Vaticano e massoneria. Che c’è di vero?

Tornano periodicamente le notizie sulle infiltrazioni massoniche in Vaticano, nonostante non sia stata mai revocata la scomunica della Massoneria risalente al 1738, procalamata da Papa Clemente XII, ampliata e confermata nel 1751 dalla bolla “Providas” di Papa Benedetto XIV. Un vespaio di ipotesi e di insinuazioni sono apparse sulla stampa e sul web a seguito delle dimissioni di Papa Benedetto XVI/Ratzinger e l’ascesa al soglio pontificio di Papa Francesco/Bergoglio. Ma che c’è di vero? 

Lo scoop più eclatante risale a quasi quarant’anni fa. Il 12 settembre 1976, infatti, apparve sulla rivista OP (Osservatorio Politico), diretta dal giornalista d’assalto Mino Pecorelli, una lista di 118 ecclesiasti, comprendenti eminenti cardinali quali il Prefetto della Congregazione dei Vescovi, Sebastiano Baggio, l’arcivescovo di Palermo Salvatore Pappalardo, l’arcivescovo di Torino Michele Pellegrino, il Vicario di Roma Ugo Poletti, il cardinale Giuseppe Maria Sensi, il cardinale Leo Suenens e addirittura il Segretario di Stato Cardinale Jean Villot. La lista comprendeva, inoltre, altri ecclesiasti di alto livello, come il vescovo di Livorno Alberto Ablondi, fautore del dialogo fra le varie religioni; l’intellettuale Ernesto Balducci; l’allora arcivescovo Agostino Casaroli; il segretario del Papa Pasquale Macchi; il direttore di Radio Vaticana Roberto Tucci; il vice direttore dell’Osservatore Romano don Virgilio Levi; l’ecumenista padre David Turoldo, ecc.

Scorrendo la lista, sembrava che tutti i prelati o i sacerdoti di maggior spicco, favorevoli alle riforme del Concilio Ecumenico o particolarmente vicini a Papa Paolo VI (grande protagonista del Concilio Vaticano II, insieme al predecessore Giovanni XXIII), fossero massoni.

Nello stesso 1976, esce un libro dello scrittore e fumettista Pier Carpi, intitolato “Le profezie di Papa Giovanni”, in cui si sostiene che il “Papa buono” e fautore del Concilio fosse stato iniziato alla massoneria a Istanbul, negli anni trenta, e avesse conseguito un grado di perfezione esoterica tale da stilare una serie di profezie sino al 2030 o giù di lì. Chi aveva interesse a gettare in pasto all’opinione pubblica quella lista e quelle rivelazioni così compromettenti e perché?

La risposta si ebbe cinque anni più tardi, quando fu resa pubblica un’altra lista ancora più compromettente, quella degli appartenenti alla loggia massonica P2, di cui era maestro venerabile tale Licio Gelli e che comprendeva, stavolta, i nomi sia del giornalista Pecorelli che del fumettista Pier Carpi. Infatti, mentre quest’ultima lista era assolutamente autentica (anche se, probabilmente, incompleta), quella degli ecclesiasti massoni pubblicata da Pecorelli cinque anni prima era falsa e il libro di Carpi conteneva un mucchio di fandonie.

Ciò si evinse dall’esame dei numeri di matricola corrispondenti ai nomi degli alti prelati, che il furbo Pecorelli aveva inserito nella lista, per dargli un tocco di autenticità e che tuttavia non erano affatto coerenti con le matricole delle principali organizzazioni massoniche italiane. Né era logico che un gruppo di ecclesiasti si associassero sotto forma di una loggia massonica estranea al resto della Massoneria. Oggi possiamo affermare con sicurezza che anche i contenuti del libro di Carpi fossero completamente inventati, perché, mentre le profezie riferite sino alla data di pubblicazione del libello potevano avere un fondamento di verità, quelle successive e sino ad oggi – guarda caso – sono risultate completamente sbagliate. Da tutto ciò emerge che i massoni veri (Licio Gelli e i suoi adepti della P2), avevano avuto interesse a screditare la Chiesa del Concilio e i loro esponenti principali, bollandoli come massoni, pur non essendolo, mirando a una “restaurazione” religiosa. Perché proprio allora?

Nel 1976 si sapeva che la salute del settantanovenne Paolo VI era cagionevole e che presto avrebbe reso l’anima a Dio. Si stavano, quindi, allestendo le “grandi manovre” per l’elezione del nuovo Papa, tra i contrapposti partiti cardinalizi dei riformatori progressisti (o “conciliatori”) e dei conservatori tradizionalisti. Gelli e la P2 si stavano schierando in favore di quest’ultimi. Al conclave dell’agosto 1978, a seguito della morte di Papa Paolo VI, i due partiti si affrontarono sin dal primo scrutinio ma ben presto si impose una soluzione di mediazione da parte di un “grande centro”, che condusse all’elezione del cardinale Albino Luciani. La storia si ripeté un paio di mesi dopo, quando, alla morte di Papa Giovanni Paolo I Luciani (sulla cui causa, in mancanza dell’effettuazione dell’autopsia, ogni ipotesi è aleatoria) il “grande centro” impose l’arcivescovo di Cracovia Karol Woytila (Giovanni Paolo II).

Se, alla fine di tale processo, possiamo dire che il Vaticano rimase immune alle manovre massoniche, sotto il pontificato del nuovo Papa, però, la Chiesa fu costretta – quanto meno – ad averci a che fare. A capo della banca vaticana (lo IOR), infatti, già sotto il papato paolino era stato posto l’arcivescovo statunitense Paul Marcinkus, anch’egli compreso nella “lista Pecorelli”. Marcinkus, quindi, non solo non era massone ma faceva parte dei personaggi che la P2 aveva interesse a screditare. Perché?
La risposta, alla prossima puntata.

Foto di OpenClipart-Vectors da Pixabay

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