Virginia Raggi, la candidata della porta accanto

Virginia Raggi ospite di Porta a PortaSe solo tre mesi fa si fosse domandato a un cittadino romano qualunque chi fosse Virginia Raggi, la candidata a sindaco di Roma del M5S, pochi avrebbero risposto esattamente. Oggi, Virginia Raggi è data favorita da tutti i sondaggi per divenire la prima donna sindaco della storia di Roma Capitale.

 Lo spartiacque tra le due condizioni, da sconosciuta a beniamina degli elettori, sono state tre apparizioni televisive, a cadenza ravvicinata: il 2 marzo, alla trasmissione “Porta a Porta”, di Bruno Vespa; il 17 marzo su RAI2, a Virus e a Sky Tg24, davanti a Maria Latella. Da allora in poi, l’ascesa dei consensi in suo favore, nei  sondaggi, è diventata una marcia che sembra inarrestabile: Virginia vincerà sicuramente al primo turno, con distacco e, a meno di improbabili apparentamenti o di improvviso disamore dell’elettorato, è favorita anche al ballottaggio del 19 giugno.

Il “caso Raggi” è di difficile spiegazione, anche perché, di fronte alle telecamere, non ha dimostrato una particolare conoscenza dei problemi della Capitale né di saper esporre con chiarezza le sue ricette risolutive. Allo spettatore superficiale, le sue apparizioni nei talk-show sono sembrate più quelle di una liceale in procinto di affrontare gli esami di maturità o quelle della ragazza della porta accanto, piuttosto che quelle di chi è in procinto di governare il Campidoglio.

Tra i politici italiani con la P maiuscola, il primo ad accorgersi di lei è stato Silvio Berlusconi, uno che di comunicazione televisiva se ne intende. Ancora indeciso sul nome del candidato da opporle, il cavaliere ha subito dichiarato che Virginia Raggi avrebbe potuto benissimo diventare sindaco di Roma, essendo telegenica e sapendo rispondere a modino alle domande preconfezionate e concordate con i suoi intervistatori. Infine – ha proseguito il cavaliere – non accettando il confronto con gli avversari, avrebbe il vantaggio di evitare figuracce che potrebbero nuocergli.

Virginia Raggi è nata a Roma nel 1978 e cresciuta nel quartiere Appio-Latino. Dopo la maturità scientifica, si laurea in giurisprudenza a Roma Tre e fa pratica di avvocato in alcuni importanti studi legali. La sua carriera forense, tuttavia, non decolla. Si sposa con il capo tecnico di Radio Dimensione Suono, si trasferisce a Ottavia e diviene mamma; si interessa di commercio equo e solidale ed entra nel Movimento 5 Stelle di Grillo e Casaleggio. Nel 2013, è eletta consigliere comunale di Roma con 1523 preferenze che non sono tantissime (nel PD, non ne sarebbero bastate 3300) ma non sono poi tanto poche.

A Palazzo Senatorio la Raggi non è una Stakanov: nelle 5 commissioni consiliari in cui il partito l’ha inserita risulta annoverare più assenze che presenze. Dopo la vicenda delle dimissioni, prima rassegnate e poi ritirate, del Sindaco Marino, Virginia si attiene agli ordini di scuderia del suo partito e non aderisce alla “mozione di sfiducia” dei consiglieri del PD nei confronti del sindaco che, fino a pochi giorni prima, i Cinque Stelle avevano esecrato.

Dopo la decadenza di Ignazio Marino, il M5S indice le “comunarie”, via internet. Virginia è presentata a Casaleggio che la inserisce tra le candidature a sindaco ma si vocifera che il “guru” abbia dato precise indicazioni agli iscritti di votare per lei. Fatto sta che, su 3862 votanti, ben 1.764 si esprimono in suo favore. Un paio di settimane prima, su 56.000 votanti alle primarie, il candidato PD, Roberto Giachetti ne aveva prese più di 30.000 ma, per diventare sindaco, servono almeno 6 o 700.000 voti.

Nessuno ha detto, però, che la Raggi ha saputo imporre alla campagna elettorale una serie di argomenti, da lei ripetuti come un ritornello, che i suoi avversari, nel clima di “caccia alle streghe” conseguente all’inchiesta “Mafia Capitale”, non sono riusciti a ribattere: la lotta alla corruzione e contro gli appalti truccati e una severa applicazione delle norme sul licenziamento dei dipendenti comunali fannulloni e assenteisti. Poi, però, con la scomparsa di Casaleggio, sono arrivate le prime dichiarazioni un po’ discutibili, come quella di voler risolvere una buona parte dei problemi della mobilità della Capitale con una funivia tra Boccea e Casalotti o quella di voler privatizzare ATAC e AMA, senza pensare alle conseguenze sul piano della capillarità – decisamente inferiore  – e del costo dei servizi (superiore) che un privato può offrire ai cittadini, rispetto all’amministrazione pubblica.

Pur non essendo intervenuta al confronto con gli altri candidati, allestito dai costruttori romani, adducendo scuse discutibili, tra lei e la fascia tricolore di Sindaco, al momento, sembra frapporsi un solo ostacolo: il voto femminile. Alle elettrici, infatti, le sue apparizioni di fronte alle telecamere non sembrano aver fatto effetto ma, come sempre, nelle elezioni contrastate, sarà il voto degli indecisi sino all’ultimo momento, quello determinante per proclamare il vincitore.

di Federico Bardanzellu

 

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