The Circle, il pericolo celato dietro il mondo virtuale

1486662730-screen-shot-2017-02-09-at-125139Tardo pomeriggio al cinema. Cosa rara. Quanto meno resterò sveglia, mi sono detta. E’ stato così, ma solo grazie al caffè. The Circle, di James Ponsoldt, è un film che merita più per l’argomento che per la resa cinematografica. C’è Emma Watson, è vero; la brava Hermione Granger della saga di Harry Potter, che, tuttavia, è così tanto Hermione anche qui da sembrare che abbia sbagliato set: prima della classe, buona, ingenua, una giovane donna che, se sbaglia, corregge con la saggezza l’errore commesso. Manca solo la bacchetta magica. Poi c’è Tom Hanks, il re Mida del cinema americano; mister Oscar. Chiunque pensi di vederlo protagonista del film, come la locandina suggerisce, potrebbe rimanere deluso. E’ un ruolo-cameo, il suo; il ruolo di un appesantito imbonitore di masse incollato alla propria tazza di caffè, un santone di qualche setta, un venditore di elisir magici decisamente meno affascinante del Dulcamara di Donizetti.

The Circle è un mondo a parte: un luogo di lavoro, di svago, di sport, di “amicizie”, dove si creano e si disfano vite in totale condivisione web. E’ il mondo virtuale dove il controllo sull’essere umano, occulto o palese che sia, è non solo accettabile, ma desiderabile ed, anzi, diventa l’unica vita possibile; è un mondo virtuale che diventa reale, dove la popolarità si misura in “followers“, in “like“, in “cliccate”, in punteggi ricavati dagli smiles. Finzione cinematografica? Non illudiamoci. Ci siamo dentro. Tutti. Prendiamo, ad esempio, la nuova politica, gestita dal web; od il microcosmo universitario, dove ai contributi accademici di docenti e ricercatori, che dovrebbero andare esenti dal gradimento virtuale per fondarsi su giudizi più ponderati e culturalmente idonei, si attribuisce valore in base alle citazioni, ossia alle “visite” ricevute in un circuito di riviste accreditate analogo al web. In pratica chiunque elemosini un clic dagli amici e dagli amici degli amici, o trascorra il proprio tempo a visitare più volte la pagina dove è pubblicato un suo scritto, conferirà ad esso maggior pregio accademico di quanto non ne abbia quello di un novello Einstein o di un Pirandello che non abbiano o non vogliano avere dimistichezza con il mondo virtuale. Inquietante. Mi torna in mente la frase con cui si chiude Quinto potere, magnifico film di Sidney Lumet del 1976: “Questa è la storia di Howard Beale, il primo caso conosciuto di un uomo che fu ucciso perché aveva un basso indice di ascolto”.

the-circle-tom-hanksDio è morto: l’apoftegma di Nietzsche che più temo. Lo temo perché sta diventando vero: ad ucciderlo è stata la tecnologia che ha divinizzato i pochi detentori, spesso occulti, del quarto e del quinto potere, o, meglio, del sesto potere: non più la stampa o la televisione, ma internet, l’universo parallelo, nel quale, celati dal video, milioni di persone si sentono storici, filosofi, scienziati, investigatori, cronisti d’assalto. In The Circle c’è una scena che mi ha fatto tornare in mente Lady Diana, inseguita, nella vita e nella morte, pur di pasturare la curiosità morbosa del pubblico mediatico. In un’altra scena, poi, si equipara il potere del controllo a distanza a quello di sconfiggere le malattie. Onnipotenza virtuale.

Oggi Dio è colui che crea informazioni dal nulla, crea fenomeni sociali: libri, film, trasmissioni televisive, merci varie che decollano grazie ad indicizzazioni, ad un passaparola assolutamente fittizio, creato ad arte da una rete di blogger prezzolati, di avatar, di venditori di fumo. Dio è colui che tira i fili dei selfisti estremi; di coloro che comunicano via social persino con i familiari; di chi, desideroso d’essere protagonista dei casi altrui, sputa sentenze in calce ad articoli e post nei vari social; di coloro che, quando leggono su facebook la parola “amici” al posto di un più corretto “contatti” pensano di essere popolari. Dio, oggi, è chi legge ogni post, ogni mail, ogni whatsapp, ogni parola immessa nell’etere, ed incamera dati per rendere le persone schiave, indirizzandole dove non vogliono andare, drogandole con dosi di non-fatti per distrarle da ciò che non devono vedere. Accade anche in Matrix, a proposito di film decisamente migliori di The Circle: pillola blu per continuare a vivere nel mondo virtuale, pillola rossa per vedere cosa c’è nella tana del Bianconiglio. “Tu sei schiavo, Neo. Come tutti gli altri sei nato in catene. Sei nato in una prigione che non ha sbarre, che non ha mura, che non ha odore. Una prigione per la tua mente”. Ecco, forse nel web non si annidano mostri alieni, ma la descrizione di Matrix non è poi così lontana dalla virtualità estrema di The Circle.

