppa, dovettero produrre delle tensioni anormali in alcune delle funi di sospensione, che ebbero per effetto la iniziale lacerazione dell’involucro in uno dei suoi punti più deboli, ossia nella intersezione di una delle fasce di sospensione con la fascia di attacco dei compartimenti”.

Il comandante Federico Fenu si era già reso conto sin dalle prime ascensioni della precarietà della struttura dell’aeromobile e aveva confidato le sue preoccupazioni in una lettera a un suo amico: “L’U5 è il primo dirigibile entrato in squadra di questo tipo, è un tipo nuovo e noi costituiamo il primo equipaggio; è molto difficile a condursi ed è una baracca dove ogni tanto ti si rompe qualche cosa. Ma non ne parliamo più” .

Le vittime

Il comandante Fenu era nato il 3 giugno 1891 ad Ascoli Piceno; iscritto alla facoltà d’ingegneria, aveva intrapreso la carriera didattica presso una scuola privata . Arruolato come soldato semplice al momento della dichiarazione di guerra, era stato inviato al 36° Reggimento d’artiglieria presso La Spezia, ove aveva svolto il primo addestramento. Nel marzo 1916 era stato ammesso alla Scuola di Applicazioni di Torino e poi spostato all’Accademia Militare nell’Arma del Genio. Ottenuta brillantemente la nomina a sottotenente, fu destinato al costituendo Corpo dell’Aeronautica Militare e inquadrato nel battaglione dirigibilisti. Promosso tenente, gli fu affidato il comando dell’U5, evitato da tutti gli ufficiali del battaglione essendo ormai evidente che i dirigibili Usuelli non fossero in grado di reggere il vento, perché privi dell’armatura metallica flessibile atta a tener tesa la stoffa dell’involucro.

I compagni di sventura del tenente Fenu, romano di origine sarda e ascolano per caso, erano tre meridionali e un profugo. Il tenente Enrico Magistris, cioè il “decano” dell’equipaggio del dirigibile U5, essendo stato a bordo anche nel suo primo travagliato viaggio di trasferimento da Milano a Vigna di Valle, era di Udine. Il tenente Luigi Carta Satta risultava inizialmente proveniente dalla provincia di Nuoro ma il Sindaco di Siniscola – a richiesta – lo dichiarava sconosciuto all’archivio di stato civile di quel comune. Il suo genitore lamentò il furto di un portafoglio rubato al figlio deceduto, contenente 800 lire, un anello d’oro e vari altri gioielli. Rosina Taranto, moglie del caporale di marina Tommaso Perrone, residente a Castelluccio Superiore (PZ) versava in condizioni economiche assolutamente precarie, essendogli rimasti quattro figli a carico. La madre del sottocapo radiotelegrafista Michele Rosato, era anche rimasta vedova appena quaranta giorni prima di perdere il suo unico figlio e, dopo il disastro dichiarò di trovarsi, insieme ad un’altra imprecisata parente, come ”due sventurate orfane … alla mercé di qualche caritatevole amico”.

Tutti i parenti delle cinque vittime avrebbero avuto necessità di un equo indennizzo per la perdita dei loro congiunti. Invano. Il costruttore, Celestino Usuelli, fu colpito esclusivamente dalla risoluzione del contratto di acquisto degli altri dieci dirigibili della stessa serie ma il segreto militare, posto sull’intera vicenda, gli evitò un pesante risarcimento danni ai parenti delle vittime. Il suo destino, tuttavia, non fu meno cruento dei cinque caduti: nel 1926, scomparve prematuramente a soli quarantanove anni, schiantatosi per un incidente automobilistico sulle strade di San Germano Vercellese.

Chi vuole approfondire tale vicenda può leggere il mio libro acquistabile in internet: “Lettere dal dirigibile U5. Una tragedia della Grande Guerra nella corrispondenza di un pioniere del volo”, Caosfera, Padova, 2014, dal quale emerge un periodo storico ormai lontano.

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