Cinquant’anni fa la Guerra dei sei giorni

Yom_Kippur_War_map-itLa guerra dei sei giorni: forse, nemmeno i più informati addetti ai lavori, oggi, sanno rispondere di preciso sui motivi che l’hanno provocata e sulle sue conseguenze. Questo perché, dopo cinquant’anni, non si è ancora messa la parola fine alle tensioni tra i contendenti e parte di essi rifiutano ancora di sedersi a un tavolo per discutere la pace; mentre, quelli che lo fanno, sembrano perdersi in discussioni senza fine e senza costrutto.

Eppure, quel conflitto di mezzo secolo fa, sembrò veramente condurre il pianeta verso l’abisso della terza guerra mondiale. Quando, dopo sei giorni, fu accettato il cessate il fuoco, tutto il mondo auspicava in una veloce transizione verso la pace. Mai previsione fu meno azzeccata.

Prodromi

Quella guerra di cinquant’anni fa ha dei prodromi che risalgono alla prima guerra mondiale, quando l’ Impero britannico era in guerra con quello turco, che occupava la Palestina. Gli inglesi, tramite l’agente passato alla storia come “Lawrence d’Arabia”, promisero agli arabi il controllo dell’area, in cambio della loro alleanza contro l’occupante turco. Contemporaneamente, però, stipularono un patto con gli ebrei dell’Europa orientale (la cosiddetta “dichiarazione di Balfour”) autorizzandoli ad insediarsi in Palestina dove costituire la loro “homeland”, cioè “madrepatria”. Alla fine della guerra, però, per non far torto a nessuno, in Palestina ci si insediarono loro – gli inglesi – sotto forma di “mandato internazionale”.

Dopo la seconda guerra mondiale, la risoluzione del problema fu delegata all’ONU che, nel 1947, tracciò una linea confine delimitando il territorio che sarebbe stato abitato dagli arabi e quello destinato agli ebrei. Gli arabi dichiararono subito di non riconoscere tale risoluzione ONU e, quando gli ebrei proclamarono lo Stato d’Israele all’interno di quei confini, imbracciarono le armi e gli dichiararono guerra.

Gli ebrei, peraltro, le armi le avevano già imbracciate da tempo e non si fecero cogliere di sorpresa: in pochi mesi cacciarono gli arabi da un territorio doppio di quello accordatogli dall’ONU sino a un primo armistizio del 1948. Pur non addivenendosi neppure allora alla stipula di un trattato di pace, i confini del 1948 furono riconosciuti dall’ONU e da tutti gli Stati occidentali, con il consenso tacito anche dell’Unione Sovietica.

Lo Stato d’Israele nasceva, in tal modo, ad ovest del fiume Giordano, mentre ciò che rimaneva del mai nato “stato arabo” previsto dall’ONU nel 1947 (la Cisgiordania), ben presto si unì alla Giordania, la monarchia indipendente al di là del fiume omonimo. Rimaneva un entità araba in una piccola striscia di terra intorno alla cittadina di Gaza, che l’Onu affidò, in amministrazione fiduciaria all’Egitto.

Sei giorni che bastarono ad Israele per stravincere

guerra-sei-giorni-Avvenire2La situazione sembrava essersi pacificamente stabilizzata quando al Cairo, giunse al potere il colonnello Abdel Nasser. Nasser si fece portavoce di un’ideologia sepolta da tempo, il socialismo islamico che, vista con gli occhi di adesso, rappresentava pur sempre un’ideologia laica di gran lunga più auspicabile, per la coesistenza pacifica, del fondamentalismo. Fatto sta che il suo ideatore, trascinato da qualche forma di delirio di onnipotenza, volle porsi alla testa del mondo islamico e, per guadagnarselo dalla propria parte, riesumò il dissenso con Israele.

Il 14 maggio 1967 l’Egitto ottenne dall’ONU il ritiro delle truppe di pace di stanza a Gaza e nel Sinai sin dal 1948 e ne approfittò per mobilitare le proprie forze sulla penisola. Il 22 maggio 1967 pose il blocco degli Stretti di Tiran, il braccio di mare che mette in comunicazione il porto israeliano di Eilat con il Mar Rosso, un evento che gli israeliani avevano già pubblicamente considerato come casus belli.

Successivamente Nasser intensificò la sua propaganda anti-israeliana, ottenendo la mobilitazione degli eserciti di Arabia Saudita e Siria, nonché un trattato di mutua difesa con la Giordania. La reazione di Israele – con l’assenso degli Stati Uniti – fu micidiale.

Il 5 giugno 1967, alle 7:45 del mattino, l’aviazione israeliana lanciò un attacco a sorpresa contro quella egiziana, annientandola quasi completamente e rendendo inutilizzabili le piste di decollo. Nelle ore successive la stessa sorte toccò all’aviazione siriana. Immediatamente, Israele diede il via alle operazioni di terra entrando nella striscia di Gaza e nella penisola del Sinai. Alle dieci del mattino Re Hussein di Giordania – illuso dalla propaganda egiziana su una scontata vittoria araba – attaccò Israele. Mal gliene incolse.

Dopo solo quarant’otto ore dall’attacco, Israele entrò in Gerusalemme Est. A mezzogiorno del terzo giorno, gli israeliani erano già giunti a Sharm er Sheik e avevano riaperto gli Stretti di Tiran. La sera stessa, giunsero sulle sponde del canale di Suez e sulle rive del Fiume Giordano. Se, nel frattempo, Israele non fosse stata attaccata anche dai siriani, la “guerra dei sei giorni” sarebbe stata solo di tre. Egitto e Giordania chiesero e ottennero il cessate il fuoco.

Gli ultimi tre giorni furono dedicati alla conquista delle alture siriane del Golan sin quando l’esercito siriano non fu messo disordinatamente in fuga verso Damasco. Furono le Nazioni Unite a imporre il cessate il fuoco anche con la Siria, altrimenti la “marcia trionfale” di Israele non avrebbe avuto fine.

foto: Di Kordas – it.wikipedia.org

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