Sulla mia pelle, il caso Stefano Cucchi in un film per affermare la verità

Selezionato come film d’apertura della sezione Orizzonti, alla 75° Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, il film Sulla mia pelle, di Alessandro Cremonini, racconta la storia degli ultimi sette giorni di vita di Stefano Cucchi, geometra romano deceduto il 22 ottobre 2009 a seguito dell’arresto per detenzione di stupefacenti.

Visibile dal 12/9 in contemporanea sulla piattaforma Netflix e al cinema per Lucky Red, è una vicenda riguardante i presunti abusi delle forze dell’ordine in carcere, che ha scosso l’opinione pubblica; ma che come molte altre presto dimenticate, grazie alla tenacia e all’amore della sorella di Stefano, Ilaria, ha continuato a richiedere la dovuta attenzione, portando alla luce nel tempo molti dettagli, altrimenti taciuti.

La storia giudiziaria, ricostruita da TPI attraverso il commento di Fabio Anselmo, legale presente dal momento della tragedia, ha come interpreti di Stefano e Ilaria Cucchi, Alessandro Borghi e Jasmine Trinca.

Per i due interpreti calarsi nei rispettivi ruoli ha comportato un profondo coinvolgimento emotivo. Racconta infatti l’attore: «La cosa che mi ha sconvolto di più, oltre all’aver perso diciotto chili per vestire i suoi panni, è stata l’assenza della magistratura, il far finta di non capire, la voglia di Stefano di non dire la verità e di non denunciare nulla». «Il suo tacere, spiega l’attore, deriva da uno schema comportamentale della borgata: non si parla, non si fa la spia quando ci sono di mezzo le guardie perché se parlo, come confida nel film a un medico, quelli per dieci anni mi fanno le carte». «Va considerato lo shock subito da quel ragazzo, aggiunge ancora Borghi, la sua paura di dover condividere la vergogna di essere stato pestato: non è che non parlava, si nascondeva, sottovalutando il suo stato e non ascoltando affatto il suo corpo».

Mentre giravamo e ripetevo le battute ho pensato spesso, dice ancora il protagonista, al fatto che Cucchi non abbia parlato perché convinto di farlo una volta fuori dal carcere, ma più volte avrei voluto gridare ‘aiuto’  al suo posto». Il regista Alessandro Cremonini ha definito il caso Cucchi un omicidio di Stato e ha raccontato: «per girare il film nessuno dei carabinieri ci ha dato nulla e abbiamo dovuto ricostruire tutto, non ci hanno dato i permessi nemmeno per girare fuori il carcere di Regina Coeli».

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