Via il risentimento, spalanchiamo il cuore alla magnanimità e all’ascolto dell’altro, anche se questi ha sbagliato

abbraccio (1)“Celebra il Signore, Gerusalemme” (Sal 147). È la lode gioiosa del Salmista che ci esorta a celebrare la Solennità del Corpo e Sangue del Signore con la sua stessa gioia e con particolare riverenza; un invito sempre valido per sedersi alla mensa del Signore, rafforzare tra noi i vincoli di comunione e per celebrare tutti insieme il grande Sacramento dell’Amore, soprattutto di Domenica, Pasqua della settimana e Giorno del Signore.

Quella dei cristiani che ogni domenica prendono parte alla mensa del Signore è una forte testimonianza, eloquente e puntuale, anche se, purtroppo, fortemente minata dal relativismo dilagante.

Non è facile, soprattutto oggi, vivere autenticamente le istanze proposte dal vangelo; infatti, l’epoca in cui viviamo, segnata fortemente dai nuovi mali della società (consumismo, indifferenza religiosa, secolarismo), sembra un deserto simile a quello “grande e spaventoso” della prima lettura di questa domenica (Dt 8, 2-3.14b-16a). “Alzerò gli occhi verso i monti, da dove mi verrà l’aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore” (Sal 120).

Quale certezza più rassicurante di questa? Infatti, agli Ebrei in difficoltà e che credevano di morire nel deserto, Dio rivela la sua vicinanza donando la manna. Il Vangelo di questa Domenica (Gv 6, 51-58) ne spiega mirabilmente il significato, immagine che annuncia il dono dell’Eucarestia, il Pane della Nuova Alleanza, “il Pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono” (Gv 6,58). Il Figlio di Dio fatto uomo è nostro Pane e nutrimento, il sostegno e la forza per tutti noi che siamo in cammino verso la terra promessa del Cielo. Perciò, dobbiamo sempre mangiare di questo pane per lenire la fatica e la stanchezza del viaggio.

Il Signore non ci lascia mai soli in questo cammino e insieme al salmista, anche noi vogliamo rafforzare la certezza che “se dovessi camminare in una valle oscura non temerei alcun male perché tu sei con me, Signore” (Sal 23). Egli è con noi; non solo, condivide la nostra stessa sorte: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui” (Gv 6,56). Alcuni nella folla però, così ci dice il Vangelo, cominciano a discutere e a ribattere: “Come può costui darci la sua carne da mangiare?” (Gv 6,52).

Un atteggiamento questo, che si è ripetuto tante volte lungo il corso della storia e che si verifica anche oggi quando in alcune circostanze desideriamo che Dio stia lontano da noi e che non interferisca nella nostra vita. Si fomentano allora tante questioni, le cui conclusioni affermerebbero che una simile vicinanza sarebbe impossibile. Dinanzi alla protesta della folla, Gesù avrebbe potuto dare ulteriori spiegazioni o dire altre parole rassicuranti. E invece – caratteristica che lo ha sempre contraddistinto – nel portare avanti la propria affermazione ha dimostrato fermezza e decisione, anche di fronte all’abbandono di molti suoi discepoli (Gv 6,66). E ci domanda: “Ed ora, forse anche voi volete andarvene?” (Gv 6, 67).

Rafforziamo la consapevolezza di non essere mai soli e con Pietro anche noi facciamo la nostra professione di fede: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6,68). DiciamoGli tutto il nostro amore e che, in definitiva, abbiamo sempre bisogno di un Dio vicino, di un Dio che si dà nelle nostre mani ma che soprattutto ci ama.

Nell’Eucaristia Gesù è davvero presente tra noi. La sua presenza non è “statica” ma “dinamica”, cioè, Egli ci prende per farci suoi, per assimilarci a Lui ed essere con Lui una cosa sola. Si realizza, così, la Comunione con i fratelli e con l’unico e medesimo Cristo che in ogni luogo della terra è realmente presente nel Pane eucaristico. Ciò vuol dire che possiamo incontrarLo “soltanto” insieme ai fratelli e in comunione con loro. Tale verità è attestata anche da S. Paolo nella seconda lettura (1Cor 10, 16-17): “Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane” (1Cor 10,17).

Carissimi, questo messaggio è molto chiaro e nello stesso ci scuote: non possiamo comunicare con il Signore se non comunichiamo tra noi; se vogliamo muoverci verso di Lui e riceverLo nelle specie eucaristiche, dobbiamo allo stesso modo muoverci verso i nostri fratelli. Comprendiamo quanto sia necessario apprendere da Gesù la grande lezione del perdono.

Perciò, al bando ogni tipo di risentimento e spalanchiamo il cuore, senza tentennamenti, alla magnanimità e all’ascolto dell’altro, anche se questi ha sbagliato. Da sempre l’Eucaristia è il sacramento dell’unità e non della divisione!

Cari fratelli e sorelle, celebriamo con gioia la festa dell’Eucarestia, il dono mirabile che il Signore Gesù ci ha lasciato nell’Ultima Cena. Una settimana fa il nostro sguardo era attratto dal mistero della SS.ma Trinità; oggi siamo invitati a guardare l’Ostia Santa: è lo stesso Dio, lo stesso Amore! Questa è la bellezza della nostra fede: Dio si è fatto “chicco di grano” per essere seminato nella nostra terra, nei solchi della nostra storia; si è fatto pane per essere spezzato, condiviso, mangiato; si è fatto nostro cibo per darci la sua stessa vita, quella divina.

Ricaviamo dalla partecipazione all’Eucaristia lo slancio necessario per un nuovo impegno nell’annuncio di Cristo al mondo. In questa missione, ardua e difficile, ci stia a fianco la Vergine Maria, dalla quale Gesù ha preso la carne e il sangue, come cantiamo nel celebre inno eucaristico “Ave verum corpus”. Proprio Maria, che fu il primo “tabernacolo” dell’Eucaristia, ci comunichi la sua stessa fede nel santo mistero del Corpo e del Sangue del suo Figlio, perché l’Eucarestia sia veramente la fonte, il centro e il culmine di tutta la nostra vita cristiana. Amen.

di Fra’ Frisina

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.