Tutto ciò rende liberi? Gli uomini di qualche anno fa, quelli senza tablet, cellulare, e-reader, e-mail, e-banking, e-commerce, e-tutto erano sicuramente meno controllati e meno manipolati; erano padroni dei propri sogni e dei propri segreti. “I segreti sono bugie”, si afferma in The Circle. Ecco, appunto.

the-circleOvviamente la colpa non è tutta del web e dei suoi manipolatori occulti. Partecipa attivamente al gioco anche il fruitore del mondo virtuale, preda di quel binomio voyeurismo-esibizionismo che, fino a qualche tempo fa, definiva pochi casi clinici, ed oggi dilaga nei reality show, persino quando mostrano la morte in diretta; nelle pagine-gogna del web, che, spesso, portano alla depressione, al suicido; nei programmi che svolgono indagini di cronaca nera e così via. Del resto gli assassini si catturano tramite una rete di dilettanti in contatto video, sembra suggerire The Circle. E la partecipazione attiva dello spettatore, attraverso il gradimento, ha oggi raggiunto i massimi livelli, in passato realizzabili solo in ristretti ambienti, attraverso, ad esempio, il giornale di un piccolo paese o di una città dove si conoscono tutti. Gary Cooper, in E’ arrivata la felicità, deliziosa pellicola del 1936 diretta da Frank Capra, è un uomo semplice e buono che, divenuto improvvisamente ricchissimo, viene suo malgrado messo al centro della morbosa attenzione dei lettori di un giornale, scoprendo, infine, che è la splendida Jean Arthur, di cui si è innamorato, la cronista d’assalto che lo ha soprannominato Cinderella Man, Cenerentolo, in articoli al vetriolo sulla sua ingenuità, sul suo buon cuore ridicolizzato, facendolo additare in strada dal branco becero che beve le sue parole. A chi giova tutto questo? Alla giornalista, ma soprattutto al giornale, che vede impennata la tiratura, che vende più spazi pubblicitari. La curiosità morbosa rappresenta il più alto potenziale da sfruttare economicamente.

Il pregio di The Circle, dunque, non è nel film, in sé scialbo ed allungato come il brodo in tempo di guerra, ma nell’aver riportato all’attenzione di tutti il pericolo celato dietro il mondo virtuale. Era stato già detto, ovviamente, e con tanta più arte: è del 1998 The Truman Show di Peter Weir, dove l’uomo sottoposto alla curiosità morbosa del mondo è un fantastico Jim Carrey, cresciuto a sua insaputa all’interno di un gigantesco set, in onda h 24. Il suo nome suona come True Man, uomo vero. Ed è proprio così: è l’unico uomo vero in quel mondo fasullo osservato, notte e giorno, da milioni di svitati per i quali la vita altrui è più interessante della propria. La divinità, in questo caso, è Christof, il fantastico, insuperabile Ed Harris, che interpreta la parte del regista.

thecircle3Eppure, coloro che, attraverso la rete, protetti dal branco di sconosciuti che li affiancano, entrano a gamba tesa nella vita altrui, esprimendo giudizi, deridendo, scarnificando il prossimo, sarebbero pronti a subire altrettanto? The Circle dice di no ed è una risposta che mi piace. La salvo; come salvo la sua rappresentazione della solitudine: maggiore la condivisione virtuale, maggiore la solitudine, anche quando ci si illude di poterla emendare dai lati oscuri, di poterla controllare. E’ questo l’unico vero circolo che emerge dal film; un circolo vizioso, però. Cerchiamo di esserne consapevoli.

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