Voluntary disclosure: ora o mai più!

rientro-capitaliIn questi giorni è stata firmata la Convenzione tra Italia e Vaticano avente lo scopo di favorire lo scambio di informazioni e consentire maggiore trasparenza in materia fiscale.

Si tratta del quarto accordo siglato dall’Italia in questi mesi, il primo fu sottoscritto con la Svizzera (il 23 febbraio 2015) a cui seguì quello con il Liechtenstein (il 26 febbraio 2015) per passare al Principato di Monaco (il 2 marzo 2015) e giungere, infine, a quello con la Santa Sede (il 1 aprile 2015).

Alla luce di questi eventi, è lecito domandarsi che cosa stia succedendo e certamente la risposta va ricercata a livello internazionale. L’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ) già in occasione del Consiglio del 15 luglio 2014 approvò il nuovo standard sullo scambio automatico internazionale di informazioni e pose i punti fermi per la lotta alla concorrenza sleale tra Stati in materia fiscale, incentivando la collaborazione tra i diversi Paesi per il miglioramento della compliance fiscale internazionale e, sostanzialmente, determinando la fine del c.d. segreto bancario.

E’ doveroso, pertanto, precisare che non si tratta di una manovra isolata posta in essere dal legislatore italiano al fine di contrastare l’evasione fiscale, bensì un netto cambio di rotta a livello internazionale. Per quei soggetti che detengono capitali all’estero non dichiarati al fisco italiano è quindi giunta l’ora di valutare seriamente come regolarizzare la propria posizione!

A tal fine il legislatore nazionale con la legge 15 dicembre 2014 ha disciplinato la procedura di collaborazione volontaria, c.d. voluntary disclosure, che consiste in una confessione all’Amministrazione Finanziaria delle attività patrimoniali e finanziarie costituite o detenute all’estero in violazione agli obblighi di monitoraggio fiscale. Nonostante il concetto possa sembrare simile, con si tratta di uno scudo fiscale, in quanto non è previsto alcuno sconto delle imposte evase e degli interessi maturati su tali somme, bensì con la collaborazione volontaria si avranno dei notevoli benefici esclusivamente in relazione alle sanzioni amministrative e penali applicabili alle fattispecie commesse.

Qualsiasi contribuente interessato, purchè assistito da un professionista incaricato, può accedere alla procedura mediante l’invio telematico di un’istanza entro il termine del 30 settembre 2015. La compilazione del modello di richiesta è piuttosto semplice, tuttavia nei 30 giorni successivi alla trasmissione dell’istanza è necessario inviare all’Amministrazione una relazione tecnica illustrativa e tutta la documentazione necessaria alla ricostruzione delle violazioni al monitoraggio fiscale nonché delle infedeltà o omissioni dichiarative commesse.

La procedura si perfeziona con il pagamento delle imposte, degli interessi e delle sanzioni ridotte così come determinate dall’ufficio.

Gli aspetti da esaminare sarebbero molteplici, tuttavia è bene ricordare che si tratta di una procedura confessoria ispirata ai principi di completezza, veridicità e spontaneità; è quindi necessario che il contribuente, che intende approcciarsi alla voluntary disclosure, sia pronto a presentare un’autodenuncia completa ed esaustiva che rappresenti la totalità dei capitali detenuti all’estero e che sia corredata da un’informativa veritiera atta ad illustrare e documentare la movimentazione di tali attività; solo in questo modo sarà possibile godere pienamente degli effetti positivi previsti dalla normativa (specialmente in riferimento agli aspetti penali).

In conclusione, si segnala che oltre alla voluntary discosure internazionale è prevista anche una voluntary disclosure interna, avente la finalità di consentire al contribuente di sanare, godendo delle sanzioni ridotte, qualunque violazione dichiarativa interna non connessa alla detenzione di capitali esteri.

di Federica Volonterio

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